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In Francia
In Francia la battaglia per la vita non è affatto un'esclusiva cattolica
Le persone con disabilità in Francia chiedono aiuti per vivere dignitosamente, non per morire. Contestano la legge sul fine vita, vista più come una minaccia che come un diritto
"Al tuo posto preferirei morire…”. “Non hai mai avuto voglia di suicidarti?”. “Io non avrei la forza di continuare una vita simile…”. “Sono abituati alle piccole frasi assassine, alla compassione mortifera e alla pietà pericolosa”, si legge sul Figaro del 23 maggio. L’articolo si riferisce alle persone portatrici di handicap e in particolare alle molte fra di loro preoccupate dall’idea che piuttosto che aiutarle a vivere meglio la prossima legge sulla fine della vita in Francia si orienti verso una “morte degna”. Militanti di sinistra come l’avvocato franco-cilena Elisa Rojas, costretta su una sedia a rotelle, fanno sentire la loro voce rispetto all’aiuto a morire come potrebbe essere quello proposto dal parlamento francese. “Una legge con una logica “validista” e eugenetica – scrive sul media trotzkista Rivoluzione Permanente – nel senso che tutti i ragionamenti fatti per sostenerla si fondano sul postulato che non tutte le vite si equivalgono. Il testo – continua l’avvocato Rojas – suppone che sia logico che le persone malate o handicappate vogliano morire e che non sia necessario, come si farebbe con le persone sane, interrogarsi sul loro entourage, sulle cause reali del loro desiderio di morire, o cercare di dissuaderli dal ricorrere al suicidio ma al contrario facilitare il loro passaggio all’atto”.
Anche Elena Chamorro, professoressa di spagnolo, insegnante universitaria per una ventina d’anni e divenuta paraplegica in seguito a un incidente della strada, è sulla stessa linea critica. “Il liberalismo considera che solo le vite produttive siano degne di essere sostenute” e su questa base esiste una spinta a “proporre la morte come ultima libertà”. Anche lei teme che questa legge “farà saltare qualsiasi meccanismo di prevenzione del suicidio” per le persone più vulnerabili. La professoressa Chamorro non considera un caso che la legge venga votata poco dopo l’epidemia di Covid-19: “un contesto di difficile accesso alle cure ha reso – scrive anche in una lettera aperta del “Fonte di sinistra antivalidista” ai deputati – le nostre morti ancora più facili da accettare” rilanciando una logica di gerarchia nel valore delle vite. L’ipocrisia che intravede è quella di politiche pubbliche che da un lato “organizzano la precarietà e la dipendenza delle persone malate e portatrici di handicap privandole di fatto del controllo sulla propria esistenza” per poi, in modo particolarmente ipocrita, “pretendere che le stesse persone possano all’improvviso ritrovare tutta la loro libertà solamente nel momento di scegliere la loro morte”. Lo slogan “aiutateci a vivere piuttosto che a morire” sarà portato nei prossimi giorni anche davanti all’Assemblea Nazionale, per iniziativa di Cyrille Jeanteur, affetto da una sindrome locked-in da 27 anni, e di sua moglie Magali: la coppia ha sperimentato il degradarsi progressivo delle cure che negli ultimi anni Cyrille ha potuto ricevere.
“Le persone che si prendono cura di Cyrille – riferisce Magali al Figaro – non possono più farlo alzare dal letto e raderlo tutti i giorni, non sono più in numero sufficiente per farlo. Questa diminuzione degli aiuti ha degli effetti sui malati: il rischio è quello che perdano la speranza e siano spinti a farsi da parte”. La stessa esperienza è riferita dal giovane scrittore Louis Bouffard, affetto da una miopatia di Duchenne e autore nel 2024 del libro “Un cuore gioioso”. La sua malattia progressiva lo renderà presto totalmente dipendente. “Questa legge – scrive – ci indica la porta d’uscita” di fronte a “una società utilitarista nella quale il diritto di vivere è legato alla produttività e alla performance”. Non sappiamo quale sarà il testo finale della legge francese ma queste voci dimostrano chiaramente che essere dalla parte della vita non è un’esclusiva cattolica, non è “di destra” o “di sinistra”. Queste persone, dal profondo della loro esperienza di vita, con chiarezza riportano alla luce le tante ipocrisie che minano il cammino della nostra presunta civiltà e inquinano il dibattito anche nel nostro paese. Gli “ostacoli” verso la nostra idea di perfezione però sono ineliminabili e ci stanno di fronte: ogni giorno e in ogni luogo ci ricorderanno tutto ciò che avremmo voluto miseramente nascondere.