Sandra Milo con Marcello Mastroianni in 8 e 1/2 di Fellini

I misteri sul delitto dei coniugi di Brescia e il culo di Sandra Milo per Fellini

Redazione
Dal rumeno che ha strangolato la moglie alle bugie di Califano a Mita Medici, il meglio delle notizie di cronaca nera e rosa della settimana.

    DELITTI


     

    Corriere della Sera, venerdì 21 agosto. Si infittisce il mistero sull’omicidio di Francesco «Frank» Seramondi e della moglie Giovanna Ferrari. Muhammad Adnan e Sarbjit Singh, il pakistano e l’indiano responsabili materiali del delitto restano in cella. Il gip ha convalidato l’arresto e disposto la custodia cautelare in carcere, ma ancora tanti tasselli devono essere messi al loro posto per avere il quadro completo della vicenda. A cominciare dalle confessioni che non collimano, con il pakistano che si autoaccusa, ma attribuisce all’indiano un ruolo e una consapevolezza che l’indagato respinge: «Non sapevo volesse uccidere». Così come il ruolo giocato nell’aggressione del primo luglio quando venne ferito il dipendente di Frank, l’albanese Arben Corri, con una pistola che non è ancora stata ritrovata. Adnan sostiene che a sparare fu Singh, mentre quest’ultimo giura che nemmeno era presente, benché gli accertamenti della squadra Mobile abbiano rilevato che il suo cellulare agganciò la cella telefonica di Mairano. «Quel giorno avevo prestato il telefono a Adnan» ha ribadito l’indiano.

     

    Resta ancora da chiarire la situazione patrimoniale e finanziaria delle vittime, oltre che del pakistano, concorrente in affari con la pizzeria a pochi metri da quella del delitto. Una situazione che, dopo il ritrovamento di oltre 800 mila euro in contanti trovati nella disponibilità delle vittime, di alcuni familiari e di due dipendenti, si ingarbuglia ulteriormente con la scoperta di alcuni assegni relativi alla vendita del locale di Frank ma mai incassati. Gli assegni sono stati trovati nei faldoni della contabilità dei coniugi uccisi. Le spiegazioni fornite da chi custodiva il contante di Seramondi non soddisfano gli inquirenti e la Guardia di Finanza sta effettuando una serie di approfondimenti ed è in attesa di alcune risposte bancarie. Da approfondire ancora anche i rapporti tra il pakistano e l’indiano, assoldato per 5.000 euro (ha incassato solo 500 euro) e le persone che avrebbero fornito l’arma, un fucile da caccia a canne mozze rubato nel Cremonese nel 2011 e la concessionaria, sempre nel Cremonese, dove è stato acquistato per 330 euro il motorino senza targa usato per raggiungere il luogo dell’omicidio. Adnan sostiene che la targa in cartone è stata preparata da Singh e sistemata sul motorino prima di mettere in atto l’omicidio, mentre quest’ultimo dice di non sapere nulla dell’acquisto dello scooter, né men che meno dell’acquisto dell’arma.

     

    Tante domande sono ancora in attesa di risposte. Ma per il gip c’è una certezza, «la clamorosa pericolosità e disposizione violenta» dei due indagati. Oltre alla premeditazione. «Adnan dal novembre 2014 progettava l’omicidio e Singh vi aderiva in cambio di un vile corrispettivo» scrive il giudice. Il pakistano, difeso dall’avvocato Claudia Romele, non ha negato ma ha precisato che non aveva intenzione di uccidere la signora Giovanna: «È stata una fatalità». La sua determinazione era comunque forte, tanto che Seramondi gli ha lanciato contro alcune teglie, ma il pakistano lo ha freddato. Sul movente confessato dal pakistano, considerato sproporzionato, il giudice non si è espresso, ma quel che è certo è che Adnan covasse rancore nei confronti di Frank e del suo dipendente Arben Corri (nell’auto dell’albanese la polizia aveva trovato due grammi e mezzo di cocaina, ma i successivi riscontri investigativi non hanno messo in evidenza alcun legame dell’albanese con soggetti legati all’attività di spaccio). Anche il ferimento, per Adnan, aveva uno scopo: «Dopo l’aggressione la polizia avrebbe effettuato più controlli nella nostra zona».

