Emmanuel Chidi Namdi, 36 anni, con la moglie

Il profugo nigeriano pestato di botte da un razzista e le donne che in Siria si sposano senza mariti

Redazione

    DELITTI
     

    Emmanuel Chidi Namdi, 36 anni. Nigeriano, sposato con Chimiary, 26 anni. I due erano scappati dal loro Paese dopo che gli integralisti di Boko Haram avevano fatto saltare per aria la chiesa con dentro la figlioletta di due anni e i genitori di entrambi. Arrivati in Libia, un trafficante di esseri umani aveva picchiato Chimiary facendole perdere il secondo figlio che portava in grembo. La coppia, riuscita a salire su un gommone e a scampare alla traversata, era risalita dalla Sicilia alle Marche e da otto mesi era ospitata da don Vinicio Albanesi nel seminario arcivescovile di Fermo. Lunedì pomeriggio Emmanuel e la moglie, passeggiando in via XX settembre, incrociarono due uomini che stavano seduti su una panchina. Uno dei due, Amedeo Mancini, 39 anni, titolare di una piccola azienda agricola e storico ultrà della Fermana, simpatizzante di estrema destra, precedenti per risse, un metro e novanta d’altezza, testa rasata, tatuaggi sulla gamba e su un braccio, prese a urlare contro Chimiary: «Sei una scimmia africana». La donna non disse nulla, poi però cominciò a gridare quando l’uomo le strinse il braccio e il collo. Il marito intervenne per fermare l’aggressore, tra i due volarono calci e pugni, a un certo punto Emmanuel sradicò un segnale stradale e con quello colpì Mancini allo stomaco facendolo cadere a terra. Mentre si allontanava dal luogo della rissa l’altro lo raggiunse e gli sferrò un gancio in piena faccia che lo fece crollare a terra (morto in ospedale dopo un giorno d’agonia).
    Alle 17 di martedì 5 maggio nel centro di Fermo, poco più di 37mila abitanti nelle Marche.

     

    Francesco Dileo, 39 anni. Commerciante di San Ferdinando di Puglia, incensurato, l’altra mattina era al mercato del pesce di Barletta per fare rifornimento per la sua attività quando due a bordo di uno scooter, i volti coperti da bandane, gli spararono quattro colpi di pistola all’inguine, alla gamba e al ginocchio (morto in ospedale dopo ore d’agonia). Gli inquirenti non escludono uno scambio di persona.
    Alle 7 di mattina di domenica 3 luglio in piazza Marina a Barletta, in Puglia.

     

    Daniel Napolitano, 24 anni. Di Vercelli, magazziniere, a detta di tutti «un pezzo di pane, bravo e tranquillo», viveva con la madre nel rione Concordia. Vicino a lui abitava, assieme alla nonna ottantenne, il suo migliore amico: Alessandro Rizzi, 23 anni, studente universitario, noto alle forze dell’ordine e con alcune condanne alle spalle. Costui a detta dei vicini si drogava, spesso usciva fuori di testa e aveva rimediato l’ultima denuncia, non più tardi di un mese fa, perché non avendo di meglio da fare s’era messo a sparare biglie d’acciaio contro le vetrate di un ufficio postale. Mercoledì scorso i due amici passarono la serata insieme, a un certo punto il Napolitano si rifiutò di dare una sigaretta al Rizzi e quello allora, afferrato un coltello, glielo infilò sei volte nella schiena.
    Verso le 21.30 di mercoledì 6 luglio nel cortile di una palazzina delle case popolari di via Martiri del Kiwù, nel rione Concordia, a Vercelli.

     

    Beau Solomon, 19 anni. Americano del Wisconsin, viveva a Spring Green, piccola comunità non molto distante dalla capitale Madison, con la madre, il padre e tre fratelli. Ragazzone di quasi cento chili, una grande passione per lo sport, faceva il quarterback nella squadra locale di football ma amava anche il basket e il golf. Aveva finito il college in soli tre anni, voleva studiare all’estero, da grande sognava di fare il politico o l’avvocato. Da bambino era stato colpito da una rara forma di cancro. Ci aveva combattuto per dieci anni, l’avevano salvato chemio e radioterapie e il suo caso aveva commosso gli americani perché nel 2005 era stato uno dei 15 bambini della «Make a Wish Foundation», la fondazione che realizza i desideri dei bambini gravemente malati: aveva potuto incontrare il suo idolo Brett Favre, il quarterback campione dei Green Bay Packers, squadra della National Football League. Arrivato a Roma nella mattinata di giovedì 30 giugno per frequentare un corso di economia di cinque settimane alla John Cabot University in via della Lungara, a Trastevere, quella sera, con undici colleghi, era andato a fare un giro nel rione, poi si era seduto in un bar in vicolo del Cinque e lì aveva mandato giù parecchie birre. Dopo l’una e mezza di notte fu avvicinato da qualcuno, pare due ladri specializzati in turisti alticci, che gli rubò cellulare e portafogli. Forse per inseguirli finì poi, barcollante e confuso, nella banchina sul Tevere sotto ponte Garibaldi. I cani svegliarono il gruppo di punkabbestia che viveva lì e l’americano si imbatté in Massimo Galioto, 41 anni, siciliano d’origine, che dormiva in una tenda azzurra con la compagna Alessia e il suo cane. Tra i due scoppiò una lite e dopo uno scambio di spintoni Salomon finì in acqua, sbatté la testa contro una pietra, e annegò. Nel frattempo Galioto come nulla fosse era tornato nella sua tenda e s’era rimesso a dormire.
    Notte tra giovedì 30 giugno e venerdì 1° luglio sulla banchina del Tevere all’altezza di Ponte Garibaldi a Roma.

