"I tamponi gratis all'Ilva? La vera conquista sindacale sarà quando tutti saranno vaccinati”

Annarita Digiorgio

La prima giornata di green pass obbligatorio allo stabilimento di Taranto, dove i test sono gratuiti per i lavoratori diretti ma non per l'indotto. Tra file e sindacati preoccupati: “Il problema qui non è il green pass ma tutto il resto", ci dice il coordinatore di fabbrica della Uilm Gennaro Oliva 

Mentre nel resto d’Italia migliaia di lavoratori stanno creando file e assembramenti per bloccare l’ingresso nei luoghi di lavoro, alle portineria Ilva di Taranto la fila si è creata per entrare a lavorare. Acciaierie d'Italia infatti è l’unica azienda pubblica che ha deciso di pagare i tamponi per l’ottenimento del green pass ai propri dipendenti diretti. Per loro un ingresso separato da un tornello cui mostrare il certificato del tampone, mentre gli altri hanno quello del vaccino inserito nel badge.

 

Chi è rimasto fuori sono però i dipendenti indiretti, quelli delle ditte dell’indotto che invece devono pagarsi il tampone di tasca propria. E in Ilva non sono pochi: una forza lavoro di quasi 5 mila operai. Nei giorni scorsi, questi avrebbero dovuto comunicare il possesso del green pass ai propri capi, e le ditte ad Acciaierie d’Italia, ma non tutte l’hanno fatto. Sicché stamattina al primo turno si sono create file di circa tre ore per verificare i certificati. Questo disagio organizzativo, unito al timore delle tre ore decurtate sullo stipendio, hanno allarmato i lavoratori più dell’obbligo del green pass. “Nessuno qui protesta contro i vaccini - dice Biagio Prisciano, segretario aggiunto Fim Cisl - e chi non si è vaccinato si paga il tampone. Ora però non vorremmo che per errore delle ditte che non hanno inviato la comunicazione gli venisse ulteriormente abbassato lo stipendio. Abbiamo chiesto ad Acciaierie d’Italia di aumentare il numero di vigilanti per i controlli alla portineria imprese visto che qui abbiamo il problema della coda da smaltire, mentre alle portinerie dove entrano i diretti non si è verificato alcunché di complicato e l’azienda ci ha risposto che potenzierà i vigilanti”. La stessa cosa ha fatto il prefetto di Taranto Demetrio Martino che, dopo un incontro con i vertici aziendali e sindacali, ha potenziato la sicurezza delle forze dell’ordine all’ingresso per evitare possibili disordini. La beffa però è che tra i poliziotti e carabinieri ai tornelli ci sono meno vaccinati dei dipendenti Ilva che devono entrare. “La beffa - ci dice un operaio - è che io per venire a lavorare in Ilva ho il tampone gratis, mia moglie per lavorare a scuola deve pagarselo”.

 

 

La situazione nel giro di pochi giorni dall’annuncio dell'introduzione dell’obbligo di green pass è nettamente migliorata. Dall’incontro in prefettura sono emersi questi numeri: 1.375 su 8.200 sono i dipendenti diretti che non hanno comunicato il possesso di green pass, 215 in meno rispetto ai 1.600 iniziali, mentre i lavoratori delle aziende esterne ancora mancanti all’appello sono 1.600 dai 1.800 di tre giorni fa. Oggi però non si è superato i 900 ingressi dei dipendenti diretti dal tornello tamponi. I sindacati hanno comunque chiesto di aumentare le farmacie convenzionate per i tamponi gratuiti, anche tra i paesi della provincia.

 

Essere riusciti ad avere tamponi gratis da Acciaierie d’Italia non è stata una difficoltà per i sindacati. Del resto, ci spiegano, ci sono mansioni che non sono sostituibili, per questo l’azienda non può rischiare di rimanere senza addetto. Per questo un’azienda pubblica sta contravvenendo le direttive dello stesso governo che ne esprime il managment, perché - ci spiega un sindacalista - non può rischiare di tenere a casa anche quei lavoratori rimasti su quei pochi impianti ancora in funzione. Specifica che non vale per gli indiretti: la maggior parte delle figure coperte dai lavoratori delle ditte esterne sono sostituibili da operai sociali in cassaintegrazione. Il problema per i sindacati è piuttosto questo: perché l’azienda pubblica tiene suoi dipendenti a casa, e chiama per gli stessi lavori ditte esterne, che poi non paga?

 

La cosa incredibile che lamentano gli operai è che un’azienda pubblica abbia facilmente trattato con i sindacati per i tamponi gratuiti, ma da mesi ha interrotto gli accordi su tutti gli altri fronti. Acciaierie d’Italia è l’unica azienda pubblica a pagare i tamponi ai non vaccinati e poi non mette in sicurezza gli impianti, non attua il piano industriale, chiede deroghe per il piano ambientale, e non paga da mesi i fornitori, le commesse come Cimolai, o i 40 milioni verso Sanac azienda mono committente in Amministrazione straordinaria costretta da anni a tenere tutti in cassa integrazione. Questa decisione non sta bene a Confindustria che invece, nonostante rischi di ricadute produttive, sta tenendo ferma la posizione chiesta dal governo sui tamponi a carico dei lavoratori. Ma se cedono le imprese statali - ci fanno sapere dai vertici degli industriali - qui cediamo tutti.

 

 

“Il problema per i lavoratori Ilva non è il green pass – ci dice il coordinatore di fabbrica della Uilm Gennaro Oliva – ma tutto il resto. Il fatto che da dieci anni abbiamo metà dei lavoratori in cassaintegrazione con uno stipendio di meno di 900 euro al mese, un management che interrompe le trattative sindacali, un piano industriale firmato solo dei mesi fa che non ci dicono perché sia stato fermato, nessuna prospettiva per il futuro, 10 mila lavoratori che non sappiamo che fine faranno, tavoli che si tengono al governo senza le parti sociali”.

 

“Però almeno i tamponi gratis sono stati una conquista sindacale?”, gli chiediamo. “No – ci risponde Oliva – per noi la conquista sarà quando tutti saranno vaccinati”.