    Wilma Petenzi

     

    Fanica Stamate, 47 anni, e Gheorghe Sandu, 64. Romeni, marito e moglie, muratore lui, domestica lei, vivevano a Reggio Calabria e spesso i vicini li sentivano urlare perché l’uomo, geloso alla follia, le faceva scenate continue. Giorni fa, durante l’ennesima discussione, il Sandu le strinse le mani attorno al collo finché non smise di respirare e subito dopo prese una corda, la legò a una trave, l’altro capo se lo passò attorno al collo, e si lasciò penzolare. I cadaveri, trovati giovedì 20 agosto, mezzi putrefatti, dai carabinieri, chiamati dai vicini perché da quell’appartamento arrivava un odore nauseabondo.

    Prima di giovedì 20 agosto in un appartamento nel centro di Reggio Calabria

     

     

     

    SUICIDI


     

    Mauro Cabodi, 38 anni. Agricoltore di Caselle Torinese, «bravo ragazzo» tutto dedito al lavoro nei campi e nelle stalle, da un anno faceva sesso a pagamento con una prostituta romena di 32 anni. L’altro giorno dopo un rapporto in auto le chiese di diventare la sua fidanzata, lei rispose di no e allora lui prese una chiave per i bulloni degli pneumatici e con quella la colpì quattro volte alla testa. Poi, forse credendola morta, tornò nella sua cascina, legò una corda a una trave, l’altro capo se lo legò intorno al collo, e si lasciò penzolare. La donna, trovata mentre vagava per la campagna nuda e insanguinata, tutta confusa, finita in ospedale con la frattura della scatola cranica e varie ferite al volto.

    Martedì 18 agosto a Caselle Torinese

     

     

    AMORI


     

    LETTERE Albert Einstein e Mileva Maric si sposarono con matrimonio civile nel 1903 ma nel 1914, dopo tre figli (uno dei quali morto neonato), entrarono in crisi. Il genio della fisica non era un uomo fedele, e tra le numerose relazioni extraconiugali ci fu anche quella con sua cugina Elsa (che diventerà la sua seconda moglie). A quell’epoca Einstein scrisse a Mileva una lettera in cui le dettava condizioni spietate: «Ti assicurerai che: 1. i miei vestiti e il mio bucato siano sempre tenuti in buon ordine. 2. che riceverò i miei tre pasti regolarmente e nella mia stanza. 3. che la mia stanza e il mio studio siano sempre puliti, e specialmente che il mio tavolo sia riservato al mio esclusivo utilizzo. B. Rinuncerai a tutte le relazioni personali con me, a meno che non siano strettamente necessarie per ragioni di etichetta e di vita sociale. In particolare ti asterrai: 1. dal sederti accanto a me in casa; 2. dall’uscire o viaggiare con me. C. Ti atterrai ai seguenti punti per regolare le relazioni personali con me: 1. Non ti aspetterai alcuna intimità da me, e non mi rimprovererai in alcun modo per questa mancanza. 2. Smetterai di parlare, se io ne farà richiesta; 3. Lascerai immediatamente la mia stanza da letto o il mio studio, senza protestare, quando io ne farò richiesta». Pochi mesi dopo Mileva prese i figli e abbandonò il marito a Berlino. Il divorzio arrivò cinque anni dopo.
    Il Giornale 14/8

     

