
1936-2025
Addio Pippo. Dagli anni in cui era dovunque all'ultima Domenica In
Conduttore, talent scout e troppo altro. Il ricordo del gigante della tv morto ieri a 89 anni, fatto da chi ha lavorato con lui
C’era Baudo e Vittorio Gassman, in una Canzonissima del 1972, Gassman distruggeva un leggìo e faceva fare le capriole a Baudo, avevo 6 anni e ricordo mio padre e mio nonno che fumavano e ridevo. Poi c’era Baudo che presentava un cantante che tutti noi campani già conoscevano, e cioè Pino Daniele. Credo la prima volta di Pino sul grande schermo. Ricordo le domande insidiose di Baudo, le risposte affannate e balbettanti e in napoletano di Pino Daniele, e poi un paio di suoi pezzi dal vivo, molto belli, tanto che in famiglia commentammo: che coraggio, portare Pino Daniele in prima serata. Poi c’era Massimo Troisi con Baudo, ridevano tutti, anche perché Baudo era un’ottima spalla. Poi Baudo con Beppe Grillo e Baudo con Benigni. Poi i Fantastici, lo show del sabato sera, quelli con Heather Parisi, specialmente. Poi lo scontro sul concetto di nazional popolare con il socialista Manca, e ancora Baudo che va a Canale 5 e noi tutti in famiglia a parlare di tradimento. E tutti noi contenti quando Baudo tornò a casa, perché Baudo era la Rai, dunque la casa, e per tornare a casa Rai, Baudo aveva dovuto cedere la sua casa sull’Aventino a Berlusconi. Baudo lo vedevo così tante volte in tv e tante volte capitava di parlare di lui, che a un certo punto, siccome noi giovani eravamo in fissa per gli Squallor, citavamo continuamente il must di Ciro Ippolito Arrapaho (1984). Qui un capo indiano illustra al figlio che si chiama Capa di Bomba una vasta prateria e gli dice: tutto questo un giorno sarà tuo, a chi vuoi più bene, a mamma o a papà? Risposta: A Pippo Baudo. Va fa n’culo – chiosava allora il capo indiano.
Per molti anni Pippo Baudo è stato dovunque. Tanto che nel 1990, mi ero appena trasferito a Roma, lo vidi alla Galleria Esedra, seduto da Dagnino e lo salutai: era come se salutassi mio nonno, i miei parenti riuniti nel salotto, anzi io ero come quelle persone convinti che quello che stava in televisione parlasse con loro. Lui ricambiò, con un cenno del capo. Tutti questi ricordi glieli elencai proprio in questo ordine, quando nel 2016 feci un colloquio per Domenica in, cercava un autore, sarebbe stato il suo ultimo programma, questo si capiva: aveva problemi agli occhi, non vedeva bene, sentiva poco. Mi hanno fatto – disse -una specie di regalo, prima che mi tolga dai piedi. Lo chiamai Dottor Baudo perché era laureato in Giurisprudenza, immaginavo tenesse al titolo, ma mi disse: Pippo, chiamami Pippo. Poi cominciammo a parlare, erano le 17.26 quando entrai nel suo studio a via della Giuliana, uscii alle 21 40. Fu l’esame più lungo che abbia mai fatto. Pensavo di cavarmela con un po’ di aneddoti e qualche considerazione da scrittore, ma Baudo – scoprii- era molto colto e mi interrogò su: musical (ne aveva visti diversi a Londa, città dalla quale era appena tornato), teatro (non Carmelo Bene che piaceva a me e sui cui ero preparato, ma tutto l’altro teatro, più popolare), musica (non quella che piaceva a me, e cioè il Bristol Sound, ma quella che piaceva a lui, da Giorgia a Ornella Vanoni), cinema e infine (finalmente) letteratura. Visto che c’era, mi preannunciò che la prima intervista che aveva intenzione di fare a Domenica in, sarebbe stata a Eleonora Giorgi. Non proprio una scrittrice – risposi. E lui: invece sì, ha una vita più interessante di molti scrittori. Nelle riunioni successive fu molto allegro, scherzava, sfotteva, raccontava molti aneddoti, e ci spiegò e rispiegò che voleva fare una Domenica in, divisa in sezioni: musica, rigorosamente dal vivo, con tanto di orchestra, e teatro e/o