Copertina di "Mesopotamia" di Olivier Guez (La Nave di Teseo, 2025)
Il libro
La straordinaria vita di Gertrude Bell diventa materia di romanzo
Olivier Guez la racconta in Mesopotamia (La Nave di Teseo). Prima donna a conseguire una laurea in storia a Oxford, archeologa ed esploratrice. Ereditiera e spia, e poi regina dell'Iraq. Mondana e manipolatrice, colta e saccente, romantica e solitaria
Nel 1916, quando arrivò a Bassora per una nuova missione a servizio dell’impero britannico in Mesopotamia, Gertrude Bell aveva 47 anni. Alta, magra, spigolosa, capelli rossi un po’ ingrigiti, mascella volitiva e sguardo malinconico, col suo abito di mussola, il jabot abbottonato fino al collo e le calze nere sembrava una reincarnazione di Miss Harriet, sebbene avesse una tempra ben diversa da quella della presbiteriana zitella errante di Maupassant. E infatti, Olivier Guez – prix Renaudot con La Scomparsa di Josef Mengele – raccontando in forma di romanzo la vita e la nascita dell’Iraq che ne fu la sua creatura (Mesopotamia, La Nave di Teseo) ne ricorda le molte doti.
Prima donna a conseguire una laurea in storia a Oxford, in un’epoca in cui le fanciulle di buona famiglia erano destinate tutt’al più a studiare pianoforte e imparare il punto a croce, per confinarsi entro le mura domestiche nel ruolo di mogli e madri; archeologaa provetta, esploratrice solitaria, patita di arrampicate sino a sfidare la morte scalando il Finsteraarhorn e dare il suo nome a una delle cime dell’Oberland Bernese, Miss Bell parlava correntemente cinque o sei lingue tra cui l’arabo e il farsi, imparato da ragazza alla corte dello zio ambasciatore a Teheran. Da sola aveva esplorato il deserto del Najd durante le campagne di scavo in Mesopotamia. Versatile, mondana, manipolatrice, contraria al voto delle donne e al focolaio ebraico in Palestina, lei che era la quintessenza del colonialismo inglese, era riuscita a sondare gli umori dei capi arabi delle molte tribù che popolavano quella landa desolata tra il Tigri e l’Eufrate, un tempo fertile culla della più antica civiltà, che adesso, pronti all’alleanza con gli inglesi, fomentavano la rivolta contro il dominio ottomano. Coi suoi libri, i suoi articoli, i suoi rapporti, aveva servito da agente informale dell’Arab Bureau che controllava i territori dell’impero britannico in medio oriente.
Ma prima di essere una spia, e diventare la regina dell’Iraq, Gertrude Bell era l’erede di una fortuna colossale. Il nonno, Isaac Lowthian Bell, era il titano della metallurgia nobilitato dalla regina Vittoria, il geniale chimico e fisico che coi fratelli aveva creato l’enorme conglomerato di giacimenti di ferro, miniere di carbone, acciaierie e fabbriche di alluminio sul fiume Tees, non lontano da Middlesbrough, dai cui altiforni uscivano le rotaie, le travi, le armature necessarie al fabbisogno dell’Inghilterra, dell’Impero e dell’intero globo.
Colta, saccente, immodesta e propensa all’intrallazzo Miss Bell s’era data all’avventura, mossa non solo dalla curiosità e dall’ambizione imperiale, ma da una malcelata sfida per ottenere l’amore esclusivo del padre Hugh che l’adorava, ma che, rimasto vedovo, era convolato a nuove nozze mettendo al mondo altri figli. “E’ una donna notevolmente intelligente con il cervello di un uomo” annunciò il viceré dell’India al capo dell’Arab Bureau, sir. Percy Cox, pregandolo di prenderla sul serio.
Ma l’archeologa spia e manipolatrice era anche l’ex ragazza romantica vissuta in esilio dal mondo degli uomini, non avendo trovato nessuno all’altezza dei suoi standard. Funestata dalla sfortuna, a vent’anni perse il primo amore, Henry Cadogan, brillante diplomatico e indegno cacciatore di dote, che le leggeva i versi di Hafez, ma morì di polmonite dopo essere scivolato su una lastra di ghiaccio. A quaranta rinunciò all’altro suo grande amore, il maggiore Richard Doughty-Wylie, viceconsole a Konya sposatissimo e psicolabile, che nutrì per lei una passione compulsiva ma platonica, e morì sul fronte turco nel 1915, guidando i suoi soldati verso la rovinosa presa di Gallipoli. A cinquanta, tradita dall’ultimo flirt, e ormai responsabile del Museo di Baghdad, si ritrovò da sola e in miseria davanti al suo fallimento privato e politico, snobbata da Faisal I re d’Iraq, l’opportunista ingrato che lei stessa, nel 1921, facendo fuori il sulfureo sayyid Talib, aveva contribuito a mettere sul trono di quel nuovo stato improbabile, formato da tre regioni con etnie incompatibili, che ancora oggi segna la tormentata storia del medio oriente.