    DIVORZIO 1 Secondo le stime dell’Associazione Matrimonialisti Italiani, l’entrata in vigore, lo scorso 26 maggio, della legge che velocizza le procedure per il divorzio, ha determinato un boom di richieste. La maggior parte dei richiedenti è nella fascia 44-54 anni – l’età media è 44 anni lui, 41 lei, spesso sposati da poco – ma aumentano anche gli over 65: rappresentano circa il 20% del dato complessivo. Erano il 13% appena cinque anni fa e addirittura il 4-5% venti anni fa. A prescindere dall’età dei richiedenti, le richieste di separazione e divorzio, a seguito della nuova legge, sono raddoppiate. L’anno scorso, nella prima metà dell’anno, ne erano state presentate circa 50mila. Quest’anno saranno circa centomila.
    Valeria Arnaldi, Il Messaggero 17/8

     

    DIVORZIO 2 «Probabilmente il divorzio ha all’incirca la stessa età del matrimonio. Credo però che il matrimonio abbia qualche settimana di più» (Voltaire)
    ibidem

     

    CALIFANO Mita Medici, a 17 anni, ebbe «una storia importante» con Franco Califano: «Lui era già un giovane uomo. Me ne parlava continuamente il nostro amico comune Gianni Minà: io me lo immaginavo proprio come un vero Califfo in stile Ali Babà. Uno grosso, grasso, con il turbante in testa, le piume, gli anelli, i bracciali». Invece «era bellissimo, di grande fascino. Quella sera cominciammo a parlare e per me, che ero poco più di una ragazzina e che quelli della sua età li consideravo dei “matusa”, mi sembrava quasi strano ritrovarmi affascinata. Era gentile, dolce, pieno di accortezze, iniziò a corteggiarmi, mi conquistò e andammo a vivere insieme». La loro casa era una sorta di comune: «Nella stessa palazzina vivevano tanti altri artisti, tra i quali Renzo Arbore. La sera ci riunivamo a casa degli uni o degli altri, si faceva musica, si cucinava, si cantava. Ne ho un ricordo straordinario, era un tempo di grande creatività». Poi la storia finì. «Lo lasciai perché mi aveva detto una bugia. Mi aveva detto che era in un posto, invece era in un altro». Questione di donne? «Non ricordo, forse sì, o forse era solo il fatto che mi aveva detto una cosa per un’altra e allora pensai: se mi mente su una questione così banale, quante altre volte mi avrà mentito e mi mentirà? Detto fatto, me ne andai. Ma la nostra relazione continuò a durare nell’amicizia e nell’affetto che ci ha legato fin quasi alla fine».
    Emilia Costantini, Corriere della Sera 19/8

     

    TROFEO La giornalista Selina Scott ha rivelato che Donald Trump aveva un debole per la principessa Diana e quando il matrimonio con Carlo finì arrivò a perseguitarla. «Bombardò Diana con enormi bouquets di fiori, ciascuno del valore di centinaia di sterline». Quei regali erano accompagnati da bigliettini in cui il miliardario americano esprimeva «la sua grande considerazione per la principessa» ma con insistenza vagheggiava un futuro da condividere sotto lo stesso tetto. «Chiaramente Trump vedeva Diana come l’ultima moglie trofeo» da esibire. Di questi bigliettini non c’è traccia. Però Selina Scott giura che Diana «cominciò ad avvertire la sensazione di essere perseguitata da Trump e me lo disse». «Come mi devo comportare?», le domandò durante una cena. E aggiunse: «Mi sta facendo accapponare la pelle». «Io le suggerii di gettare i bigliettini nella pattumiera».

    Fabio Cavalera Corriere della Sera 17/8

     

    CULO Sandra Milo a proposito di Federico Fellini, con cui ebbe una relazione segreta durata diciassette anni: «Mi telefonava e mi chiedeva: “E lui come sta? E sempre bello e allegro?”, riferendosi al mio culo. E io: “Ma perché non mi parli d’amore?”. Lui, in silenzio, metteva giù. Sa, uomini e donne concepiscono l’amore in modi molto diversi».

    Angelo Pannofino, Gq 9/2015