
Sulle tasse troppo alte, rileggersi la storia del Colosso di Rodi e Gérard Depardieu
Oggi, come ogni lunedì, è andata in onda la mia rubrica "Oikonomia" su Radio Radicale. Qui potete trovare l'audio, di seguito invece il testo con i link.
Quando l’attore francese Gérard Depardieu annunciò che avrebbe lasciato la Francia e spostato la sua residenza in Russia, in ragione di un regime fiscale divenuto troppo oppressivo, la notizia fu accolta perlopiù con sorrisini e articoli di costume. Poi però le autorità francesi dovettero prendere atto anche della partenza – per le stesse ragioni – di Bernard Arnault, imprenditore e proprietario del gruppo del lusso Lvmh. E di molti altri ancora come loro. Il quotidiano economico francese Les Echos, nell’estate 2015, rivelò gli effetti della maxi gabella del 75% annunciata nella primavera 2013 dal presidente francese François Hollande per tutti coloro che guadagnano più di 1 milione di euro, poi bocciata dalla Corte costituzionale e quindi limitata – si fa per dire – alle imprese: fra i contribuenti il cui reddito è superiore ai centomila euro, gli autoesiliati nel 2013 sono stati 3.477, pari a un più 40 per cento rispetto al 2012. Quello che il governo socialista francese di allora è sembrato dimenticare è che le imposte hanno diverse tipologie di effetti economici: ci sono gli effetti di incidenza, cioè le conseguenze distributive dell’introduzione di un’imposta, ma anche gli effetti distorsivi sulle scelte di consumo e sull’offerta dei fattori produttivi.
Il dibattito pubblico italiano non è immune a questa amnesia sugli effetti distorsivi della tassazione. Implicitamente si fa riferimento spesso all’effetto-reddito, cioè alla modificazione delle scelte dell’individuo causata dalla variazione del reddito disponibile senza che siano modificati i prezzi relativi dei beni oggetti di scelta; detto in parole più semplici: le imposte sottraggono risorse al contribuente trasferendole allo stato, sotto forma di gettito, e ciò comporta un sacrificio (perdita di benessere, utilità) per il contribuente, che diventa più povero. Si tende invece a ignorare o a far finta che non esista il cosiddetto effetto-sostituzione. E’ quello visto all’opera in Francia, per intenderci, quando i cittadini più ricchi addirittura hanno “sostituito” il proprio paese di residenza. La scienza delle finanze parla di effetto-sostituzione quando le imposte alterano i prezzi relativi (salario, tasso di interesse, ecc.) che si determinerebbero in assenza di imposta, inducendo il contribuente a sostituire il contribuente è allora indotto a sostituire l’attività o il bene tassato con quello non tassato.
La scorsa settimana ne abbiamo avuto una dimostrazione plastica con la vicenda Ryanair: la compagnia aerea irlandese ha annunciato la chiusura di alcuni scali italiani, come Pescara e Alghero, per “l’illogica decisione del governo di aumentare ancora le tasse municipali”. Si può ipotizzare che tale annuncio sia soltanto il preludio di trattative dietro le quinte tra la compagnia aerea e Palazzo Chigi, ma questa vicenda dovrebbe ricordarci che esistono limiti verso l’alto alla pressione fiscale. Quando questi limiti vengono oltrepassati, lo Stato non sta più tassando il reddito prodotto, ma di fatto sta impedendo con le tasse che il reddito sia prodotto. Oltre a limitare per definizione la libertà privata del contribuente, persona o impresa che sia, lo Stato che tassa senza limiti riduce la ricchezza generata dalla nostra società. Diminuiscono i profitti di Ryan Air, diminuiscono gli occupati negli aeroporti, diminuisce la nostra libertà di movimento. Tra imprese e partite IVA, sono migliaia i casi simili a quello di Ryan Air, seppure meno mediatizzati.
Il tributarista e storico americano, Charles Adams, nel suo libro “For Good and Evil. L’impatto delle tasse nel corso della civilizzazione”, ricorda quello che forse è il primo caso empirico di “effetto-sostituzione”. In particolare, raccontando la parabola di Rodi, Adams ricorda che la fiorente città-isola dell’Egeo non si spense a causa del terremoto che nel 225 a.C. aveva fatto crollare il colosso di bronzo eretto all’ingresso del porto, ma poco dopo e a causa delle tasse. Infatti gli antichi romani, in guerra con la Macedonia, non perdonarono a Rodi la sua neutralità. Così, una volta sconfitti i macedoni, i senatori di Roma decisero di riprendersi alcuni territori dall’isola dell’Egeo e di aprire un porto nell’isola di Delos, vicino a quello di Rodi ma questa volta tax free. “Il traffico commerciale del Mediterraneo orientale aggirò immediatamente Rodi e si ridirezionò su Delos – scrive Adams – Il gettito fiscale della prima isola, normalmente pari a un milione di dracme d’argento, calò fino a 150.000 dracme”. Ecco l’effetto sostituzione, per come lo definiscono gli economisti: imposte troppo alte alterano i “prezzi relativi”, e il contribuente è indotto a sostituire il bene o l’attività tassata con un bene o un’attività non tassata. I commercianti sostituirono Rodi con Delos.
In Italia la pressione fiscale, secondo lo stesso Governo, aumenterà ancora nei prossimi anni, almeno considerando – a legislazione vigente – l’aumento del gettito atteso dall’entrata in vigore delle clausole di salvaguardia: dal 43,7 per cento nel 2015 raggiungerebbe il 44,3 per cento nel 2017 per poi attestarsi al 44 per cento nel 2019. Se anche la pressione fiscale restasse li dov’è, sarebbe pur sempre elevatissima. Poco da stupirsi, dunque, se imprenditori o lavoratori che fossero in condizione di farlo sceglieranno di “sostituire” l’Italia con un’altra destinazione.