Foto di Roberto Monaldo, via LaPresse 

DI COSA PARLARE STASERA A CENA

Una manovra timida, senza sconvolgimenti

Giuseppe De Filippi

Idee e spunti per sapere cosa succede in Italia e nel mondo selezionati per voi da Giuseppe De Filippi

Per leggere la versione senza paywall, iscriviti alla newsletter Di cosa parlare stasera a cena a questo link. È gratis!


 

Nella manovra ci sono tanti piccoli cambiamenti, leggere sterzate o modeste correzioni (o lievi peggioramenti) e nessuna grande iniziativa, esclusa quella, impegnativa, sul Reddito di cittadinanza. Potrebbe essere un bene, perché le condizioni della finanza pubblica e l’efficienza media delle politiche riformiste in Italia suggeriscono di evitare scossoni, soprattutto perché non porterebbero risultati. Vale come esempio la parte previdenziale. Non si supera la legge Fornero, ma si dà un’uscita anticipata, a 62 anni, a una piccola platea di lavoratori, circa 40 mila, che hanno almeno 41 anni di contribuzione.

 

Insomma, tutto il rigetto salvinista per la legge in corso si trasforma in un modesto intervento, del quale non è detto che vogliano fruire neanche tutti i possibili destinatari. Anzi, la parte più importante delle novità riguarda proprio gli incentivi per restare al lavoro e raggiungere l’età piena da legge Fornero. Poi si lavora di cesello tra Ape sociale e Opzione donna, dando qualche proroga e qualche rifinanziamento. E anche per le rivalutazioni da inflazione c’è un tentativo di moderazione. Insomma, tutt’altro che sconvolgimenti.

 

Non è continuità con Mario Draghi, come si dice un po’ banalmente, ma è la prosecuzione del possibile fatto da vari precedenti governi. Lettianamente è un lavoro di cacciavite, arricchito dalla dichiarata prospettiva quinquennale, sulla quale conta la presidente Giorgia Meloni. Certo, manca la spinta verso l’ammodernamento dell’economia, perché prevale un approccio statalista, e quindi mancano sia intenti liberalizzatori, sia spinte verso maggiore concorrenza o verso più apertura nei settori professionali, dei servizi, delle concessioni. Ma quella è roba di altre maggioranze e di altri partiti. Quello che c’è sono le modifiche incrementali alla legislazione, cioè l’opposto delle grandi riforme, cose che funzionano se inserite in una stabile e prolungata attività di governo, un metodo Merkel, si potrebbe dire, da contrapporre alle spallate in stile Thatcher.

 

Avete già immaginato quante variabili possono ancora entrare in gioco e quanto il risultato sia lontano. Ma il tentativo è cominciato. Si diceva dell’eccezione dirompente della revisione/abolizione del Reddito di cittadinanza. Ci vogliono coraggio e molta capacità per realizzarla senza traumi sociali. Non è chiaro ancora con cosa il governo voglia sostituire gli attuali sussidi. Ma un piccolo paradosso storico potrebbe essere il recupero, in chiave puramente assistenziale (come da sue origini) del reddito di inclusione, rifinanziato e rafforzato. E la separazione piena tra i beneficiari del reddito di inclusione e che, restando nel reddito di cittadinanza, accetta i patti sulla ricerca di lavoro e sulla formazione. Il paradosso sta nella natura piddina e in parte anche renziana del reddito di inclusione, poi cancellato dal desiderio grillini di abolire la povertà. Il governo avrebbe comunque solo vantaggi dalla separazione dello strumento assistenziale da quello nato per avviare all’impiego.

 

Le tre "cose" principali

Fatto #1

La conferenza stampa di Giorgia Meloni

Fatto #2

La protesta del Pd. E la difesa del Reddito di cittadinanza del M5s

Fatto #3

Come la vede l’Ocse (c’è anche la crescita dell’Italia). E l’inflazione, prevista in calo

 

Oggi in pillole

Di più su questi argomenti: