Il segretario della Cisl Annamaria Furlan (foto LaPresse)

L'ultima truffa dei sindacati sulle pensioni

Luciano Capone
Si torna a parlare di “staffetta generazionale”, teoria malsana e poco realistica secondo cui il numero di posti è fisso e per dare occupazione a un giovane è necessario mandare in pensione un anziano. Ma il mondo del lavoro non è un teatro.

"Vogliamo un paese dove i lavoratori anziani possano andare in pensione e lasciare il posto ai giovani. Così si crea speranza”. Ci risiamo. Il 1° Maggio non poteva mancare la presa di posizione dei sindacati a favore della “staffetta generazionale” – la dichiarazione è del segretario generale della Cisl Annamaria Furlan, ma più volte sottoscritta dai leader delle sigle – si tratta della teoria secondo cui il numero di posti è fisso e per dare lavoro a un giovane è necessario mandare in pensione un anziano. L’idea è che ci sia disoccupazione perché non ci sono abbastanza pensionati che, detta così, sembra molto meno intelligente. E infatti è un’idea malsana, che non fa i conti con i fatti, i conti pubblici e la logica. Basterebbe guardare i dati degli altri paesi europei che hanno un più alto tasso di occupazione sia tra i giovani che tra gli anziani, basterebbe notare che in Italia le baby pensioni di ieri hanno prodotto i giovani disoccupati di oggi. Per decenni è stata “creata speranza”, come auspicano i sindacati, mandando le persone in pensione presto e con assegni generosi, gonfiando una spesa previdenziale che determina un cuneo fiscale e un costo del lavoro tra i più alti al mondo. I risultati sono disoccupazione di massa e precarietà per i giovani e un tasso di occupazione generale tra i più bassi nel mondo sviluppato: in Italia lavorano 22 milioni di persone (una su tre) e 16 milioni sono in pensione. Difficile pensare che aumentare i pensionati e il conto che lavoratori e imprese devono pagare per sostenerli possa essere una soluzione per un’economia già piena di problemi.

 

Il mondo del lavoro non è un teatro con posti riservati in cui ci si può accomodare solo quando qualcuno si alza a fine spettacolo. In un’economia moderna i posti di lavoro non sono sempre gli stessi né per numero, perché possono aumentare se c’è possibilità di creare ricchezza, né per qualità, perché molti tipi di lavoro spariscono per lasciare posto ad altri più produttivi e quindi non si possono lasciare in eredità.  La “staffetta generazionale” affonda le radici in una cultura preindustriale e produce povertà, risentimento e chiusura. Tra l’altro al fondo è in evidente contraddizione con altre idee del sindacato e della cultura progressista, come ad esempio l’aumento dell’occupazione femminile e l’apertura agli immigrati. Usando la stessa logica, quando i sindacati si battono per aumentare l’occupazione femminile, stanno implicitamente sostenendo di voler togliere lavoro agli uomini? E quando dicono che c’è bisogno di manodopera straniera, stanno affermando di voler ridurre il numero di lavoratori italiani? E’ la stessa filosofia della Lega di Matteo Salvini, con cui la Cgil condivide la critica alla legge Fornero, e che il leader del Carroccio applica più coerentemente anche ad altri campi come l’immigrazione. E’ evidente che i sindacati non sono in grado di trarre tutte le logiche conseguenze che le loro idee sbagliate implicano, come è evidente che posizioni del genere non rispondono a una riflessione coerente ma alla difesa degli interessi dei pensionati, che ormai sono la maggioranza assoluta degli iscritti. E la staffetta generazionale non è altro che la proposta di mantenere fisso il numero degli occupati (se va bene) aumentando quello dei pensionati. Ma se questa è la piattaforma di Cgil, Cisl e Uil, che il prossimo 1° Maggio si celebri direttamente la Festa dei Pensionati.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali