
Panariello torna sul palco e prende in giro il futuro: “Le mie battute non le scriverà mai ChatGPT”
Tra ologrammi di Maria, viaggi nel metaverso e frecciate alla politica, il comico toscano è a teatro con il nuovo spettacolo "E se domani...", un viaggio nel domani, da Musk al ponte sullo Stretto. Per ricordarci che la risata, almeno quella, deve restare umana
“L'intelligenza artificiale è uno strumento, non un padrone. Va usata, ma non bisogna farsi usare. ChatGPT ti può dare ispirazione: puoi chiederle tante cose e lei ti risponde, ti supporta, ti fa risparmiare tempo. Ti può aiutare su tutto ma non sulle battute, quelle le devi fare tu”. Con queste parole Giorgio Panariello racconta al Foglio il suo nuovo spettacolo E se domani…, portando sul palco un’idea chiara: la tecnologia come supporto, non come sostituto della creatività umana. Dopo il debutto al Teatro Brancaccio di Roma, lo show vedrà il comico, imitatore e attore toscano impegnato in oltre quaranta date tra ottobre e dicembre 2025, per poi proseguire nel 2026. Panariello racconta in maniera ironica e pungente il suo personale “viaggio nel futuro”. Attraverso nuovi personaggi, aneddoti, musica e trovate tecnologiche, conduce il pubblico in un’esperienza che unisce fantasia, risate e riflessione sui temi più attuali: dal ponte sullo Stretto all'astensionismo, dai viaggi su Marte alla carne in 3D. E rivela: “A me fa paura l’idea di un attore replicato digitalmente o doppiato da un algoritmo. Ho visto dei video di Aldo, Giovanni e Giacomo che parlavano in inglese, è stato inquietante. Penso che l’arte debba sempre rimanere umana”.
Come sarà il futuro secondo lei?
Io il futuro lo vedo positivo. Da un punto di vista tecnologico ho speranza. Ho parlato con tante persone nel mio podcast Nel Garage, come Oscar Farinetti e Padre Paolo Benanti, e tutti mi hanno restituito un quadro positivo. Ci sono progressi enormi sulle malattie, sono speranzoso che si possa trovare una soluzione al Parkinson o all'Alzheimer.
C'è qualcosa che la preoccupa?
L'isolamento è la mia paura più grande. Non a caso canto Almeno tu nel metaverso, parafrasando la canzone di Mia Martini. Le nuove generazioni vivono sempre più isolate: con le cuffie in treno, in camera, davanti ai videogiochi. Il metaverso rischia di amplificare tutto questo. Invece dovremmo usare la tecnologia per essere più inclusivi, non per chiuderci in un mondo che ci illude di capirci.
Nello show c'è anche tanta politica.
Sì, se per politica si intende avere un punto di vista. Io non ho mai fatto satira politica. Ho messo dentro questo spettacolo qualche battuta su Salvini, Meloni e Schlein. Però volevo dare la mia interpretazione del futuro della politica: c’è sempre meno fiducia nelle istituzioni. Servirebbe una forza che includa tutte le idee, non una destra o una sinistra che fanno la gara a chi vince per un punto in più. Non è un campionato. Io ci scherzo nel mio spettacolo ma non è così impossibile che si arrivi all'87% di astensionismo...
Lei viene da un’epoca di “politicamente scorretto”. Si sente limitato oggi?
Oggi bisogna stare attentissimi a tutto quello che si dice. Io non sono uno stand-up comedian che può dire qualunque cosa di getto, porto con me un certo carico di responsabilità. Una volta, a Tale e Quale Show, feci una battuta sul seno di un’artista che interpretava Anastacia, senza sapere che la cantante statunitense aveva avuto un tumore al seno. Il giorno dopo ho chiesto scusa pubblicamente. Oggi basta poco per scatenare una shitstorm: non sono più solo i giornalisti a giudicare, ma tutte le persone sui social.
Nello show c'è anche una parte dedicata alla religione e spunta anche una Maria particolare...
Esistono applicazioni in cui puoi “parlare” con gli apostoli o addirittura confessarti con un ologramma di Gesù. Allora mi sono detto: arriveremo anche a parlare con Maria? E così ho avuto un lampo di genio e ho chiesto a Maria De Filippi di comparire. Ha detto subito sì, ha registrato la sua parte, e la sua naturalezza ha reso tutto più umano.
Dopo tanti anni di cinema, si può dire che il teatro è la sua vera casa?
Assolutamente sì, è il posto dove mi trovo più a mio agio. Uno dei miei sogni è recitare Il malato immaginario di Molière. L’ho fatto una volta e mi sono divertito tantissimo. Gigi Proietti mi diede tanti consigli preziosi sulle pause e sui tempi. Quelle lezioni le porto ancora nel mio cuore.
Dopo essere andato nel futuro, quindi, che consiglio si sente di dare a chi vive nel presente?
Il futuro non è quello che trovi, è quello che porti con te. Dobbiamo conservare la memoria: non quella artificiale dei cloud ma la nostra. Esercitare la mente, ricordare le persone che abbiamo amato, i luoghi che abbiamo visitato, le emozioni vissute. Solo così possiamo affrontare il futuro con lucidità.

Il ritratto