
Migrant Mother, fotografia scattata nel 1936 a Nipomo, in California, dalla fotografa americana Dorothea Lange (foto Getty)
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La fotografa che ritrasse la disperazione della Grande depressione. Una mostra
Fino al 19 ottobre, gli straordinari scatti di Dorothea Lange sono oggi visibili a cura di Walter Guadagnini e Monica Poggi presso il Museo Diocesano Carlo Maria Martini di Milano. Un percorso costituito da circa centoquaranta fotografie, a sessant’anni dalla sua scomparsa
Dorothea Lange seppe interpretare la Grande depressione del 1929 probabilmente, oltre che per una capacità fotografica tecnica straordinaria, anche per una sensibilità che la portò a empatizzare con i suoi soggetti, persone e famiglie ridotte a uno stato di disperazione tanto improvviso quanto drammatico. Nata a Hoboken, una cittadina del New Jersey, a sette anni Lange contrasse la poliomielite e poco tempo dopo il padre abbandonò la famiglia, lasciando la moglie e i due figli in una situazione economicamente complicata. Furono i corsi di fotografia presso la Clarence H. White School di New York, in particolare sulla tecnica dei ritratti di grande formato, a darle una competenza e una direzione nella vita. I primi passi li mosse aprendo uno studio fotografico a San Francisco. Per i ritratti era già molto nota e ambita, ma i reportage sociali sulla povertà in California portarono a Lange una nuova fama.
La Grande depressione diviene così il terreno di messa a fuoco di una visione che rivoluzionerà la fotografia e la conseguente percezione della realtà. Tra il 1935 e il 1943 Dorothea Lange viene chiamata a raccontare, in un’enorme campagna fotografica promossa dal Department of Agriculture, la condizione dei contadini, in particolare gli abitanti degli Stati centrali, durante gli anni della crisi – al tempo erano circa trentatré milioni di persone, un quarto di tutta la popolazione statunitense. Insieme a Walker Evans, Arthur Rothstein, Carl Mydans e Ben Shahn, Dorothea Lange contribuì a dare forma al più grande archivio fotografico della storia americana, un racconto che colse nel profondo lo stato di salute di un paese che inseguiva disperatamente nuove opportunità. Quegli straordinari scatti sono oggi visibili a cura di Walter Guadagnini e Monica Poggi presso il Museo Diocesano Carlo Maria Martini di Milano che, in collaborazione con Camera – Centro Italiano per la Fotografia di Torino, cura la mostra “Dorothea Lange. Racconti di vita e lavoro”, aperta fino al 19 ottobre. Un percorso costituito da circa centoquaranta fotografie – stampe originali – che celebrano la grande fotografa americana a sessant’anni dalla sua scomparsa. Come sempre l’allestimento curato presso il Museo Diocesano spicca per cura e attenzione e restituisce pienamente la qualità di un lavoro che prende avvio dagli anni Trenta e intreccia il proprio sguardo con la società, l’economia e la letteratura dell’epoca.
Segno ancora oggi dell’efficacia del Farm Security Administration, che venne pensato per raccontare anche con registi, giornalisti e scrittori la necessità e l’azione del New Deal, ma sopratutto esplicitò le esigenze di una popolazione ridotta in drastica povertà. Il valore di quel progetto governativo stette tutto nella capacità di riconoscere a ogni suo interprete una totale e assoluta libertà artistica. Nessuno dei progetti né tanto meno i reportage di Dorothea Lange possono essere così sovrapponibili l’uno all’altro, ma vivono distintamente in maniera autonoma e autoriale, raccontando la povertà senza mai scivolare nella retorica. A partire forse dalla fotografia più famosa, “Migrant Mother”, il ritratto di una madre circondata dai figli e costretta a vivere in un accampamento. Una fotografia che grazie alla sua forza emotiva divenne simbolo dello stato di disagio diffuso che in quegli anni attraversava gli Stati Uniti. Dorothea Lange posa prima di tutto il suo sguardo sulle persone, rivelandone i sentimenti e la fatica. Non mostra mai la povertà come un feticcio ideologico, ma nell’evidenza di un dolore quotidiano che per molti di loro fu una ferita indelebile nelle loro esistenze.