cinema e letteratura. Anzi, aggiunse, siccome è l’ultima cosa che faccio, e io sono quello che ha scoperto Parisi, Cuccarini e elencò una ventina di personaggi, vorrei uscire di scena scoprendo dei pittori. Dunque- e mi guardò- troviamo dei pittori, Ne servono due a puntata, si sfideranno a fare un quadro che poi il pubblico voterà. Dove li troviamo i pittori? Chiesi? Rispose: li trovi all’Accademia delle belle Arti, fatti un giro. Fu un tormento. E qui scoprii un suo aspetto nuovo per me, era ossessivo. Difatti mi chiamava e mi chiedeva: i pittori? Poi diceva che ci teneva molto a questa idea. Fra poco sarebbe uscito di scena, ma siccome aveva scoperto una ventina di volti nuovi – ogni volta faceva un elenco diverso, devo dire impressionante- voleva mettere la firma su due o tre pittori. Alla prima riunione col regista e con la scenografa arrivai scontento e preoccupato, avevo trovato solo un paio di pittori interessati. Baudo esordì: è l’ultima cosa che faccio, quindi, siccome ho scoperto… e via con l’elenco, ho pensato di mettere i pittori qui – e indicò il plastico che la scenografa aveva preparato. Ma il regista ebbe da ridire: qui c’abbiamo le telecamere, con tutti i fili, per i pittori non c’è spazio. Giusto disse lui. Il regista aggiunse: possiamo togliere una fila di sedie, ed è fatta. Baudo rispose: no, sennò la profondità viene meno, in televisione la profondità è tutto. Poi si rivolse a me: ma questi pittori, ci servono veramente? Perché io ne farei a meno. E così fu, non ne parlammo mai più. Fu un insegnamento, se vuoi durare in tv, se vuoi farla bene, non devi affezionarti alle tue idee, perché le tue idee si scontrano con il caos della Tv stessa. A un certo punto, se vuoi fare una buona televisione devi sapere ascoltare, curiosare, innovare, fare marcia indietro. Difatti sapeva ascoltare. Era un uomo colto, intelligente, simpatico e con una tendenza latente alla depressione. L’umore si incupiva all’improvviso, come se pensasse: che senso ha tutto questo? Questo complicava il carattere. A volte aveva scatti di ira, noi autori ne risentivamo, anche se gli altri che lo conoscevano ci dicevano: avreste dovuto vederlo negli anni Ottanta, allora sì che era Baudo, ora si è calmato. Ma accidie, liti, incazzature, quasi misteriosamente, finivano prima di entrare in scena. Un attimo prima che si accendesse la luce Live, era pronto, libero da zavorre, se un attimo prima faceva fatica a parlare, ora, prima della diretta ti chiedeva i risultati di calcio e metteva su una discussione sulla strategia calcistica che teneva fin quando l’ispettore di studio ti scostava a forza: togliti, 5 secondi e iniziamo.
Questione di abitudine, diceva qualche vecchio suo autore che incontravo, sa fare la televisione solo controllando la televisione. Difatti, pretendeva un controllo maniacale su tutto, dalle telecamere, alle luci, alle battute di una gag (chiamava la mattina presto e la sera tardi perché una domanda di un’intervista scritta non lo convinceva). Per non parlare del controllo dell’orchestra (una volta interruppe il maestro perché nell’esecuzione di un pezzo mancava un Fa diesis). Viveva per il programma. Contestava molte delle cose che scrivevi. Difficilmente ti diceva bravo, tranne quando inaspettatamente eri in compagnia di qualcuno, allora ti presentava con: mio autore, bravissimo. Ricordava tutto. Una memoria invidiabile. Nel 2016, a 82 anni, aveva la forza di guardare tutti i film e di assistere a tutti gli spettacoli teatrali (anche in prova) di cui poi avremmo parlato a Domenica in, qualche volta commentarli con sarcasmo ma non portare mai il sarcasmo durante l’intervista. Questione di rispetto – diceva - per chi viene ospite. Devi sapere tutto del personaggio, ma non sovrastarlo.
