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La retorica sull'evasione fiscale

Luciano Capone

I record nella lotta all’evasione ci dicono poco senza i due record che aspettiamo: tasse e spending

Anche quest’anno, come ogni anno, è stato un “anno record” nella lotta all’evasione fiscale. Nel 2016 sono stati recuperati 19 miliardi di euro, “la somma più alta mai incassata” ha detto la direttrice dell’Agenzia delle entrate Rossella Orlandi. E il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, presentando il record dell’Age, ha dichiarato che nel 2016 anche le entrate tributarie sono state da record: 450 miliardi, da 436 miliardi nel 2015 e 419 nel 2014. Se però si va dentro ai numeri, ci si accorge che certi toni trionfalistici sono forse eccessivi. I 19 miliardi incassati infatti non sono tutto “recupero dell’evasione”, ma devono essere divisi tra l’attività di controllo – che è l’evasione propriamente detta – e l’attività di liquidazione, che invece è il recupero di imposte dichiarate ma non versate. Da questa attività automatica, l’erario ha incassato 8 miliardi (in aumento di oltre 1 miliardo), mentre il recupero vero e proprio dell’evasione è pari a 10,5 miliardi. Si tratta di una somma considerevole, in aumento del 36 per cento, ma il 2016 è stato un anno eccezionale a causa della voluntary disclosure, la sanatoria sui patrimoni detenuti all’estero. Se si sottraggono i 4,1 miliardi della voluntary disclosure, si nota che dall’attività di controllo sono stati recuperati 6,4 miliardi, circa 1,3 miliardi in meno rispetto all’anno precedente. Da quest’ottica i dati mostrano una realtà leggermente diversa, soprattutto se inquadrata in una prospettiva pluriennale.

 

Negli ultimi tre anni – il triplete dei record – il gettito dell’attività di controllo è sceso dagli 8,1 miliardi del 2014 ai 6,4 miliardi del 2016, mentre, in maniera inversamente proporzionale, è aumentato da 6,1 a 8 miliardi l’incasso dall’attività automatica di liquidazione, per cui non ci sono meriti specifici visto che si tratta di imposte già note perché dichiarate dai contribuenti. Su questi dati – che derivano anche da un calo progressivo del numero dei controlli – ci si aspetterebbe più sincerità da parte della politica e soprattutto da parte delle agenzie statali, che dovrebbero mantenere una certa neutralità, quantomeno distinguendo tra contrasto all’evasione e imposte dichiarate ma non versate. Ma purtroppo l’evasione è da sempre un argomento dove la retorica la fa da padrona, dove tutti – a partire dalle istituzioni – ragionano per slogan e non sulla base dei numeri. E la retorica nel dibattito pubblico ci ricorda costantemente che in Italia l’elevata pressione fiscale dipende dall’elevata evasione e che, di conseguenza, non si possono abbassare le tasse se prima non si combatte l’evasione: “pagare tutti per pagare meno”, è il motto.

 

I numeri, però, ci dicono che negli ultimi anni è accaduto l’esatto contrario: l’evasione è diminuita e le tasse sono aumentate. L’economia sommersa, che include l’evasione, secondo l’Istat è diminuita di diversi punti negli ultimi anni. Secondo il Rapporto sull’evasione fiscale del 2014, il tax gap, che è un insieme più ampio dell’evasione in senso stretto, si è ridotto del 2,3 per cento dal 2001 al 2012. E questi risultati vengono continuamente sbandierati dal governo e dall’Age: “L’attività di contrasto dell’evasione fiscale evidenzia negli ultimi anni risultati record – c’è scritto nella Relazione sull’evasione fiscale del 2016 – oltre 42 miliardi di maggiori entrate tributarie nel triennio 2013-2015; circa 78,5 miliardi a partire dal 2010; un incremento del 240 per cento rispetto al 2006 (4,4 miliardi)”. Record su record. Cos’hanno prodotto sul fronte delle tasse? Altri record. Nello stesso periodo la pressione fiscale è arrivata al 44 per cento (quella reale ben oltre il 50), in crescita di 4 punti in 10 anni (dal 2004 al 2014). E questo perché le maggiori entrate recuperate dall’evasione sono state versate nel bidone bucato della spesa pubblica, aumentata di 6 punti in una decina d’anni.

 

E’ forse tempo di mettere da parte la propaganda e di vedere una conferenza stampa in cui il governo mostra i risultati record del taglio della spesa pubblica, magari affiancato da un soddisfatto Commissario alla spending review. Ah già, quelli uno alla volta, da Cottarelli a Perotti, si sono dimessi da un pezzo.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali