Consigli sviluppisti per università e rettori in crisi di identità

A orientare le scelte universitarie degli studenti pesano sempre di più le possibilità occupazionali offerte non solo dal percorso di studi da intraprendere, ma anche da un livello di servizi differenziato e competitivo nel territorio che ospita gli atenei.

A orientare le scelte universitarie degli studenti pesano sempre di più le possibilità occupazionali offerte non solo dal percorso di studi da intraprendere, ma anche da un livello di servizi differenziato e competitivo nel territorio che ospita gli atenei. Ecco, quindi, ad esempio che nonostante le università meridionali perdano quote consistenti di studenti iscritti, l'Orientale di Napoli, il Politecnico di Bari e l’Università di Salerno al contrario le aumentino. La qualità dell’offerta formativa trova consistenza e ragione d’essere nella interazione molto forte tra il sistema accademico e le realtà imprenditoriali, particolarmente incisiva come nel caso del Distretto aerospaziale pugliese, che costituisce una eccellenza nel sistema della ricerca e della innovazione europea.

 

Secondo i dati diffusi alcuni mesi fa dalla Conferenza dei rettori, la riduzione drastica dei finanziamenti ordinari e degli investimenti in ricerca ha fatto perdere negli ultimi anni al sistema accademico 10mila posti da docente e ricercatore, pari al 13 per cento, contro una diminuzione media del 5 per cento nella Pa.

 

Eppure a giudicare dai numeri delle immatricolazioni diffusi recentemente dal ministero dell’Università, la diminuzione totale dei nuovi ingressi nell’ultimo quinquennio si attesta su un modesto meno 3 per cento. Sono le preferenze degli studenti che di fatto stanno ridisegnando la geografia accademica. Diminuiscono sempre di più le iscrizioni a giurisprudenza (meno 35 per cento), economia (meno 6,2), architettura e ingegneria civile, mentre sono in crescita le iscrizioni a ingegneria dell’informazione (più 27,9) e scienze informatiche (più 36,7).

 

Le indicazioni degli studenti, insomma, stanno definendo il perimetro nel quale il sistema accademico deve (ri)collocare la propria offerta formativa, che ha bisogno di essere adeguata alle rapide esigenze del mercato del lavoro, cambiato radicalmente nell’ultimo decennio.

 

Perché l’Università e il suo territorio siano percepiti come un valore aggiunto e un differenziale competitivo per avere chance maggiori in un sistema in rapidissima evoluzione, occorre pertanto uno sforzo sinergico tra mondo accademico, sistema delle imprese e Pubblica amministrazione, che vede purtroppo ancora una volta una sostanziale differenza tra il nord e il sud del paese.

 

A Milano, ad esempio, tutti gli stakeholder stanno ragionando sul futuro delle aree Expo per dare vita a un grande contenitore in grado di liberare risorse ed energie per la ricerca, e fare di quello spazio il centro europeo della robotica e dell’innovazione, che in Italia può contare già su un polo di eccellenza a Pisa con la Scuola Universitaria Superiore Sant’Anna.  

 

Anche l’Emilia Romagna da diversi anni si è orientata su questa scia con la rete dei Tecnopoli; a L’Aquila, nella ricostruzione post sisma, università, istituzioni e aziende hanno investito su una strategia comune per rendere ancora più competitivo il settore chimico-farmaceutico, con il Polo Capitank.

 

Il sud, nonostante le tante eccellenze accademiche, sconta invece problemi atavici come la scarsa efficienza della burocrazia e un sistema economico poco meritocratico. Questi fattori negativi convincono i ragazzi a scegliere altri atenei in Italia e all’estero, dove la qualità dell’offerta formativa si coniuga con le possibilità del territorio di ragionare ed esprimere una visione unica del futuro. Investire su una nuova e non più indifferibile relazione virtuosa tra gli attori del territorio resta la precondizione che l’Italia (e il sud soprattutto) ha per attrarre talenti, ed evitare la fuga inesorabile di chi sceglie giustamente altri paesi per sviluppare le proprie competenze.

 

Accanto agli impegni del sistema accademico, però, occorre un adeguato supporto da parte dello stato, ad esempio nella costruzione di infrastrutture digitali avanzate. Le imprese come le nuove startup cercano i servizi migliori. Come possiamo pensare di attirare la finanza degli algoritmi, investire sull’industria 4.0, intercettare gli investimenti dei venture capital, se non ci dotiamo di una adeguata infrastruttura digitale e non rendiamo moderna ed efficiente la macchina della giustizia?

 

Stefano Cianciotta è Docente di Comunicazione di Crisi all’Università di Teramo