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Come l'Italia può convincere la Germania sullo scudo anti spread

Mariarosaria Marchesano

"Berlino si prepara a pagare di tasca sua per la recessione economica in cui sta entrando mentre il nostro paese ritiene normale continuare a condividere con altri il suo problema di elevato debito pubblico”, ci dice il professore Sergio Cesaratto

Il presidente della Bundesbank, Joachim Nagel, ha confermato in questi giorni i suoi dubbi sullo scudo anti spread che la Bce ha in preparazione. O meglio, come riferito dal quotidiano Handesblatt, il banchiere centrale ha detto che parteciperà attivamente alla discussione in vista del meeting dell’Eurotower del 21 luglio e che potrà sostenere questo strumento “solo se subordinato a precise condizionalità”, cioè se verrà costruito tenendo come riferimento lo schema Omt (che prevede prima la firma di un programma con il Mes). 

   

Questa posizione non è sorprendente, ma in una fase in cui la Germania sta affrontando l’emergenza gas con una costosa nazionalizzazione delle imprese del settore energetico, una sua opposizione contraria allo scudo potrebbe suonare come un paradosso. Cosa sono i 9 miliardi del piano di salvataggio del colosso del gas Uniper, che comprende, appunto, anche la partecipazione dello stato tedesco al capitale sociale, se non aiuti di stato? “Mi sembra di rivivere la storia del 2008 quando la Germania investì centinaia di miliardi per salvare le sue banche dalla crisi finanziaria globale, essendo tra le più esposte nel crac di Lehman Brothers, e poi solo qualche anno dopo sostenne l’introduzione della normativa sul bail in, che vieta gli aiuti pubblici agli istituti di credito in crisi”, dice al Foglio Sergio Cesaratto, professore all’Università di Siena. Se esiste un paradosso tedesco, con due pesi e due misure, Cesaratto non ne è sorpreso considerata l’influenza che la Germania ha in Europa, anche se in questa fase è appannata dalla crisi che sta vivendo a causa della chiusura dei rubinetti del gas russo . “Non sarei neanche sorpreso di veder partire nuovi ricorsi tedeschi contro le decisioni della Bce sullo strumento anti frammentazione della zona euro, sulla falsa riga di quanto successo con il Quantitative easing nel 2017, quando i giudici costituzionali si rivolsero alla Corte di Giustizia europea per accertare la legittimità del programma di acquisto titoli lanciato, peraltro, proprio da Mario Draghi quand’era a capo della Banca centrale europea – prosegue Cesaratto – Per come la Germania vede la questione, una cosa è sostenere un settore strategico quale quello energetico, foss’anche con finanziamenti pubblici, che tra l’altro sono a carico esclusivo del bilancio tedesco, diverso è concedere come Unione europea all’Italia e ad altri paesi super indebitati una protezione permanente dalle oscillazioni dello spread senza chiedere in cambio la garanzia di una politica fiscale più rigorosa. Insomma, la Germania si prepara a pagare di tasca sua per la recessione economica in cui sta entrando mentre il nostro paese ritiene normale continuare a condividere con altri il suo problema di elevato debito pubblico”. 

   

Resta il fatto, però, che i finanziamenti che la Germania vuole dare a Uniper e alle altre aziende energetiche, ma lo stesso discorso vale anche per la nazionalizzazione di Edf in Francia, somigliano molto ad aiuti pubblici in deroga alla normativa europea sulla libera concorrenza. O no? “Assolutamente sì – spiega al Foglio l’economista della Bocconi Carlo Altomonte – la Commissione sarà chiamata a esprimersi su questo punto ed è logico che terrà conto della situazione di emergenza dovuta al conflitto russo-ucraino. Nel frattempo, l’Italia ha acquisito in Europa potere negoziale per il fatto di essere molto più avanti della Germania nella diversificazione delle fonti di approvvigionamento energetico”. Secondo Altomonte, non c’è dubbio che il governo tedesco debba acquisire il placet della Commissione presieduta da Margrethe Vestager sulla questione aiuti alle imprese e in questo frangente il governo Draghi, se potrà proseguire nel suo lavoro, potrebbe far valere la sua migliore posizione conquistata in campo energetico, arrivando persino ad offrire una mano alla Germania in extremis. “Il nostro paese ha una chance unica di riscrivere gli equilibri di potere in Europa, sebbene parta da una posizione di debolezza sul piano fiscale  – prosegue l’economista –. La Germania, al contrario, è sempre stata forte ma in questo momento è disorientata perché le sta crollando il mondo addosso. Il modello economico costruito negli ultimi venti anni, basato quasi esclusivamente sulle esportazioni e sul gas a basso costo dalla Russia, sta franando sotto i colpi di una crisi geopolitica a cui non era preparata. Perciò, dico che le parole del capo della Bundesbank sullo scudo anti spread forse sono meno severe di quello che sembrano”.

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