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il libro
Da Himmler a Ildebrando di Soana, tra numeri e catastrofi. La storia di Roma in sette saccheggi
Mescolando sapientemente alto e basso, grandezza e miseria, Matthew Kneale analizza la vita millenaria della Capitale e snuda personaggi e caratteri, vicende conosciute e altre decisamente meno note: un romanzo sulla resilienza di una città che ne ha viste e passate di ogni genere
Heinrich Himmler, le sue SS e un gruppo di assonnati cittadini di Cosenza, prefetto in testa, all’alba di una caliginosa giornata si radunano sul greto di un fiume fatto deviare e attendono che alcuni archeologi francesi e una graziosa rabdomante compiano la loro missione: scovare la tomba di Alarico, Re dei Goti. Epidemie malariche che puntuali come un orologio svizzero calavano sulla città di Roma, ogni sei anni. Il toscano Ildebrando di Soana mosso da acume riformista si inurbò ancora giovanissimo in un convento all’Aventino, ospite di un suo parente, in attesa di rendersi Papa moralista.
Come si legano tra loro questi episodi e soprattutto come si intrecciano con la millenaria storia di Roma? Ce lo spiega Matthew Kneale nel suo ‘Storia di Roma in sette saccheggi’ (Bollati Boringhieri). Kneale, romanziere britannico, laureato in Storia moderna a Oxford, da molti anni vive a Roma con la moglie e di Roma è un appassionato studioso e cantore, mescolando sapientemente alto e basso, grandezza e miseria. Come spiega nell’introduzione al volume, l’idea di analizzare la storia e la vita millenaria della Città eterna attraverso sette saccheggi è determinata da un lato dal potente simbolismo numerologico del sette, sette i saccheggi ma ovviamente sette sono i colli, e dall’altro lato il saccheggio come senso della catastrofe, attraversata in maniera dolorosa questa ma superata dai romani con partecipata mestizia; ‘i romani si sono continuamente scrollati di dosso le catastrofi per ricostruire da zero la loro città, aggiungendo via via una nuova generazione di monumenti grandiosi. Insieme, pace e guerra hanno contribuito a rendere Roma il luogo straordinario che è oggi’. E la storia di Roma è in effetti questo tortuoso e labirintico ibrido che ha assommato, lungo la dorsale del tempo, sublime poesia e volgare sciattezza, indolenza e vitalismo quasi eroico, distruzione e creazione.
Basterebbe ripercorrere le vicende e le narrazioni dei grandi letterati che sciamarono in città attratti dalla sua millenaria storia, dalla sua cultura, dalla sua arte, traendone il senso stordente di questa ambivalenza tra abisso e vetta, tra sudiciume e bellezza irradiante. Kneale sceglie con cura i sette episodi e le sette epoche storiche attorno cui affrescare cartoline sospese tra la dimensione del romanzo e quella della storia. Ci sono i Galli, guidati da Brenno, e il loro primo spaventoso sacco di Roma, seguito la carneficina dei fanti romani durante la battaglia, o meglio a dirsi la fuga, dell’Allia. Ci sono i Goti, poi. E qui si situa la misteriosa visita cosentina di Himmler, affascinato da una archeologia esoterica che avrebbe visto sciamare le sue SS in lungo e in largo per il mondo, alla ricerca di antiche vestigia dei popoli ariani. Se i Galli avevano invaso una città destinata di là a pochi anni a dominare il mondo conosciuto, trascolorando da Repubblica a Impero, i Goti si situano lungo il crinale ormai drammaticamente discendente della potenza romana. La città che si para davanti loro appare ancora però svettante e maestosa, cinta dalle alte mura Serviane che racchiudevano il nucleo interno dei sette colli e dalle non meno maestose mura Aureliane, che al contrario proteggevano l’estensione urbana esterna rispetto i colli. Storia, archeologia, arte, cultura, dramma, morte, aneddotica, Kneale snuda personaggi e caratteri, vicende conosciute e altre decisamente meno conosciute, intreccia e impasta il tutto in modo godibile, rendendo il volume un romanzo sulla resilienza di una città che ne ha viste e passate di ogni genere. Ci sono i Normanni, gli Spagnoli, sovrani e papi, nobildonne e plebei redenti, i lanzichenecchi con la loro scostumata furia, i Francesi, discesi, in epoca napoleonica, come presunti liberatori dal giogo pontificio e trasformatisi essi stessi, in seguito, in tiranni reazionari desiderosi di spezzare le reni alla neonata Repubblica del 1848, e poi gli anni del regime fascista, compresa la tragica occupazione nazista. A questo proposito, la Roma fascista respingente coi turisti di breve periodo e tesa a privilegiare gli alberghi lussuosi, afflitta da cantieri e ingorghi, sembra non poi così distante nel tempo e da ciò che ancora oggi è la dimensione antropologico-sociale della città.