editoriali

Governare la plastica senza altre tasse

Redazione

L’inquinamento da plastiche è un guaio da risolvere con  le regole di mercato

L’Ocse, per fortuna, è fatta in buona parte da economisti, con un orientamento culturale verso lo sviluppo, il mercato e le regole che aiutano crescita e diffusione della ricchezza. Porta questa visione anche su un tema, quello dell’inquinamento da plastiche, nel quale le forzature sono state soverchianti e si è sempre lasciato spazio ad approcci basati su paura, colpevolizzazione, generalizzazioni. Nel rapporto “Prospettive mondiali sulle plastiche” l’Ocse fa notare che la produzione mondiale è destinata a salire, quasi triplicando, fino al 2060 (anno limite dello studio).

 

Di fronte a questa evidente tendenza il pragmatismo dell’approccio economico porta subito a escludere l’idea della plastica zero, anche se si tratta della più diffusa linea di pensiero nei paesi ricchi e industrializzati, all’origine anche di alcune decisioni della politica ambientale e industriale europea. Togliere le plastiche all’improvviso è impossibile e sarebbe comunque una catastrofe logistica, produttiva, igienica, per il mondo.

 

L’Ocse chiede di accelerare sulla via di un accordo mondiale, al quale lavora l’Onu con molta lentezza e nessun risultato in vista prima del 2024. La mentalità da economisti aiuta e potrebbe portare a proporre una qualche forma di autorità mondiale con cui stabilire e far applicare regole per lo smaltimento (per produzione di energia) e il riciclaggio, oltre a migliorare i metodi di raccolta. L’agenzia mondiale potrebbe anche essere dotata di risorse per finanziare la costruzione di impianti, fissando una soglia di reddito pro capite sotto alla quale la realizzazione sarebbe interamente finanziata.

 

È noto che il 90 per cento della plastica arriva in mare attraverso 10 fiumi, di cui 8 sono in Asia. Delle plastiche e della loro produzione sappiamo tutto. Il mondo è in condizione di gestire questa terribile e subdola minaccia ambientale. Farlo, con un bilancio molto limitato rispetto a quello richiesto per altre grandi iniziative sull’ambiente, sarebbe anche la prova che l’azione comune e globale per evitare i danni all’ecosistema è possibile.

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