
Foto Ap, via LaPresse
Di cosa parlare a cena stasera
I pericoli di una tv americana che non vuole infastidire Trump
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Trump ingaggia i media con l’abituale prepotenza, fa licenziare conduttori, polemisti, comici, persone con talento che divertono e creano dibattito pubblico e che, soprattutto, sanno criticare il potere e lo hanno sempre fatto. È in grado, come presidente e come personaggio debordante, di invadere lo spazio degli editori privati, senza riguardo alla proprietà e all’indipendenza, come se tutto fosse cosa dello stato, anzi, della presidenza. Il mondo privato resta attonito e, perlopiù, esegue. Questo dovrebbe preoccuparci anche più della protervia antidemocratica di Trump. Perché se le relazioni sociali, economiche e politiche nei paesi di tradizione democratica e liberale sono state travolte dal trumpismo e sono diventate qualcosa di transazionale, cioè da negoziare ogni volta, e non più garantite da un sistema di regole derivato dallo stato di diritto, allora bisogna attrezzarsi e bisogna essere capaci di tenere botta. Le aziende editoriali che mollano i loro campioni alle prime pressioni trumpiane sono quasi peggio del presidente offeso nel suo falso orgoglio dalle battute televisive.
Le tre "cose" principali
Fatto #1
Volodymyr Zelensky va in zona di guerra, a dare prova della tenuta militare ucraina e della possibilità di rovesciare completamente l’ultima offensiva russa (dopo tre anni e mezzo di tentativi tutti fermati). È un segno di forza e un segnale politico, che vale anche all’estero. Per gli Usa, perché capiscano che l’Ucraina è soprattutto in grado di resistere con le proprie forze e che ogni aiuto è marginale ma capace di portare risultati più che proporzionali. E per l’Europa, con intenti simili ma rafforzati dalla possibilità di integrare in modo più stabile le difese europee con quella ucraina.
E (forse) Keir Starmer riesce a far ragionare Trump almeno su qualche tema e a mantenere un forte interscambio commerciale con gli Usa (cosa che potrebbe avvantaggiare anche l’Ue). E poi, però, c’è il Trump sempre ambiguo e poco risoluto quando si tratta di tenere a bada Putin.
Fatto #2
Le molto scenografiche proteste francesi. Contro il governo che non c’è e contro altri nemici immaginari (e con qualche amico verso est purtroppo molto reale e poco immaginario). Il lunedì successivo uno sciopero simile lo fanno i sindacati di base.
Fatto #3
Qui la Cgil fa scioperi improvvisi per Gaza, non seguita dagli altri confederali. Operazione sindacalmente insensata e politicamente molto discutibile.
Oggi in pillole
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Non c’è giornata in cui non si chieda la pubblicazione degli Epstein files;
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Vetrine tedesche che fanno impressione;
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Eppure, si scava e si fanno tunnel (che è complicato come fare ponti, ma si può fare);
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C’è il tetano in giro e l’Italia se la cava peggio di tutti;
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Tutti negli Stati Uniti a fare politica industriale insieme allo stato, chissà come andrà a finire.