Foto: ANSA/FABIO FRUSTAC

L'impresa in guerra

“Sì alle sanzioni alla Russia”. Gli imprenditori sono per la linea dura, nonostante i costi

Mariarosaria Marchesano

La classe imprenditoriale italiana esprime un generale appoggio alle misure contro la Russia ma al contempo chiede maggiore sostegno alle imprese e un ripensamento del Pnrr

La guerra logora l’economia, la ripresa globale è in discussione e la sopravvivenza di molte imprese è a rischio. E’ naturale chiedersi come stia vivendo questa crisi la classe imprenditoriale italiana, se per caso comincia a farsi largo un sentimento di insofferenza per l’appoggio dell’occidente a una resistenza, quella dell’Ucraina all’invasione russa, che per il mondo degli affari si traduce in maggiore incertezza e maggiori costi anche per effetto delle sanzioni a Putin.

 

Ebbene? “Non è il momento di far mancare la solidarietà a Zelensky né di rivedere le sanzioni alla Russia – dice Enrico Carraro, presidente di Confindustria Veneto –. La guerra certamente comporta il deterioramento degli asset economici e mi auguro che finisca al più presto, ma è anche vero che ci ha aperto gli occhi su questioni cruciali come la dipendenza dal gas russo e la necessità di avere una politica energetica che non ci renda ricattabili come paese e come Ue”. Carraro è convinto che l’unità e la fermezza dei paesi occidentali meriti pieno sostegno, ma che “parallelamente bisogna lavorare a livello europeo su un ripensamento del Pnrr e di altri strumenti per aiutare le imprese ad affrontare il nuovo contesto”.

 

Marco Gay, numero uno di Confindustria Piemonte, ricorda che la quintuplicazione del prezzo del gas è avvenuta già a ottobre scorso e che la guerra in Ucraina non ha fatto che da acceleratore di un fenomeno già in atto. “La presa di posizione a favore di un popolo aggredito e della democrazia in Europa è indispensabile e questo è il sentimento che colgo anche parlando ogni giorno con tanti colleghi, i quali ovviamente sono preoccupati per le loro imprese, ma lo sono ancora di più per le conseguenze che potrebbe avere l’aggressione di uno stato sovrano se a questa non segue una reazione decisa. Ho 45 anni e sono un imprenditore digitale, per me la guerra rappresenta una dimensione impensabile, ma la risposta alla Russia non può che essere ferma”.

 

E se il conflitto si prolungasse, se il deterioramento economico diventasse insostenibile? Roberto Risso, presidente di Confindustria Genova, e imprenditore del settore del gas, è del parere che la reazione dell’occidente dovrebbe essere ancora più drastica arrivando a far mancare a Putin gli introiti della vendita di petrolio e gas che finiscono con il finanziare la sua guerra all’Ucraina. “Le attuali sanzioni sono insufficienti e rischiano di prolungare la guerra, mentre meglio sarebbe pagare uno scotto anche molto alto e farla finire subito. So che questa mia posizione viene considerata estrema, ma penso che sia arrivato il momento di superare le ipocrisie”.

 

L’allineamento degli imprenditori di Confindustria è sorprendente, anche se non manca chi è più realistico. “La preoccupazione per il conflitto e le drammatiche conseguenze sulle popolazioni si accompagna a quella per la tenuta del sistema produttivo del nostro paese – riflette Vito Grassi, vice presidente di Confindustria –. L’impatto del caro energia ha causato un forte rallentamento della produzione industriale sia per l’aumento dei costi dell’elettricità che per il rincaro delle altre commodity che comprimono i margini delle imprese e in alcuni casi non rendono più conveniente produrre. I nuovi picchi di prezzo a seguito della crisi ucraina potrebbero far salire la bolletta delle imprese a 51 miliardi nel 2022 rispetto alla stima di 37 miliardi che era stata calcolata sui rincari antecedenti la guerra”.