Criticare il “doppio standard” nell'Ue è legittimo, oltre che storicamente comprensibile

Erik Jones
“Non dichiariamo guerra, ma sulla legge di Stabilità non siamo al discount”, dice Renzi.
Detto ciò, prendere di petto Bruxelles e Berlino ha senso? Un girotondo di opinioni

Attaccare l’Unione europea e attaccare il doppio standard applicato dai paesi più potenti all’interno dell’Unione europea sono due cose diverse. Il governo Renzi fa bene a prendere di petto il doppio standard che vediamo all’opera. Nessuna organizzazione può sopravvivere se alcuni membri consentono agli altri di vivere secondo regole del gioco diverse. La sfida è assicurarsi che sia i governi dei paesi partner sia l’opinione pubblica italiana comprendano che in gioco c’è una questione di giustizia e non il fatto di essere “contro l’Europa”, “contro la Germania” o la sua leadership. L’appartenenza all’Unione europea è infatti nell’interesse nazionale dell’Italia; la popolazione di questo paese starebbe in condizioni molto peggiori se l’Ue non esistesse.  

 

Certo, anche l’Ue potrebbe funzionare molto meglio rispetto a oggi. Questa è una sfida ancora diversa, nella quale l’Italia potrebbe (e dovrebbe) esercitare un ruolo di leadership. Le priorità più ovvie sono un maggiore coordinamento della politica macroeconomica, poi l’Unione bancaria e infine la politica dell’immigrazione. L’attuale sistema di coordinamento delle politiche macroeconomiche pone un’enfasi eccessiva sull’austerity, in un momento in cui crescita e investimenti sarebbero più necessari. L’Unione bancaria ha ancora risorse insufficienti per sostenere il salvataggio o la risoluzione di grandi degli istituti finanziari; oltre a non essersi dotata di uno schema comune di garanzia dei depositi. Mentre la politica migratoria dell’Ue pesa troppo sulle spalle dei paesi di primo ingresso degli immigrati; l’Italia su questo è in prima linea, e in Grecia la situazione è anche peggiore. Non è poi così sorprendente che i paesi dell’Europa del nord attribuiscano un livello di priorità minore a questi tre temi. I mercati finanziari infatti ancora inondano quei paesi di capitali in abbondanza; le loro banche sono state salvate dallo stato all’inizio della crisi finanziaria, il che diminuisce ancora i possibili vantaggi di una messa in comune di risorse per il settore; l’immigrazione, infine, è diventata un problema per loro soltanto quest’anno. L’esperienza italiana, su quest’ultimo punto, è invece molto più duratura. Il governo Renzi, dunque, fa bene a insistere e a condividere pubblicamente il proprio punto di vista su come l’Ue debba essere migliorata, nell’interesse di tutti i suoi membri. 

 

Erik Jones è Professore di Studi europei ed Economia politica internazionale alla Johns Hopkins University