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Il colloquio

Saverio Raimondo e il buon gusto di non prendersi troppo sul serio, nonostante i trofei

Riccardo Carlino

“La satira è qualcosa di irriverente, quindi mal si accosta alla celebrazione", dice il comico, vincitore del Premio Satira politica per il giornalismo di Forte dei Marmi. "L’esagerazione è parte del reale. L’esempio più chiaro è Trump"

Saverio Raimondo tiene tutti i suoi nuovi trofei nel bagno di casa. “Ormai ho esaurito lo spazio, ma sono sempre graditi. Specialmente se immeritati”, dice al Foglio il comico, che su queste colonne e in televisione commenta ogni settimana l’attualità, a suo modo. Quello che gli ha garantito per la terza volta il Premio Satira politica di Forte dei Marmi, stavolta nella categoria “giornalismo”. Premiare la satira potrebbe sembrare un controsenso. “È qualcosa di irriverente, quindi mal si accosta alla celebrazione, però questo premio ha sempre avuto il buon gusto di non prendersi troppo sul serio – ci dice –. Anzi, questa edizione ha fotografato un momento importante per la nuova scena comica italiana, che ha qualcosa da dire e lo fa in maniera diversa dalle generazioni passate”.

Nel corso della sua carriera ha condotto programmi comici in televisione e in radio, oltre ad aver riempito club e teatri con i suoi monologhi. “Il tesserino non l’ho mai preso. Tuttavia, il fatto che parli spesso di attualità fa si che la gente mi fermi pensando che io sia un giornalista”, dice il comico, che dedica il premio all’intera categoria: “Ciò che faccio io, semmai, è qualcosa di parassitario, un commento a ciò che i veri giornalisti ci dicono con il loro lavoro. Per il quale spesso rischiano la vita, oppure vengono allontanati dai luoghi dove sono chiamati a documentare”.

Essere preso seriamente per un comico può rivelarsi un controsenso. “Quando capita io non provo imbarazzo per me, ma per gli altri – spiega Raimondo – Ho anche la fortuna che la natura mi abbia reso ridicolo, con la mia statura, la voce, l’ipercinesi. Dunque, se di fronte a ciò il pubblico non è in grado di decifrare quello che sto dicendo e lo prende sul serio, non è un problema mio. Lo ritengo un atto di analfabetismo funzionale, una loro incapacità di saper giudicare ciò che sta facendo un interlocutore”. Ma a cosa è dovuto? “È come se in generale si fosse esaurito un po’ il senso dell'umorismo, la capacità di cogliere l'ironia”, ipotizza Raimondo, cercando di isolarne le principali cause. “La realtà stessa è diventata grottesca, l’esagerazione è parte del reale. L’esempio più chiaro è Donald Trump. Lui è una parodia, ma in realtà è davvero il presidente degli Stati Uniti”.

Ma anche nel nostro paese qualche errore è stato fatto, spesso proprio dalla stessa categoria. “Negli anni passati c’è stato un momento in cui i comici hanno chiesto di essere presi sul serio, hanno cominciato a sostenere di dire in qualche modo la verità”, ricorda Raimondo. "Ma se la comicità satirica si trasforma in controinformazione e si prende la presunzione di informare, sta tradendo completamente i suoi codici espressivi”. È lì che si è creato l’equivoco e si sono confusi i ruoli: “Il pubblico ha cominciato a credere che i comici fossero più liberi dei giornalisti stessi, da Beppe Grillo a Maurizio Crozza”.

Una soluzione per uscire da questa confusione c’è. “Credo che alle persone serva l'abitudine alla satira, che è negli ultimi tempi si è persa”, spiega Raimondo, auspicandosi che il pubblico “torni ad avere un ruolo attivo e abbia la curiosità di venirci a scoprire”. Ma in un mondo in cui la realtà supera la satira e gli algoritmi puliscono il linguaggio non è scontato che ciò accada. “Dovrebbero essere davvero i cari, vecchi editori, dalla carta stampata alla tv, ad avere uno scatto d'orgoglio e concedere al comico satirico la libertà di esagerare, investendo su qualcosa che ovviamente è una materia incandescente”, afferma Raimondo.

Pronostici per la prossima edizione del riconoscimento? “Il premio satira dovrebbe andare al ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida per la sua inchiesta sull’acqua che fa male. Se lo merita. Se non è giornalismo satirico questo!”