Non c'è sostenibilità senza riconversione. Lezioni da Bankitalia

Gli investimenti sostenibili di Banca d'Italia non escludono i combustibili fossili

Gianluca Carini

“In molti settori – come quello dello sfruttamento degli idrocarburi, del trasporto di energia o della produzione di veicoli – molte imprese sono impegnate in seri e difficoltosi percorsi di decarbonizzazione”. Premiare questi sforzi fa bene all'ambiente e al portafoglio

Con la Carta degli investimenti sostenibili presentata lunedì, Banca d’Italia ha fornito la propria visione di finanza equa, chiarendo quali principi guideranno gli investimenti da ora in avanti. 


L’istituto di via Nazionale punterà sulle imprese con un elevato profilo Esg (acronimo di environmental, social and governance). In sostanza, dovranno essere green, mantenere “adeguate condizioni di sicurezza, salute, giustizia, parità e inclusione” e, infine, rispettare i principi etici e le migliori pratiche di governo societario.Sono escluse quindi le industrie che violano le convenzioni internazionali in materia di sfruttamento del lavoro e armi. Ma anche gli investimenti nelle società del tabacco.


Nella Carta non vi è invece traccia di veti alle imprese legate ai combustibili fossili. Sembrerebbe una contraddizione se si pensa che le scelte di Palazzo Koch intendono promuovere l’ambizioso obiettivo fissato a fine giugno dall’Unione Europea, come ha indicato nel corso della presentazione della Carta il vicedirettore generale Paolo Angelini: dimezzare le emissioni mondiali di gas serra entro il 2030, per poi raggiungere la cosiddetta “neutralità carbonica” entro il 2050, evitando così l’aumento della temperatura globale di 3 gradi alla fine del secolo.

 

Al Foglio, Banca d’Italia spiega che ha scelto di non utilizzare un approccio  “negative screening”, escludendo un intero settore, perché non aiuterebbe la transizione. “In molti settori – come quello dello sfruttamento degli idrocarburi, del trasporto di energia o della produzione di veicoli – molte imprese sono impegnate in seri e difficoltosi percorsi di decarbonizzazione”, spiegano da Palazzo Koch. “Questo accade con la produzione di vetture ibride ed elettriche che affiancano quelle con motori a scoppio tradizionali o per l’industria della raffinazione, che produce biocarburanti, o ancora per l’industria del trasporto gas, che affianca al gas di origine fossile il biogas (e un domani probabilmente l’idrogeno verde)”. Al contrario, un approccio premiante incentiva gli sforzi di decarbonizzazione delle imprese impegnate nella transizione e di riflesso amplia il portafoglio degli investimenti, in un’ottica di riduzione dei rischi. “L’esclusione di interi settori – viene ancora precisato – rende il paniere molto più piccolo, riducendo la nostra capacità di diversificazione del rischio complessivo del portafoglio, rischiando di farci perdere interessanti opportunità di investire in progetti green e tecnologie pulite”.


Che la sfida del green non sia facile, lo ha sottolineato anche l’Agenzia internazionale dell’energia, per la quale il taglio di emissioni previsto per il 2030 richiede di triplicare investimenti in energie pulite, raggiungendo i 4.000 miliardi di dollari l’anno a livello globale. In questo senso, ha sottolineato ancora il vice dg Angelini, il ruolo degli operatori finanziari è indispensabile, in quanto essi “consentono di allocare le risorse necessarie sui progetti per la transizione climatica, in particolare quelli destinati all’innovazione tecnologica e alle infrastrutture”.


A rientrare nel campo di applicazione della Carta saranno gli investimenti del portafoglio finanziario e delle riserve valutarie, gestiti in autonomia dalla Banca. Una torta non piccola, visto che a fine 2020 comprendeva attivi, nel complesso, per circa 190 miliardi di euro. Non si applica invece ai portafogli di politica monetaria, la cui gestione è responsabilità dell’Eurosistema. “Su questo tema – ha chiarito ancora Angelini – sono ancora in corso approfondimenti nell’ambito della revisione della strategia, che vertono in particolare sulla misurazione dei rischi e sulle eventuali azioni per la loro mitigazione in una logica di protezione del bilancio dell’Eurosistema”.


La Carta fa seguito alla pubblicazione, una settimana fa, del primo quaderno sulla finanza per lo sviluppo sostenibile di Consob: obiettivo dichiarato è quello di “promuovere la considerazione dei fattori Esg nelle scelte degli attori finanziari”. Nel quaderno l’autorità di vigilanza indica tra i suoi compiti la lotta al green/socialwashing, ossia la creazione di una falsa immagine di sé sotto il profilo dell’impatto ambientale o sociale. Un principio, questo, che gli investitori dovranno tenere in considerazione, ma che non esclude i progetti delle imprese realmente impegnate nella transizione dalle fonti fossili a quelle rinnovabili. Chi pensa che l'upstream non sia un attore indispensabile nella riconversione energetica globale farebbe bene a ricredersi.