La sede centrale di Generali a Trieste (LaPresse) 

Su Generali piomba il piano B di Del Vecchio: un'opa su Mediobanca

Stefano Cingolani

L'ad Donnet presenta il piano industriale in base al quale vuole essere rieletto all’assemblea di primavera: una compagnia più digitale, che punti sulla gestione patrimoniale e sulla crescita nei mercati più redditizi, soprattutto in Asia. L'incognita Draghi

Questa mattina, prima che aprano le borse, Philippe Donnet, amministratore delegato delle Assicurazioni Generali presenterà il piano industriale in base al quale vuole essere giudicato e rieletto all’assemblea della prossima primavera. Vedremo subito quale sarà la reazione dei mercati. Ieri si è riunito il consiglio di amministrazione che non poteva non registrare la spaccatura interna con i pattisti. Il grande gioco del Leone è arrivato al giro di boa; Leonardo Del Vecchio non intende aspettare fino ad aprile e continua a comprare: ha appena messo in portafoglio un altro milione di azioni portando così la propria quota al 6,5 per cento; insieme al pacchetto di Francesco Caltagirone e della fondazione Crt (Cassa di risparmio di Torino) i sottoscrittori del patto di consultazione arrivano al 15,58 per cento del capitale avvicinandosi a Mediobanca che con il 4,42 per cento preso in prestito arriva al 17,22 per cento più l’1,44 per cento della De Agostini (il gruppo ha deciso di vendere, ma mantiene i diritti di voto fino all’assemblea).

 

A piazza degli Affari trattengono il fiato, ma voci insistenti evocano il piano B che poi, forse, è il vero piano A: se nelle Generali si arriva a un stallo, come sembra probabile, il patron di Luxottica punterà tutto su Mediobanca. Come? Dalla Bce ha ottenuto licenza di acquistare fino al limite del 20 per cento, ma non si escluderebbe un’offerta pubblica d’acquisto. Operazione molto cara perché la banca fondata da Enrico Cuccia vale in borsa oltre 8 miliardi di euro e si suppone che venga messo in conto un premio per gli azionisti, almeno del 15 per cento. Del Vecchio davvero vuole staccare un assegno tanto pesante? Secondo alcuni non sarebbe solo, avrebbe al suo fianco validi alleati. Chi? Non Unicredit perché l’amministratore delegato Andrea Orcel ha detto chiaramente di non essere interessato a Mediobanca-Generali, lasciando così con l’amaro in bocca chi sognava un gigante finanziario di taglia europea. Molti guardano con attenzione alle mosse della JP Morgan guidata in Europa da Vittorio Grilli che ha assistito Del Vecchio nella scalata a Mediobanca sostituendo Citicorp. 

      

Un attacco dal basso consentirebbe di controllare anche le Generali. Per fare che cosa? È la domanda che tutti si fanno e la stessa Consob ha sollecitato i pattisti a chiarire la loro strategia. Anche perché un’altra operazione in grande stile sembra poco praticabile. Si è parlato di scorporare gli immobili posseduti dalle Generali per collocarli in una società ad hoc controllata ovviamente dalla compagnia di assicurazioni, ma quotata in borsa così da aumentare il valore e gli utili. Il primo problema è che la montagna di mattone sul quale è seduto il Leone serve a garantire le riserve e di conseguenza le stesse polizze, quindi non potrebbe essere gestita con la stessa libertà di un immobiliarista; il secondo ostacolo è un potenziale conflitto d’interesse con Del Vecchio che possiede vaste proprietà non solo a Milano, e ancor più con Caltagirone. Il Financial Times ha scritto che il patron di Luxottica non ha mai digerito il rifiuto opposto nel 2018 da Alberto Nagel all’offerta da mezzo miliardo di euro per rilevare lo Ieo, l’Istituto oncologico europeo di Umberto Veronesi, nato sotto l’egida di Enrico Cuccia con sede legale negli uffici della stessa Mediobanca. Ma davvero Del Vecchio è pronto a spendere miliardi su miliardi per vendicare l’affronto? 

      

In una intervista al Corriere della Sera Gabriele Galateri, presidente delle Generali, ha sostenuto Donnet per il quale si è espressa la maggioranza del consiglio, “un board dialettico” come lo ha definito. Il piano prevede una compagnia più digitale, che punti sulla gestione patrimoniale dove sta recuperando il terreno perduto e la crescita nei mercati più redditizi, soprattutto in Asia.

   

Rachel Sanderson sull’agenzia Bloomberg (una di quelle che muovono i mercati) ieri nel riassumere i termini dello scontro (pardon della dialettica) chiama in causa Mario Draghi il quale “vuol rendere più attrattiva l’Italia per gli investitori internazionali, ma la lotta di potere in corso che coinvolge il suo più grande gruppo assicurativo, il suo uomo più ricco e il suo più potente banchiere d’investimento, non è certo un bel vedere”. Bloomberg ricorda che Mediobanca e Generali sono da decenni strettamente intrecciate e piazzetta Cuccia deriva un terzo dei propri redditi dalla partecipazione nel Leone di Trieste. Generali è una compagnia privata, ma è il maggiore acquirente di titoli di stato. Draghi finora s’è tenuto fuori, per quanto ancora?