In diretta Baudo rinasceva. Aveva problemi agli occhi ma vedeva benissimo, non sentiva bene ma ci sentiva benissimo, ascoltava anche i bisbigli degli autori, dietro le quinte. Siccome aveva un marcato senso del dovere e di rispetto per il pubblico, lo show andava avanti anche se non c’erano condizioni per andare avanti. A gennaio 2017, si beccò una seria polmonite. In camerino prima della diretta gli dissi: ma perché dobbiamo andare in onda? Che senso ha? E lui, senza voce, si mise a gridare, che non esisteva rinunciare allo show, anche da moribondi si va in scena. Quindi si imbottì di cortisone, tanto che a fine puntata si era gonfiato così tanto che non riusciva più a togliersi i vestiti. Poi si ricoverò cinque giorni, e dall’ospedale chiamò più volte perché la scaletta della puntata successiva non funzionava e quella battuta era proprio scema, e non faceva ridere: non senti? Non funziona. E il sesto giorno ritornò in studio e il settimo in onda. Baudo è un serio professionista, sì, certo, un luogo comune. Però, giusto per inquadrare la cultura del personaggio. Una volta gli dissi: perché non invitiamo il Professore Mantovani? A parlare dei vaccini, così sfatiamo ‘ste bufale che stanno uscendo sui vaccini e autismo. Lui disse: ma sono bufale, che facciamo un dibattito tra un serio scienziato come Mantovani e uno che dice stupidaggini? Un altro autore rispose, sì, così demoliamo quello che dice sciocchezze. E Baudo cominciò a gridare, insomma disse e ridisse: che se facciamo un dibattito così, facciamo un piacere a quello che dice le bufale, e non a uno scienziato serio come Mantovani, diamo cioè legittimità a un cretino. E poi – aggiunse- viene fuori un dibattito noioso. A tavola nei momenti buoni parlava molto della sua vita, anche personale, aveva riconosciuto un figlio avuto da una storia veloce, poteva non farlo, lo fece. Gli versava soldi: mi sembrò un gesto generoso. Pagava sempre lui.
Una volta, a cena gli chiesi, ma c’è un aneddoto che non hai mai raccontato che potrò raccontare io? Andò diritto al punto: quando portò Liza Minelli a Fantastico. Incontrata ubriaca e per puro caso a una festa di Zeffirelli, decise seduta stante che l’avrebbe portata in trasmissione. Costo dell’operazione 20 milioni di lire che però Baudo non riuscì a farsi anticipare dal capostruttura, e dovette recuperare il cash svuotando l’incasso dello storico bar, Vanni, di viale Mazzini. Portarla a Fantastico tuttavia fu un’impresa, Liza Minelli era svenuta per il troppo bere. Ce la fece, svegliandola sotto la doccia. A Fantastico tutto bene, solo che la mattina dopo scoprì che i soldi la Minelli li aveva dilapidati in shopping, non poteva più comprare il biglietto per il ritorno. Baudo dovette parlare con la British Airways, cercare e trovare un accordo e cioè: Liza Minelli avrebbe fatto una foto mentre saliva sulla scaletta dell'aereo, una sorta di odierna storia su Instagram per pagarsi le spese del viaggio. Una storia divertente – pensai- che illustra bene come si faceva la televisione un tempo e come Baudo avesse la forza, l’ispirazione, il talento per imporsi e costruire programmi di cui poi tutti dal coltissimo filosofo vichiano Aldo Masullo fino agli Squallor, avrebbero parlato. Pensai che avrei raccontato questa storia al momento giusto, me l’aveva affidata. Poi scoprii che l’aveva scritta nel suo libro del 2018. In fondo era un uomo che sapeva anticipare (e nobilitare) i tempi.