Di fronte al destino e all'arte di Giorgio Ferrara. Applausi

Lucetta Scaraffia

Un funerale laico intenso e bellissimo. C’è stato qualcosa di importante e vero nella cerimonia: il filmato che ha raccolto tanti dei suoi spettacoli, della sua vita di regista, attore, direttore

La nostra società tocca il punto più basso nei funerali. A meno che una persona non possa usufruire della leggendaria coreografia dei funerali reali, la norma ci fornisce solo scialbi funerali laici, in cui il ricordo del defunto è presentato in modo poco veritiero e superficiale, direi perfino con imbarazzo. Non siamo abituati all’oratoria funebre, i funerali laici per noi sono ancora una novità abbastanza recente. Ma anche quelli religiosi hanno perduto la loro profonda dignità. La liturgia sciatta – come ormai quasi sempre, del resto – e una omelia povera, che si rifugia continuamente a invocare l’amore per non parlare della morte. Mentre noi, i presenti, siamo tutti messi fronte non solo alla morte del defunto, ma anche alla nostra. Un rito religioso, quello cattolico, che è stato inspiegabilmente alleggerito, privandolo di parole rituali di grande potenza come il de profundis.

  
Che bellissima sorpresa allora partecipare a un funerale laico intenso e bellissimo, quello di Giorgio Ferrara. Le parole, poche ma perfette, con le quali è stato ricordato non solo ci hanno ricordato chi era, ma anche ci hanno fatto scoprire aspetti ai quali forse non aveva portato molta attenzione anche chi  lo conosceva bene. Parole che ci hanno messi di fronte a un destino umano compiuto. Perché è solo con la morte che si compie il destino umano, che si può capire il senso vero di una vita. La morte trasforma la vita in un destino, ha scritto Malraux. E di fronte al destino di Giorgio abbiamo potuto guardare senza troppa ansia al nostro, di destino, e quindi alla nostra morte.

    
Ma c’è stato ancora qualcosa di importante e vero, in questa cerimonia: il filmato che ha raccolto tanti dei suoi spettacoli, della sua vita di regista, attore, direttore. Una vita di contatto continuo con l’arte, un’arte che riconosceva e trasmetteva agli altri, un’arte che, come ogni forma di arte, nelle sue forme riuscite mette in contatto con la spiritualità. E questo ci ha ricordato che non è solo la religione a farci sentire la presenza del trascendente.

    
Io odio gli applausi ai funerali, ma in questo caso erano dovuti, non uno di meno.

Di più su questi argomenti: