Louise Erdrich (foto Getty Images)

l'intervista

La gentilezza fa il mondo meraviglioso. Una conversazione con Louise Erdrich

Antonio Monda

Il padre di origine tedesca, la madre nativa americana, l’educazione cattolica. E la scrittura, grazie alla quale ha affrontato il mistero del dolore che le ha attraversato la vita. 

Non c’è nulla di formale nei modi squisiti di Louise Erdrich, ma un desiderio di condivisione autentico e sofferto, e la convinzione che ogni azione, come ogni espressione, debba contrastare con la gentilezza e la bellezza la volgarità e la violenza che ci aggrediscono ogni giorno. Questo suo modo di porsi non cede mai alla tentazione di esibire la robusta ed eclettica cultura della quale è dotata, e qualcosa in fondo agli occhi rivela che il piacere della condivisione nasce in realtà anche da una richiesta insopprimibile: è lei la prima ad aver bisogno di calore, per tentare di alleviare un dolore profondo e inestirpabile. Fino al 1995 la sua esistenza appariva una delle tante esaltanti realizzazioni del sogno americano: Karen Louise Erdrich, questo il nome completo, è la prima di sette figli di Ralph, di origine tedesca, e Rita, nativa americana della tribù degli Ojibwe, anzi nazione, come è più corretto definirli. I genitori, entrambi insegnanti, scelsero di educare i figli secondo la dottrina cattolica e rimasero colpiti dall’abnegazione nello studio che Louise mostrò sin da bambina. Furono loro a incoraggiarla a cimentarsi nella scrittura, come fecero anche con gli altri figli: non è certo un caso se le sorelle Heid e Lisa siano rispettivamente un’apprezzata poetessa e un’autrice di libri per bambini.

Durante gli studi a Dartmouth, dove si è laureata nel 1976, conobbe Michael Dorris, brillante antropologo e romanziere, il quale la spinse a fare ricerche sulla storia dei suoi antenati e prendere seriamente in considerazione l’attività di scrittrice: mentre si manteneva agli studi lavorando come cameriera e, nei mesi estivi, come bagnina, si dedicò alla scrittura di racconti, poesie e romanzi. Il loro rapporto continuò dopo la laurea, e si trasformò in un’intensa corrispondenza epistolare quando Michael si trasferì per un lungo periodo in Nuova Zelanda. L’amore sbocciò al termine di un reading di poesie di Louise che colpirono molto Michael, e i due si sposarono nel 1981: dalla loro unione nacquero tre figli ai quali si aggiunsero altri tre bambini presi in adozione. La loro famiglia, allegra e numerosa, venne additata per anni come esempio di felicità, fin quando il figlio adottivo Reynold Abel venne travolto e ucciso da un’automobile, e poco tempo dopo le due figlie adottive accusarono il padre di abusi sessuali nei confronti di entrambe. Michael negò con tutte le sue forze, e poi, travolto dalla vergogna, decise di togliersi la vita. Da allora Louise Erdrich ha avuto un’altra figlia, di nome Azure, da un uomo del quale non ha mai rivelato il nome, e ha dedicato tutte le proprie energie alla causa dei nativi americani, fondando a Minneapolis la Birchbark Books, una libreria che è diventata un punto di riferimento per gli studi di antropologia oltre che una casa editrice. In questi stessi anni è riuscita a trovare nella scrittura una dimensione catartica, con la quale ha affrontato il mistero del dolore e la riflessione sul senso ultimo dell’esistenza, vincendo il National Book Award nel 2012 con "La casa tonda" e il Pulitzer nel 2021 con "Il guardiano notturno". Tra i suoi grandi estimatori, c’è stato un autore profondamente diverso come Philip Roth, il quale si è speso pubblicamente sul suo talento e l’ha incoraggiata a cercare la verità nella scrittura.

