FACCE DISPARI

Emiliano Ciotti: “Non cancelliamo la memoria degli stupri di guerra”

Francesco Palmieri

L’Associazione nazionale vittime delle “marocchinate” raccoglie le storie delle atrocità commesse dal Corpo di spedizione francese in Italia durante la seconda guerra mondiale. Il tentativo di boicottarne l'attività con un attacco hacker e la pertinacia del suo presidente. Intervista

Una ingente documentazione raccolta negli anni cancellata dal web con un attacco informatico. Per questa ragione nei giorni scorsi ha conquistato spazio nelle cronache un’associazione che generalmente lo consegue con più difficoltà. Fondata nel 2007, è retta sul volontariato e dalla pertinacia di Emiliano Ciotti, 51 anni, vigile del fuoco con un impegno ambientalista che gli è valso la nomina a cavaliere della Repubblica. Forse ai più giovani, che non hanno visto il film “La ciociara”, l’Associazione nazionale vittime delle “marocchinate” (Anvm) sembrerà un sodalizio dalla dicitura enigmatica. Per carenza di memoria la Storia insegna poco, anche quando l’attualità registra che gli stupri di guerra sono un crimine tuttora perpetrato dai russi in Ucraina.

 

Chi può avervi hackerato?

Le indagini si orientano sulla pista politica, perché non abbiamo avuto richieste di denaro. Per fortuna c’è il backup della documentazione e la ripristineremo.

 

L’Associazione ha scopi politici?

Solo un intento storico. Piuttosto c’è stata una riluttanza della politica a meditare apertamente su quelle violenze: si conoscono bene le atrocità commesse dai tedeschi ma non dal Corpo di spedizione francese, anche se la prima a parlarne alla Camera fu la deputata comunista Maria Maddalena Rossi nel 1952.

 

Quanti casi vi furono?

Circa ventimila stupri documentati nella sola Ciociaria e ne stimiamo sessantamila in tutta Italia. Per difetto. Il Corpo comandato dal generale Alphonse Juin sbarcò in Sicilia e le violenze cominciarono lì, ma ne abbiamo censite in tutte le regioni dove transitò. Addirittura a Trieste, dove sbarcarono unità destinate all’occupazione del Sud Tirolo. Purtroppo gli archivi non restituiscono l’intera realtà perché molte persone preferivano non denunciare. Chi aveva subìto violenza restava bollato. Se era una nubile non trovava marito. Gli autori degli stupri non furono solo marocchini, anche se è prevalso il termine “marocchinate” utilizzato nel dopoguerra. Il Corpo di spedizione francese, oltre 111 mila uomini, comprendeva anche tunisini, algerini, senegalesi, Legione straniera e naturalmente ufficiali europei.

 

È vero che Juin diede una sorta di via libera di cinquanta ore ai suoi soldati dopo lo sfondamento della Linea Gustav?

Non ci fu un ordine del genere, ma altro che cinquanta ore: l’ultimo stupro documentato è del gennaio ’46. Juin raccomandò piuttosto di mantenere “un’attitudine dignitosa” malgrado il risentimento verso la nazione che “odiosamente tradì la Francia”. Con lo sfondamento della Linea Gustav da parte degli Alleati, il 18 maggio 1944, questo risentimento si sfogò. Perciò abbiamo proposto che la data del 18 maggio sia dedicata alla memoria di quelle vittime di ogni età. Fu ucciso persino un bambino di tre anni perché strepitava mentre stupravano la mamma, a Prossedi in provincia di Latina.

 

Gli ufficiali sapevano?

Tollerarono e talora parteciparono. Persino i tedeschi avevano paura dei goumier, i reparti speciali addestrati alla guerra in montagna. Ci furono soldati della Wehrmacht che si suicidarono per evitare la decapitazione o le mutilazioni.

 

Gli americani sapevano?

Non intendevano interferire nella condotta di un altro esercito, poi non ne potettero più. Giunti alle porte di Viterbo ordinarono di sparare sui francesi al cospetto di violenze. Anche il Papa sapeva: tante relazioni di parroci riferivano di stupri persino su persone già uccise. Sono noti i casi di don Alberto Terilli, morto in seguito alle violenze carnali, e di don Enrico Jannoni, fucilato per avere difeso alcune donne. Furono violentate anche le suore di un convento a Colleferro. Pio XII protestò con il generale Clark, sicché i francesi non si acquartierarono a Roma ma tra Fiuggi, i Castelli e Civitavecchia.

 

Qualcuna tenne il bambino di cui era rimasta incinta?

Furono affidati alle comunità: a Sabaudia, a Veroli in provincia di Frosinone. I figli degli stupri non hanno mai contattato la nostra Associazione, o perché non hanno appurato la loro origine o per celarla. Qualche anno fa il sindaco di una cittadina ciociara me ne indicò uno sottovoce, come succedeva per le vittime. Io sono di Roccagorga, provincia di Latina, e ancora negli anni Novanta ci si diceva all’orecchio: ‘Vedi quello? Fu violentato dai marocchini’. D’altra parte venni spinto alle ricerche da un caso famigliare: mio zio quattordicenne stuprato e ucciso.

 

Le vittime furono risarcite?

Per inoltrare la richiesta erano necessari la denuncia ai carabinieri nell’immediatezza del fatto; il referto medico; una dichiarazione del sindaco. Fino al 1947 il risarcimento, pari a 15 mila lire, fu provveduto dalla Francia. Dal 1947 venne erogato dall’Italia fino al massimo di 150 mila lire. Si otteneva la pensione solo in caso di infermità permanente.

 

Con quali parametri si quantificava?

L’età della vittima, se aveva contratto malattie veneree, cosa che avvenne nella maggioranza dei casi, e ulteriori danni subiti: chi per le percosse aveva perso i denti, chi un seno a morsi, qualcuna era impazzita. Altre non erano sopravvissute alle violenze inferte a rotazione addirittura da centinaia di soldati.

 

Quali furono i paesi più colpiti?

A Castro dei Volsci 940 stupri, a Pico 809, ad Amaseno 706.

 

Sarà istituita una Giornata commemorativa?

Solo un presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, si espresse nel 2004 dicendo che “nessuno potrà mai perdonare” quelle violenze. Giorgia Meloni lo fece da vice presidente della Camera e c’è una proposta di legge in Senato. Noi continuiamo e gli hackeraggi non ci scoraggiano.