Matteo Renzi (foto LaPresse)

Renzi in scatola

Alberto Brambilla
Le slide non sono più uno scudo credibile per ripararsi né dalle eiezioni statistiche, in peggioramento, delle organizzazioni internazionali né dalle puntuali critiche della magistratura contabile.

Le slide non sono più uno scudo credibile per ripararsi né dalle eiezioni statistiche, in peggioramento, delle organizzazioni internazionali né dalle puntuali critiche della magistratura contabile. Renzi avrà forse perso la sua fortuna, come sostiene il Financial Times, di certo ora sarebbe ridicolo tacciare di “gufismo” l’Ocse e i “parruconi” della Corte dei conti.

 

L’Ocse, di cui il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan è stato prima vice segretario generale e poi capoeconomista, a fronte degli ultimi “deludenti” dati macroeconomici (crescita nel 2015 limitata allo 0,6 per cento contro le previsioni del governo dello 0,9) e del contesto globale di “ripresa sfuggente” e “rilevanti rischi di instabilità finanziaria” ha ridotto l’aumento atteso del pil dell’Italia a più 1 per cento nel 2016 (meno 0,4 rispetto alle stime del World economic outlook di novembre), mentre ha confermato le previsioni per il 2017 a più 1,4 per cento. Là fuori comincia a fare parecchio freddo mentre il governo in due anni di amministrazione renziana non si è coperto abbastanza.


Il presidente della Corte dei conti Raffaele Squitieri, alla Corte dal 1971, alla cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario 2016, davanti a Padoan, al presidente della Repubblica Sergio Mattarella e al ministro dei Trasporti Graziano Delrio, ha sferzato il governo. Il consueto linguaggio paludato della gerontocrazia giudiziaria va parafrasato per spiegare le puntute critiche: i tagli alla spesa pubblica sono stati un “parziale insuccesso” e hanno prodotto danni ai cittadini sopprimendo alcuni servizi (“progressivo offuscamento delle caratteristiche dei servizi che il cittadino può e deve aspettarsi dall'intervento pubblico cui è chiamato a contribuire”) anche perché che si è preteso di operare quasi alla cieca (“non ottimale costruzione di basi conoscitive sui contenuti, sui meccanismi regolatori e sui vincoli che caratterizzano le diverse categorie di spesa”).


[**Video_box_2**]Cinque commissari ad hoc hanno indagato sulla “spending” in cinque anni (Enrico Bondi, Piero Giarda, Carlo Cottarelli, Roberto Perotti, con consigli da Francesco Giavazzi). Yoram Gutgeld, ex manager McKinsey, il commissario in carica, ha in mano le ricerche prodotte dai suoi predecessori, una mole di informazioni – tra slide perdute, insabbiate e poi ritrovate by Cottarelli – considerata ragguardevole. Tuttavia Gutgeld, il quale ha sostenuto che l’Italia sarebbe “immune” dai marosi dell’economia globale (“la dichiarazione economica più stupefacente che ho sentito da lungo tempo”, disse a proposito Wolfgang Münchau del Ft), non ha assolto il compito. Ora sarà la stessa Corte a mettere a disposizione del Parlamento un dossier sul la “spending” entro marzo. Gutgeld può riposare. Entrino i giudici, ad maiora.

Di più su questi argomenti:
  • Alberto Brambilla
  • Nato a Milano il 27 settembre 1985, ha iniziato a scrivere vent'anni dopo durante gli studi di Scienze politiche. Smettere è impensabile. Una parentesi di libri, arte e politica locale con i primi post online. Poi, la passione per l'economia e gli intrecci - non sempre scontati - con la società, al limite della "freak economy". Prima di diventare praticante al Foglio nell'autunno 2012, dopo una collaborazione durata due anni, ha lavorato con Class Cnbc, Il Riformista, l'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) e il settimanale d'inchiesta L'Espresso. Ha vinto il premio giornalistico State Street Institutional Press Awards 2013 come giornalista dell'anno nella categoria "giovani talenti" con un'inchiesta sul Monte dei Paschi di Siena.