
I coniugi massacrati da un ivoriano e il matrimonio di Calderoli
DELITTI
Natalina Badini, 71 anni. Bresciana, sposata con l’imbianchino in pensione Bruno Caprioli, 76, un figlio di nome Marco, in passato aveva lavorato in un forno e poi s’era aperta una lavanderia ma quindici anni fa aveva cominciato a soffrire di disturbi mentali: da allora non usciva più di casa e diceva a tutti che voleva morire. L’altra mattina all’alba il marito, che da sempre l’accudiva con amore ma di vederla ridotta in quello stato non ne poteva più, si alzò dal letto, andò in cucina, prese un coltello e mentre dormiva le infilò la lama cinque volte nel petto. Quindi telefonò al figlio, gli disse «ho ucciso mamma», e poi si imbottì di barbiturici ma non riuscì a morire perché arrivarono i soccorsi e i carabinieri.
All’alba di martedì 2 settembre al quinto piano di una palazzina di via Martiri della Libertà a Lumezzane, nel Bresciano
Omayma Benghaloum, 34 anni. Originaria della Tunisia ma residente a Messina, mediatrice culturale impiegata all'Ufficio immigrazione della Questura, sposata con Faouzi Dridi, 53 anni, madre di quattro bambine, giovedì notte, dopo aver assistito la polizia durante lo sbarco di 800 mila migranti al molo Marconi, rientrò in casa e si trovò di fronte il marito che in preda a una crisi di gelosia le suonò un bastone più volte in tutto il corpo fino a lasciarla stecchita sul pavimento. La mattina dopo l’uomo, tenendo per mano le figliolette, andò a raccontare tutto alla polizia.
Notte di giovedì 3 settembre in via Comunale a Messina.
Anatolij Korol, 38 anni. Ucraino, sposato con Nadiya, tre figli, residente a Castello di Cisterna nel Napoletano, l’altra sera con la bimba più piccola andò a fare la spesa nel supermercato sotto casa. Uscendo vide due che armati di pistola minacciavano la cassiera intimandole di consegnare l’incasso, allora lasciò la piccola e il carrello, tornò indietro, gli saltò addosso, ma quelli esplosero più colpi che lo centrarono al petto e a una gamba.
Sera di sabato 29 agosto nel supermercato Piccolo di via Selva a Castello di Cisterna, nel Napoletano
Cezara Musteata, 18 anni. Moldava, studentessa dell’istituto Bagatta di Desenzano, «solare, dolcissima, brava a scuola», viveva a Gozzolina con la mamma Svetlana e il fratello maggiore Alex. Per mesi aveva avuto una relazione con un uomo molto più vecchio di lei: Luigi Cuel, 41 anni, magazziniere di Calcinato, tipo «taciturno e introverso» che l’aveva pure presentata a sua madre. Poi i primi di agosto l’aveva lasciato e aveva preso a frequentare uno della sua età. Da allora il Cuel, a detta di amici e parenti, s’era fatto sempre più strano e più depresso. L’altro giorno chiese un permesso al lavoro e le diede appuntamento in un maneggio abbandonato per un «incontro chiarificatore». Invece quando lei arrivò le fece bere con l’inganno un sedativo, le strinse attorno al collo delle fascette da elettricista e poi la finì a coltellate. Quindi poggiò sull’erba un pannello di legno con attaccate le foto di loro due insieme, legò una corda a un albero lì vicino, l’altro capo se lo girò attorno al collo, e si lasciò penzolare.
Sera di martedì 1 settembre fra le colline di Sedena di Lonato, nel Bresciano
Antonia Rotella, 90 anni. Di Catanzaro, nubile, viveva da sola nel centro della città. L’altro pomeriggio nel suo appartamento si intrufolò un Leonardo Procopio di anni 46, alle spalle precedenti per rapina, che le saltò addosso, la picchiò, la legò, e siccome la signora si rifiutava di dirgli dove teneva soldi o preziosi, la strangolò. Poi rovesciò tutti i cassetti finché non trovò sessanta euro e una manciata di gioielli che s’andò a vendere, per duemila euro, da un Compro oro.
Verso le 17 di sabato 22 agosto in un appartamento in via Alessandro Turco a Catanzaro
Vincenzo Solano, 68 anni, meccanico in pensione, e sua moglie Mercedes Ibanez, 70 anni, casalinga, spagnola della provincia di Barcellona. Un passato da emigranti in Germania, vivevano in una villetta a Palagonia, provincia di Catania. Sabato sera Solano aveva giocato fino alle 20 a briscola nel circolo per gli anziani del paese, poi era stato in casa della figlia: la nipotina voleva andare a dormire da lui ma ci ripensò proprio all’ultimo minuto. Con la moglie erano andati a letto presto e stavano già dormendo da un po’ quando s’intrufolò in casa loro, passando attraverso una finestra aperta, l’ivoriano Mamadou Kamara, 18 anni, sbarcato l’8 giugno a Catania su un barcone e ospite al Centro di accoglienza per rifugiati e richiedenti asilo di Mineo. Sentirono i rumori e si alzarono, mezzi nudi com’erano, per vedere cosa stesse accadendo. Kamara, sorpreso, a lui fracassò la testa con una tronchese e poi gli tagliò la gola, a lei la riempì di botte, la stuprò, e la scaraventò giù dal balcone. Quindi prelevò telefonino, videocamera e qualche gioiello che mise in un borsone, si vestì con gli abiti e le ciabatte di Solano e se ne andò. Fu fermato dagli agenti all’ingresso del Cara di Mineo, incuriositi dal pesante borsone che portava con sé. Provò a giustificarsi: «Il cellulare l’ho trovato sotto un albero per strada».
