Foto Mauro Scrobogna /LaPresse

DI COSA PARLARE STASERA A CENA

La grande occasione del governo su fisco e pensioni

Giuseppe De Filippi

Idee e spunti per sapere cosa succede in Italia e nel mondo selezionati per voi da Giuseppe De Filippi

Un po’ di curiosità c’è per capire come vanno a finire partite come quelle su pensioni, fisco, reddito di cittadinanza e altri strumenti assistenziali. Per vedere che succede ora che al centro del campo c’è Mario Draghi, con il suo metodo di governo diverso da tutti i predecessori a Palazzo Chigi e con la peculiare condizione politica del suo governo. Non facciamoci ingannare dal breve rinvio del consiglio dei ministri in cui si deciderà. Lo spostamento a giovedì non è neanche proprio un rinvio, ma è solo l’adeguamento alla prassi di questo governo, che tiene riunioni del consiglio ogni giovedì, rinunciando a un anticipo di due o tre giorni, dal quale sarebbe venuto solo uno smacco alle parti sociali. Invece ora è possibile dedicare la prima metà della settimana a raccogliere le indicazioni di sindacati e datori di lavoro sui temi previdenziali. Il confronto lo ha proposto lo stesso Draghi, ma non lo ha trasformato in un vero tavolo di concertazione. Anche perché, in questa fase, la posizione degli imprenditori è duramente contrapposta a quella dei sindacati. È, si potrebbe dire, l’ideale per lo stile Draghi.

Anche rispetto alle richieste dei partiti. In molti hanno notato, aldilà delle smentite di rito, che la Lega, già alfiere di quota 100, quando si tratta di evitare modifiche in senso rigorista alle regole di accesso alla pensione, lancia minacce molto spuntate verso il resto della maggioranza. Il Matteo Salvini di qualche anno fa non avrebbe neppure consentito di avviare la discussione, almeno con suoi ministri al governo. Ora fa un po’ di facce brutte, manda avanti un redivivo Claudio Durigon, ma non colpisce davvero. Per il governo c’è la possibilità di cogliere un momento quasi fatato, superando anche il regime delle quote (che sia 100, 102 o 104 a noi non piace comunque, ha detto il presidente di Confindustria Carlo Bonomi) per tornare a una, per quanto dura, normalità, ovvero a regole stabili e valide per tutti.

 

Le tre "cose" principali

Fatto #1

Perché poi un bel po’ da fare c’è anche per il futuro di Mps, anche se le ultime indicazioni sembrano spingere verso soluzioni alternative a Unicredit, ovviamente, ma senza correre. La stessa posizione delle autorità europee ha fatto capire che non ci saranno ultimatum su temi tosti, come la ricapitalizzazione o l’indicazione di un socio forte.

 

Fatto #2

Tenta una retromarcia tattica il portavoce del presidente polacco Mateusz Morawiecki. L’intervista al Financial Times in cui evocava scenari una risposta bellica di fronte al blocco dei fondi Ue alla Polonia è sembrata davvero troppo. Il portavoce parla di un’iperbole, per dire che le parole del suo presidente rappresentavano un’esagerazione fuori misura utile a farsi capire. La commissione non sembra troppo intenerita dalla smentita. E ora, pur in un tentativo di recuperare almeno il minimo dialogo, la situazione si fa molto difficile. Utile è il ruolo di mediatore, con toni corretti e antiretorici, di Donald Tusk, il politico polacco esponente dell’ala europeista (e già capo della politica estera della commissione europea).

Mentre il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, dopo il colpo di teatro sugli ambasciatori di dieci paesi, sembra intenzionato a lasciar stare, a non espellere nessuno e ad accontentarsi di una dichiarazione formale di rispetto per le leggi turche e alcune convenzioni internazionali.

 

Fatto #3

In Sudan, invece, non ci sono passi indietro né trattative. Uno dei pochi esperimenti democratici africani dal quale si aspettava un sostanziale progresso per il paese è stato interrotto dai militari e qualche uomo forte sarà presto al potere.

 

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