Ha compiuti da poco 71 anni, e il dolore che riverbera nello sguardo è inscindibile dalla sua bellezza fiera: nei gesti e nel sorriso antico emerge l’orgoglio di far parte di un popolo che dominava le praterie intorno ai grandi laghi. E’ lei a dirmi: “Rimaniamo in campo letterario, ma se vuole parliamo anche di politica.”

Iniziamo da come è diventata una scrittrice.

Scrivendo costantemente, prima delle poesie atroci, poi una prosa goffa e quindi migliorando gradualmente.

E’ vero che suo padre le dava un nickel per ogni racconto che lei scriveva?

Sì, è vero. Io spendevo subito il nickel comprando ghiaccioli all’uva.

In una vecchia intervista ha dichiarato: “Sono circondata da un’abbondanza di familiari e amici, tuttavia quando scrivo sono sola, e questa è una condizione perfetta”. Può dirmi per favore qualcosa dell’idea di perfetta solitudine? 

E’ il senso di libertà tra lo scrittore e il suo soggetto.

Ha dichiarato anche che essere “liberi da ogni giudizio” è uno dei requisiti più importanti per uno scrittore: perché?

Nei libri le persone fanno cose brutte, dicono cose oltraggiose e pensano cose imbarazzanti. Se lo scrittore si tira indietro, il lettore se ne accorge.

Parlando di Moby Dick lei ha detto che Herman Melville ha abbandonato Quequeg per intraprendere centinaia di direzioni meravigliose. Insomma nel libro ravvisa una pecca, ma non le importa. Possiamo dire che nei grandi libri ama anche gli errori?

Sono sempre intrigata quando trovo in un libro, soprattutto nel caso di capolavori come il romanzo di Herman Melville, imperfezioni di questo tipo, perché su di me generano l’effetto di aprire una porta verso qualcosa che non conosco.

A proposito di aperture, la quota di mercato dei libri tradotti negli Stati Uniti è pari a un modestissimo tre per cento: cosa significa da un punto di vista culturale?

Significa che siamo concentrati su noi stessi e preferiamo essere ignoranti piuttosto che aprire le nostre menti.

Lei ha ricevuto un’educazione cattolica: cosa le piace in particolare del messaggio cristiano? 
Il messaggio di amore e gentilezza.

C’è qualcosa che invece non le piace?
Non mi piacciono le regole, i dogma e il fatto che la Beata Vergine Maria non faccia parte della Trinità.

Quale è la sua opinione sul Papa americano?
Lo amo perché è l’opposto di Donald Trump. Devo dire però che credo sia un errore specificare la sua provenienza e considerarlo americano, perché il Pontefice rappresenta ogni popolo del mondo.  

C’è qualcosa della tradizione Ojibwe che ama particolarmente e ritiene che possa essere un arricchimento per le altre tradizioni?
L’enfasi che viene attribuita alla gentilezza e al rispetto per gli anziani.

Ritiene che la religione sia qualcosa di innato negli esseri umani?
Credo che sia umano quel misto di stupore, timore e meraviglia per l’ineffabile: se ritiene lo chiami pure Dio. Ritengo che la religione sia un modo di apporre una costruzione umana – le regole i dogmi – su quello che non comprendiamo. Noi immaginiamo che seguendo alcune regole possiamo conquistare il favore di Dio, ma secondo me ha più senso agire con razionalità, gentilezza e moderazione.

Poco fa ha citato il presidente Trump: vorrei chiederle un commento sulle recenti elezioni americane: ritiene che le vittorie di Mamdani, Sherill e Spanberger segnino un reale cambiamento di umore tra i votanti?
Non si può negare che ci siano segnali di cambiamento, ma io temo che la gente sia confusa, volatile e imprevedibile. 

