Emiliano parla di Veneto ma riesuma "scheletri" bancari dalemiani e pugliesi

Renzo Rosati

Perché il governatore della Puglia, stracciato nelle primarie del Pd sposta la guerra anti-Renzi e anti-governo sul fronte bancario

Roma. Ma che c’entra Michele Emiliano con le popolari venete? E perché il governatore della Puglia, stracciato nelle primarie del Pd sposta la guerra anti-Renzi e anti-governo sul fronte bancario, definendo “invotabile” il decreto sul salvataggio della Popolare di Vicenza e di Veneto Banca e il trasferimento a Intesa dei due istituti depurati degli asset passivi? Emiliano dice che si “esasperano le tensioni sociali” agitando una disparità di trattamento con Mps, che pure è stata salvata dal Tesoro divenuto azionista – ieri la Commissione europea ha ufficialmente accordato l’operazione di ricapitalizzazione precauzionale. Eppure Francesco Boccia, presidente della commissione Bilancio e Tesoro della Camera e strenuo alleato di Emiliano, ha definito l’operazione “un atto opportuno e coraggioso”.

 

Dunque? Magari Emiliano sta conducendo per altre vie e dentro il Pd la guerriglia contro Paolo Gentiloni e Pier Carlo Padoan che la gauche bersaniana e dalemiana minaccia a giorni alterni dai vaucher alla manovra finanziaria. Ma nel background del governatore c’è anche qualcos’altro, e riguarda proprio le banche pugliesi, ma quelle pugliesi: proprietà, manager, affinità politiche, in un curioso corso e ricorso di protagonisti. Per dire, la Popolare di Bari. Primo istituto del sud dopo il crac del Banco di Napoli inglobato nel 2002 da Intesa, è da anni nell’occhio del ciclone; oltre ad essere in Puglia concorrente diretta proprio di Intesa, e con l’ad di quest’ultima, Carlo Messina, che ha spiegato come l’acquisizione di Vicenza e Montebelluna darà modo “di essere ancora più banca di riferimento in Puglia”. La Popolare di Bari, con la riforma voluta da Renzi e Padoan, è l’ultimo dei maggiori istituti che avrebbero dovuto trasformarsi in società per azioni e quotarsi in borsa; operazione ora in stand by. Ed è stata a lungo oggetto di attenzioni della Banca d’Italia, che nel 2013 aveva segnalato “importanti criticità”. Non risolte con l’acquisizione, imposta sempre da via Nazionale, di Tercas, la Cassa di risparmio di Teramo. Il risultato è stata una svalutazione da 9,15 a 7,5 euro del prezzo teorico delle azioni, che ha coinvolto 70 mila azionisti: con malumori di piazza che lo stesso Emiliano si è adoperato a contenere, intervenendo a fianco del management. Il quale è da decenni nel controllo della famiglia del presidente Marco Jacobini, socio di maggioranza. Alla svalutazione delle azioni si sono aggiunti i bilanci in perdita degli ultimi anni (solo nel 2016 la popolare ha rivisto un utile di 5,2 milioni), e l’emissione di obbligazioni subordinate al tasso del 6,5 per cento. Nel 2011 Jacobini chiamò alla direzione generale Vincenzo De Bustis, banchiere assurto a fama nazionale a cavallo degli anni 2000, quando trasformò la Banca del Salento di Lecce in una preda appetita, grazie ai servizi virtuali ed a prestiti accompagnati da prodotti finanziari strutturati. Divenuta Banca 121 e accompagnata da una campagna pubblicitaria con star come Sharon Stone, il vecchio istituto leccese fu comprato dal Monte dei Paschi. De Bustis divenne molto amico di Massimo D’Alema (che in Salento ha il feudo elettorale) e dal 2000 al 2003 fu amministratore delegato di Mps. I problemi di prodotti tipo subprime come MayWay e ForYou, segnarono l’inizio della fine del Montepaschi, già afflitto dalla lottizzazione dell’ex Pci. Ma De Bustis non ne uscì troppo ammaccato: dopo un breve passaggio ai vertici di Deutsche Bank Italia, il ritorno in Puglia dove è rimasto al comando della Popolare di Bari fino al 2015. Tra le grane bancarie di Emiliano c’è anche la Bcc Terra d’Otranto (il cui commissariamento si è concluso con il ritorno alla gestione ordinaria dell’istituto, senza pregiudizio alcuno per soci e clienti, a partire dal 1° febbraio 2016). Ieri Padoan ha difeso l’operato del governo sulle banche, annunciando tra l’altro la cessione quasi per intero per metà 2018 dei crediti deteriorati del Montepaschi. “I problemi sono alle nostre spalle” ha detto il ministro. Mentre Sabine Lautenschläger, rappresentante tedesco nell’esecutivo della Banca centrale europea e vicepresidente dell’Ssm, l’organismo di controllo della Bce, ha dichiarato al Financial Times che la soluzione per popolari venete “è la migliore per i contribuenti e la stabilità dell’Italia”. Stamani in vista del voto sul decreto il Pd ha convocato di buon ora i propri deputati; Intesa, in caso di bocciatura, minaccia di mollare tutto. Vedremo se Emiliano andrà avanti, o magari tornerà ad occuparsi dei guai pugliesi.