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a teatro
Lagne al San Carlo
Fuori la politica dal teatro? No, deve decidere obiettivi e strategie. Purché abbia idee
Altro che sceneggiata. Adesso tutti a piangere, sì, ma non come Mario Merola: da finissimi esteti, appena usciti dal celebre préface a Mademoiselle de Maupin di Théophile Gautier, tante Alici reduci dal paese delle meraviglie a invocare l’art pour l’art. Di scemenze in Italia se ne sentono molte; ma mai tante come in questa deplorevole vicenda del Real Teatro di San Carlo di Napoli. Per chi se le fosse perse, ecco le puntate precedenti. La fondazione lirica è senza sovrintendente da marzo, cioè da quando è scaduta la proroga di Stéphane Lissner. Ministero, regione e comune non si mettono d’accordo, il sindaco Manfredi che è anche presidente del San Carlo continua a rimandare la scelta, finché lunedì scorso tre consiglieri d’indirizzo, i due del ministero e quello della regione, quindi un inedito asse Giuli-De Luca, autoconvocano un consiglio sconvocato dal sindaco e scelgono come nome da proporre al ministro quello di Fulvio Macciardi, ex Comunale di Bologna e, per inciso, degnissima persona. Giuli ratifica la scelta con insolita sollecitudine, Manfredi non ci sta e annuncia ricorsi a ogni possibile tribunale, dal Tar in giù, manca solo la Sacra Rota, che peraltro, a naso, hanno molte possibilità di essere accolti. Del resto, alle figure di palta sul San Carlo il governo è abbonato, come quella che fece il povero Sangiuliano tentando a suo tempo di sbarazzarsi dell’odiato Lissner con un decreto scritto con i piedi.
Dunque, a oggi un sovrintendente c’è ma non si capisce bene se sia anche valido e il teatro è paralizzato in attesa dei giudici. Intanto da giorni un coro di prefiche e vestali, gente per lo più che a teatro va al massimo alle prime di parata, si straccia le vesti, si strappa i capelli e geme a giornali unificati: fuori la politica dal San Carlo, basta inciuci e nomine di partito, si facciano (chi?) scelte di altissimo profilo artistico e gestionale e internazionale, e così via, ad libitum. Ridicolo. La politica non solo può, ma deve decidere. Prima, stabilendo la missione del nuovo sovrintendente, gli obiettivi gestionali, il posizionamento nazionale e internazionale del San Carlo, il repertorio che deve curare, la sua collocazione rispetto alle altre tredici fondazioni lirico-sinfoniche; e poi la persona più adatta a realizzarla. Si chiama politica culturale, do you know? Ma né Giuli né il suo plenipotenziario nei teatri, il sottosegretario Mazzi, né De Luca né Manfredi hanno la minima competenza per ragionare non di persone e di quanto siano loro devote, ma di progetti. Certo, sarebbe assurdo chiedere ai politici l’onniscienza (ci accontenteremmo della coscienza).
Ma il problema è che, evidentemente, non hanno accanto nessuno che sia provvisto di un minimo di competenze in materia. Per dire: Maurizio De Giovanni faceva notare ieri, su Rep Napoli, che né la Regione Campania né il Comune di Napoli hanno un assessore alla Cultura. Quindi è tutto un invocare storia & gloria del San Carlo, ripetendo luoghi comuni conditi da un wishful thinking basico e, date le circostanze, demente. Su come declinare questa storia e questa gloria oggi e possibilmente domani, per cui servono idee, progetti, visione e sì, anche soldi, boh, buio pesto, silenzio, mistero. Buffo.