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Che fare del cashback? Il confronto tra Ciriani (FdI) e D'Uva (M5s)

Lorenzo Borga

I quasi 5 miliardi di euro che la misura costa fino a metà del 2022, secondo alcuni, andrebbero spesi per finanziare ulteriori sussidi alle partite Iva. Secondo chi difende lo sconto sui pagamenti digitali, invece, le stime dei risultati sono positive grazie all’aumento dei consumi

Il cashback sta facendo discutere la politica italiana. I poco meno di 5 miliardi di euro che la misura costa fino a metà del 2022, secondo alcuni, andrebbero spesi per finanziare ulteriori sussidi alle partite Iva. Secondo chi difende lo sconto sui pagamenti digitali, invece, le stime dei risultati sono positive grazie all’aumento dei consumi (che però è ancora da dimostrare nei fatti).

Abbiamo sentito, per “Divergenze parallele”, Luca Ciriani (capogruppo di Fratelli d’Italia al Senato e firmatario della mozione per abolire il cashback) e Francesco D’Uva (deputato del Movimento 5 Stelle).


Ritiene che il cashback di Stato, finanziato per un altro anno, vada confermato o abolito? In caso lo volesse mantenere, servirebbero delle modifiche? Quali?

CIRIANI - Va sicuramente abolito, è un’invenzione tutta italiana che non esiste in nessun altro paese civile.

D’UVA - Assolutamente confermato, parlano i numeri. Come ha ribadito la viceministra Castelli, secondo le stime si tratta di 23 miliardi di maggiori consumi nel biennio e di 9 miliardi di maggior gettito da oggi al 2025. Specialmente in un periodo come questo, in cui far girare l'economia serve come il pane, sono dati incoraggianti. Il cashback sostiene i consumi, innova attraverso la digitalizzazione e si autofinanzia. Alcuni trascurano l'importante effetto leva.

E la lotteria degli scontrini invece?

CIRIANI - Peggio ancora del cashback, il messaggio che il governo manda agli italiani è che non serve lavorare e faticare, ma ci si salva azzeccando lo scontrino giusto. È umiliante.

D’UVA - Altro valido strumento che entra in un quadro più ampio in cui lo Stato si impegna ad abbassare le tasse e i cittadini si abituano a utilizzare le forme elettroniche di pagamento. Il risultato è favorire l'emersione e la lotta all'evasione. Ci “guadagnano” tutti.

Più di 7 milioni di italiani hanno aderito al cashback, ma ciò non significa che abbiano incrementato la propria propensione a utilizzare carte e app. La mancanza di dati è un problema? Pensa siano necessari studi per valutarne la reale efficacia, prima di confermare la misura?

CIRIANI - Credo che nessun dato micro o macro possa confermare l’aumento dei consumi. Inoltre abbiamo un milione di lavoratori in meno: andare a rincorrere l’evasione fiscale quando il paese è in queste condizioni è sciocco, per non dire peggio. C’è una crisi economica che è al limite della rabbia sociale, giocare con il cashback e la lotteria degli scontrini è da irresponsabili. Questi soldi andrebbero dati a imprese, artigiani e commercianti. Usiamoli per cercare di far ripartire questo paese, non per offrire mance ai cittadini. È una visione che rifiuto dal punto di vista culturale. Lo Stato deve incentivare i cittadini a lavorare, non servono bonus e piccoli premi: è consenso comprato con il denaro. Non produce nessun aumento di gettito.

D’UVA - La strada intrapresa grazie soprattutto all'intuizione del presidente Conte è efficace. I pagamenti digitali per piccoli importi sono aumentati del 34% e quelli effettuati presso i negozi di prossimità, come gli alimentari, del 56%. Non so perché soggetti politici come Fratelli d'Italia siano particolarmente affezionati ai vecchi strumenti. Nella mozione Ciriani si legge che il pagamento in contanti non richiede infrastrutture tecniche, fattore importante - dicono loro - in caso di interruzione della corrente elettrica, che renderebbe impossibili i pagamenti elettronici indisponibili. Cioè non favoriamo l'innovazione, i consumi e la lotta all'evasione per il rischio che vada via la corrente elettrica? Spero di aver capito male, perché mi sembra follia. Il mondo sta cambiando, forse sarebbe bene farsene una ragione.

Condivide la scelta di dare 1500 euro alle 100mila persone che, a prescindere dal proprio reddito e dalle proprie abitudini di acquisto precedenti, vantano il più elevato numero di transazioni digitali?

CIRIANI - È una logica da lotteria Italia, da paese dei balocchi sottosviluppato. In cui si promette la salvezza a chi più spende. È una logica senza senso, assurda. Incentivare la gente a spendere i quattro soldi che ha nella speranza che la propria ricchezza economica dipenda dalla fortuna. È la logica di un paese destinato al sottosviluppo. Nei paesi sviluppati, se si hanno a disposizione 5 miliardi di euro, si danno a chi abbiamo costretto a chiudere per la pandemia.

D’UVA - È chiaro che a tutte le misure serve un tagliando per renderle ancora più efficaci. Il discorso vale anche per quelle rivoluzionarie, come appunto il cashback. L'impianto però è valido e segna una svolta.

Si ritiene d’accordo con chi afferma che il contante andrebbe abolito, o limitato il più possibile per sconfiggere l’evasione fiscale nei piccoli e medi pagamenti?

CIRIANI - Intanto, ripeto, la lotta all’evasione fiscale, in questo momento, non è la priorità. Punto numero due, io sono contrario all’obbligo della moneta elettronica: difendo il mio diritto alla privacy. Voglio pagare con i contanti, a fronte di uno scontrino. Non vedo perché devo dare a un centro dati le informazioni sulle cose che compro, con alte commissioni bancarie. I consumatori devono essere liberi. Uno ha diritto di usare i propri soldi che ha guadagnato legalmente come meglio crede.

D’UVA - Ricordo che il Movimento 5 Stelle ha introdotto il carcere per i grandi evasori. Detto ciò, in generale le misure di cui stiamo parlando contribuiscono senz'altro alla lotta all'evasione. È altrettanto chiaro che ogni strumento in questo campo deve essere calibrato sulle peculiarità dell’economia italiana e dei diversi soggetti interessati dalle varie norme.

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