Notte tra sabato 29 e domenica 30 agosto, in una villetta di via Palermo, a Palagonia, provincia di Catania
AMORI
TORMENTONE Dario Fo si innamorò di Franca Rame guardandola in una fotografia in bianco e nero: «La prima volta la vidi in una foto a casa di sua madre. “Che bella”, dissi. “È mia sorella”, spiegò la Pia. “La vedrai presto”. Avevo firmato un contratto per la compagnia del marito. Ci saremmo trovati nello stesso spettacolo». La trovò bella anche di persona: «Era diversa dalle ragazze che incontravo a teatro. Leggeva molto, autori italiani ma anche angloamericani. E sapeva di teatro più lei di tutti i registi che avevo conosciuto. Mi colpì un gesto della mano, che le avrei visto fare tante volte sulla scena. In trenta secondi coglieva l’umore del pubblico. E alzando il braccio ci diceva: date ritmo, incidete». Per corteggiarla dovette usare una tattica: «Avevo capito che c’erano un sacco di pretendenti, ma io avevo poche possibilità. Ero stato appena licenziato, quindi fuori registro. L’unica cosa che potevo fare era mettermi da parte. Quando lei mi guardava sulla scena, anche a venti metri di distanza, io facevo il gioco di andare oltre con lo sguardo». Alla fine funzionò: «Una sera mi buttò sul muro e mi baciò. Il senso era: come ti permetti di non vedermi?». Il giorno che le chiese di sposarlo: «Era un momento difficile a teatro. Franco Parenti non voleva tra i piedi la sua compagna, così cercava di allontanare dalla compagnia anche Franca. La portai in un bar vicino a Porta Romana, dove poi avremmo vissuto. “Dai, facciamo il punto”, dissi a Franca. “Loro vogliono farti fuori. E io ti sposo”. Ha dovuto forzare molto per non piangere. Ci stavamo inventando la nostra vita insieme». Il loro rapporto, dice, era fondato anche sul contrasto: «Era fondamentale per tutto quello che facevamo. Purtroppo quasi sempre avevo torto io. Franca intuiva le cose da lontano. Ascoltava, guardava. E difficilmente si sbagliava sulle persone». Ci furono delle difficoltà, soprattutto per l’interesse che lui mostrò verso altre donne, finché una volta la Rame in tv fece satira su lui e le sue ragazze innamorate, annunciando di volerlo lasciare: «L’appresi anche io dalla tv. Era già un mese che non ci si vedeva. Ricevetti una telefonata, lei mi parlò a lungo». Alla fine tutto si risolse. Ora la sogna tutte le notti: «La sogno da ragazza. O che uno spettacolo è saltato e studiamo una soluzione alternativa. Oppure mentre facciamo bellissimi viaggi, però poi non la trovo più. La cerco e Franca non c’è. Purtroppo funziona sempre così: compare e poi nel finale sparisce. Un tormentone tragico che mi fa svegliare con dolore».
Simonetta Fiori, la Repubblica 24/8
MANDIBOLA Sabato il vicepresidente del Senato, Roberto Calderoli, si è sposato con Gianna Gancia, ultima presidente della Provincia di Cuneo e attuale capogruppo per la Lega Nord nella Regione Piemonte. Il matrimonio al municipio di Narzole, alle ore 11, con pochi amici e parenti. A fare da testimoni le zie di Gianna, il fratello Paolo e l’amica Gabriella Giordano. La cerimonia è stata celebrata da Anna Mantini, già assessore nella giunta provinciale. Il matrimonio è arrivato dopo un rapporto sentimentale che dura da 14 anni. Calderoli, dentista figlio e nipote di dentista (a Bergamo dicevano: «Se ol to dént al gh’à ’l careul, te gh’è de ’ndà dai Caldereul», dove per «careul» si deve intendere il tarlo del legno, la carie dentale), è politico molto apprezzato e preparato e da ultimo si è inventato un generatore automatico di emendamenti per mettere in crisi il governo. Alla prima moglie diceva: «Sabina hai una bellissima mandibola e una splendida mascella».
Aldo Grasso, Corriere della Sera 30/8
DONATORI A un anno dalla sua apertura, la banca nazionale del seme del Regno Unito ha solo nove donatori registrati. È stata aperta grazie a un finanziamento pubblico circa un anno fa presso il Women’s Hospital di Birmingham per soddisfare una carenza di donazioni e far fronte alla crescente domanda, soprattutto da parte di donne in età avanzata e da coppie formate da persone dello stesso sesso. Diverse le cause della scarsità di seme. Per prima la legislazione in materia di anonimato: dal 2005 nel Regno Unito un bambino nato da una donazione può richiedere di conoscere l’identità del padre biologico una volta diventato maggiorenne. Inoltre, gli standard richiesti ai donatori sono alti: i volontari devono avere un seme di ottima qualità, sono obbligati per quattro mesi ad andare due volte a settimana in clinica e ad astenersi dai rapporti sessuali o dalla masturbazione almeno due giorni prima di ogni donazione. Infine, la retribuzione è di soli 48 euro a seduta. Ora l’istituto si prepara a lanciare una campagna per arruolare più donatori: la direttrice della banca del seme, Laura Witjens, vuole solleticare la virilità. «Se annunciamo “Uomini, dimostrate il vostro valore, mostrate quanto siete bravi”, avremo centinaia di donatori». Già nel 2014 aveva tentato una campagna simile: era stata in una delle più trafficate stazioni ferroviarie di Londra alla ricerca di donatori invitandoli a indossare magliette con scritto: «Sono un uomo molto speciale» e «Sono un donatore di sperma», però con scarsi risultati.
ilPost.it 2/9


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