Una donna velata si guarda intorno seduta a un bazaar di Teheran durante le celebrazioni della 'Tasoua' (LaPresse)

Agenda Iran

Gabriele Moccia
Prende il via oggi la visita ufficiale della delegazione italiana in Iran guidata dal ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, e dal ministro per lo Sviluppo economico, Federica Guidi. L'Italia vuole recuperare la posizione di primo partner economico dell'Iran come prima delle sanzioni. Ecco le società, i manager al seguito della missione.

Roma. Sono passati i tempi in cui l'ex ministro degli Esteri, Gianni de Michelis, atterrava in Iran accompagnato da folte delegazioni, come ricordano i veterani della comunità italiana nella Repubblica Islamica. L'accordo sul nucleare iraniano ha però aperto una nuova fase, tale da giustificare l'arrivo a Teheran di una missione diplomatica che racchiude una parte importante del sistema paese. Le aziende di stato, con l'ad di Finmeccanica Mauro Moretti, quello di Eni, Claudio Descalzi, la galassia Cdp, presenti l'ad di Cassa, Fabio Gallia e quello del Fondo strategico, Maurizio Tamagnini. Il mondo delle banche: Giovanni Sabatini, dg dell'Abi e Giuseppe Scognamiglio di Unicredit. E tanti altri, tra i quali i vertici di Fincantieri, Anas, Tamini (gruppo Terna), Edison, Ansaldo Energia, Confindustria, Italferr ed Iveco. Insomma, gran parte dell'establishment economico, tutti al cospetto degli ayatollah.

 

I nodi aperti sono molti, al ministro dello sviluppo Federica Guidi il compito di scioglierli, riaffermando il ruolo dell'Italia, prima della scure sanzionatoria, quale primo partner commerciale, nonostante l'agguerrita competizione di tedeschi e francesi (che hanno già messo piede a Teheran). La partita principale è certamente quella energetica. Sul versante gas, la possibilità di inserire la capacità iraniana nella rete turca e azera - una  sorta di riedizione del sepolto progetto Nabucco – per farla arrivare direttamente in Italia, via Tap, è valutata molto attentamente dai rispettivi governi. Anche sul petrolio esistono forti convergenze. Da un lato, la Repubblica ha interesse a recuperare le quote sul mercato italiano (prima dell'embargo Ue Roma era il primo compratore), dall'altro per Palazzo Chigi è fondamentale procedere alla strategia di diversificazione delle fonti, causa impasse libica e difficoltà russe. Sullo sfondo resta qualche scoglio relativo ad alcune pendenze e al contenzioso legale che la National Iranian Oil Company (Nioc) deve risolvere con Eni (Darquain) ed Edison (Dayyer). Le major petrolifere occidentali spingono, più in generale, per una riforma dei contratti di settore e il passaggio dalle formule buy back a condizioni più incentivanti come i production sharing agreement o concession agreement (che la stessa Eni utilizza in Africa). Di interesse anche lo sviluppo elettrico, non è un caso la presenza di una controllata di Terna, la Tamini, specializzata nella produzione di trasformatori. L'Iran si sta urbanizzando a ritmi sostenuti e molte zone vivono continui blackout e cali di tensione.

 

Poi ci sono le banche. La riammissione di Teheran al circuito Swift è una vera rivoluzione. Intesa ed Unicredit, sino ad ora, si sono tenute fuori dal mercato iraniano, causa sanzioni, ma il previsto incontro dei vertici di Abi e Unicredit con il governatore della Banca centrale iraniana, Seif Valiollah, può servire a rafforzare dialogo e azioni. Infrastrutture. Cdp, Ance, Anas e gruppo Trevi partecipano alla missione con l'obiettivo di non perdere il treno degli investimenti che il presidente Rohani intende mettere in campo su una serie di comparti.

 

[**Video_box_2**]C'è l'alta velocità da completare e le tratte per il trasporto merci di collegamento tra Asia centrale e Golfo Persico. Ci sono le autostrade, l'ampliamento dei porti e quello degli aeroporti. Il ministro Guidi può giocarsi la carta della presenza, già sostanziosa, dei gruppi italiani sia nel Golfo sia in Turchia. Anche sull'automotive, nonostante Psa e il gruppo Daimler siano parecchio vicini ad un closing con Iran Khodro, l'Italia intende fare la sua parte, pur mancando all'appello della delegazione un rappresentante di Fca (c'è però Iveco). Del resto, come ha scritto in un recente report Ihs automotive, società specializzata in consulenze sul commercio con il Medio Oriente, l'Iran è l'ultimo grande mercato emergente per l'industria automobilistica internazionale: il 2015 registrerà un balzo a 1,2 milioni di vetture immatricolate; le previsioni degli analisti, con la fine delle sanzioni, vedono una crescita di 1,6 milioni per il 2016 e la concreta possibilità di raggiungere quota 2 milioni negli anni a venire. Finmeccanica? Per capire quanto il piatto sia ghiotto bastano le recenti dichiarazioni del capo dell'aviazione civile iraniana, secondo cui l'Iran intende acquistare tra gli 80 e i 90 aerei l'anno per i prossimi cinque anni per rinnovare la propria flotta.