     

    AMORI
     

    BIGAMO Lo scrittore Mario Vargas Llosa ha chiesto la mano a Isabel Preysler, 65 anni, ex modella filippina e madre di Enrique Iglesias. Lei ancora non ha detto sì. Nel caso Vargas Llosa sarebbe bigamo. Infatti anche se con l’ex moglie Patricia (una cugina sposata nel 1965 da cui ha avuto i figli Alvaro, Gonzalo e Morgana) hanno concordato in Spagna la separazione, l’atto non è stato trascritto in Perù dove vive con Isabel. Inoltre pare che Patricia ci abbia anche ripensato. Mario Vargas Llosa e Isabel Preysler si sono conosciuti trent’anni fa, quando lei faceva a tempo perso la giornalista e lo intervistò per Hola. La donna, già separata da tempo da Julio Iglesias, si era nel frattempo presa e lasciata con il secondo marito, il marchese di Griñón Carlos Falcó, e stava per sposare il terzo, Miguel Boyer, ministro delle Finanze spagnole. Preysler e Vargas Llosa per lungo tempo hanno continuato a vedersi in amicizia con i rispettivi consorti, fino alla rivelazione avvenuta pochi anni fa (Maria Luisa Agnese, Corriere della Sera 4/6).

     

    ZIA Mario Vargas Llosa a 18 anni si innamorò della zia materna Giulia, di 10 anni più grande. Sconvolse la famiglia fuggendo con lei per sposarla e in quanto minorenne falsificò i documenti: a tutto ciò ha dedicato nel 1977 il romanzo Zia Giulia e lo scribacchino (ibidem).

     

    FESTE In Siria sempre più comuni i matrimoni senza sposo. Le donne celebrano l’unione tra gli applausi e le danze dei parenti, indossano l’abito bianco, chiamano il fotografo, comprano la torta. Molti uomini sono fuggiti all’estero: l’anno scorso, per esempio, l’esodo verso l’Europa è stato soprattutto maschile. È composta da uomini anche la maggioranza dei 400mila siriani morti in cinque anni di conflitto. Intere città e tanti paesini sono popolati soprattutto da donne, anziani e ragazzi. Nei campus universitari ci sono quasi solo studentesse, molti negozi e ristoranti hanno personale femminile. Le donne sono diventate le capofamiglia. Queste feste sono diventate così abituali che ormai sembra bizzarro il matrimonio dove c’è anche l’uomo. Dice una studentessa di Qamishli: «Mi ricordo di essere stata a un matrimonio in cui lo sposo era presente, continuavo a fissarlo, era così strano» (Viviana Mazza, Corriere della Sera 8/7).

     

    NEVADA Aaron Chervenak, di Los Angeles, si è sposato con il suo iPhone. È andato in Nevada dove, secondo il proprietario della cappella in cui si è celebrato il rito, l’uomo voleva fare un gesto simbolico. Lo sposo ha spiegato: «Ci connettiamo con i nostri telefoni su tanti livelli emotivi. Lo controlliamo per calmarci, sorridere, prender sonno, rilassarci. Cioè, secondo me, tutto quello di cui è fatta una relazione. E in questo senso il mio smartphone ha rappresentato la relazione più lunga, ecco perché ho deciso di sposarlo» (Ansa 4/7).

     

    AQUILE Le aquile di mare testabianca (Haliaeetus leucocephalus) quando si mettono insieme è per sempre. Una volta scelto il partner, si accoppiano solo con quello e ogni anno tornano nello stesso nido. Il loro rituale di corteggiamento consiste nella “spirale della morte”: i due uccelli si librano ad alta quota, poi si afferrano per gli artigli e si lasciano cadere roteando verso terra. Si staccano e riprendono a volare solo poco prima di schiantarsi al suolo (Patricia Edmonds, National Geographic 7/2016).

     

    PROTEROGINICI Le cernie (Ephinephelinae) sono ermafroditi proteroginici, cioè nelle loro gonadi coesistono gameti maschili e femminili. Quest’ultimi maturano prima, così fino all’adolescenza, che corrisponde circa a 3 chili di peso, sono femmine. Poi, quando arrivano a 10 chili, diventano maschi pronti per riprodursi. Le cernie vivono in gruppi dove praticano promiscuità sessuale. Se in un gruppo non c’è un numero sufficiente di maschi, la femmina più grossa si sacrifica e muta sesso (Elena Stancanelli, la Repubblica 2/7).

     

    CESOIE Una donna giapponese, per nascondere la tresca avuta con il capufficio, ha detto al marito di essere stata da quello costretta ad avere rapporti sessuali. Lo sposo, pensando di vendicarla, lo ha evirato con delle cesoie da giardino. Durante il processo la donna ha ammesso la relazione extraconiugale, il reo ha chiesto scusa (ma è stato condannato a 4 anni e 6 mesi di carcere) (Adnkronos 6/7).

     

    MALESSERE Secondo una ricerca pubblicata dal New York Times esiste una relazione tra infelicità coniugale e malessere fisico. Robert Levenson, professore di psicologia a Berkeley, ha monitorato dagli anni 80 a oggi delle coppie, osservando come la litigiosità abbia un effetto sul benessere. I ricercatori hanno confrontato le reazioni annotate durante i litigi – occhi sbarrati, voce alta, bocca serrata – con i questionari raccolti sulla salute: è emerso che chi fa scoppiare la rabbia – soprattutto gli uomini – ha palpitazioni e pressione alta. Chi invece assume un atteggiamento passivo, tende a ingobbirsi e a sviluppare dolore al collo e alla schiena (Michela Proietti, Corriere della Sera 9/7).