Ritiene che Zohran Mamdani sarà in grado di mantenere tutte le promesse fatte durante la campagna elettorale?
Non esiste politico che mantenga tutte le promesse. Se Mamdani ne mantenesse alcune sarebbe magnifico. Tuttavia quello che è importante è vedere su cosa sono basate le promesse dei candidati, e quelle di Mamdani hanno a che fare con la speranza e il servizio, mentre quelle di Trump con la paura e l’odio.

Lei come lo spiega il perdurante successo di Donald Trump? E’ d’accordo con chi lo considera un grande comunicatore in grado di interpretare i sentimenti e i bisogni di chi è marginalizzato?
Trump in realtà disprezza le persone marginalizzate. E non è l’unico. Le barriere di protezione della democrazia sono state abbattute dai tempi di Ronald Reagan, il quale abolì la Fairness Doctrine della Federal Communication Commission, che imponeva alle emittenti televisive di trattare gli argomenti di interesse pubblico e di presentare in maniera equa e bilanciata i differenti punti di vista sulle questioni controverse. Questo ha consentito a Fox News di mentire in modo aggressivo e continuativo su quello che accade in realtà in questo paese e Trump ne è stato il beneficiario. Nelle elezioni, grazie alla decisione della Corte Suprema di riconoscere le corporazioni come persone, c’è così tanto denaro, che in questo paese la democrazia è stata messa all’asta da molto tempo.

E’ d’accordo con chi sostiene che il mondo liberal sia sempre più elitario?
Assolutamente no. Io penso che si tratti di un’accusa generata dall’estrema destra per offrire alla propria base elettorale qualcuno da odiare. Ma in realtà, coloro che sono meno avvantaggiati tra gli elettori di estrema destra dovrebbero essere infuriati nei confronti dei miliardari che non pagano le tasse. E infuriati con i miliardari che pagano i loro dipendenti con salari così bassi che costoro non riescono a mettere il cibo sulla tavola. Per non parlare dei miliardari che saccheggiano la terra dei poveri e hanno la sfrontatezza di costruire razzi spaziali per hobby.

Ritiene che il razzismo sia cambiato con questa amministrazione?
Il razzismo è stato ampiamente permesso e a volte persino di fatto legalizzato. E’ diventato più accettabile ai livelli più alti del governo e conseguentemente lo è diventato per il resto della società. Mentre parliamo esistono bande governative mascherate composte da ceffi senza neanche una preparazione specifica, sono autorizzati a prelevare chiunque sembri messicano o sudamericano. E fanno questo tipo di operazioni perché la Corte Suprema è controllata da conservatori che ritengono che sia permesso arrestare della gente in virtù della loro apparenza.

Lei è tra coloro che credono che il razzismo sia innato negli esseri umani? 
No, e sono sorpresa che lei mi faccia questa domanda. Esistono molti studi che dimostrano che il razzismo non è innato ma insegnato.

Secondo lei è un genocidio quello perpetrato nei confronti dei nativi americani?
Sì. La definizione di quanto è avvenuto, cioè che il 90 per cento dei nativi americani è stato massacrato, per me è quella di genocidio, sebbene sia avvenuto lungo un periodo che è durato secoli e in molte maniere diverse.

In Italia c’è un dibattito molto acceso su come definire quanto avviene a Gaza: massacro, crimine di guerra o genocidio, definizione alla quale si è opposta ad esempio Liliana Segre, sopravvissuta all’Olocausto.
Io ritengo che il deliberato massacro di massa di uno specifico popolo rientri nella definizione di genocidio. Io non riesco a concepire come una persona che abbia una coscienza possa guardare con chiarezza a quello che è stato fatto e continua  a essere fatto sia da Hamas che dal governo israeliano e non lo definisca genocidio. 

 

Qual è la sua definizione di genocidio?
Uno sforzo concertato da parte di un popolo per distruggere un altro popolo. Ci tengo però a concludere dicendo che a dispetto delle mie risposte cupe a domande altrettanto cupe, io ritengo sinceramente che nonostante tutto questo mondo sia meraviglioso.

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