FACCE DISPARI

Nora Puntillo, dal Mistero napoletano alla città friggitoria

Francesco Palmieri

La giornalista è una memoria storica di Napoli, dove ha vissuto la cronaca e dove crebbe fra i comunisti dell'Unità che volevano cambiarla. Intervista 

In Mistero napoletano Ermanno Rea descrisse “questa piccola donna, cronista di grande intelligenza e scrupolo”, “volto di topo furbo sul quale si alternano luci, appunto, di furbizia a luci di appassionato candore. È piccola, scura, pienotta, parla con voce che si fa sempre più flebile via via che si addentra in qualsiasi scandaglio: come se tutto, al mondo, fosse un segreto da sussurrare all’orecchio”.

Eleonora Puntillo, per tutti Nora, è una memoria storica della città di cui ha vissuto la cronaca e dove crebbe fra i comunisti che volevano cambiarla negli anni della guerra fredda, quei giornalisti militanti dell’Unità di Angiporto Galleria tra cui Rea sarebbe tornato tanti anni dopo per svolgere il filo dell’inspiegabile fine di Francesca Spada: la collega coi “lineamenti da Shéhérazade”, amica del matematico Renato Caccioppoli e compagna di Renzo Lapiccirella talmente invisa al moralismo del Partito da lasciare la città per Roma, tornando a Napoli per togliersi la vita il Venerdì Santo 1961. La giovanissima Nora, che ereditò la scrivania di Francesca, sarebbe stata testimone qualificata nel decennio settanta-ottanta, quello della sindacatura Valenzi rievocata in questi giorni al Cinema Modernissimo di Napoli (dopo Torino e Roma) col docufilm La giunta di Alessandro Scippa, figlio di Antonio, assessore comunale durante l’avventura amministrativa dal ’75 all’83.

 

A sinistra c’è voglia di amarcord?

È stato bello rivedersi in questo film, ma se parliamo di sinistra a Napoli oggi ne trovo traccia solo nell’aggregatore di Infiniti Mondi, la rivista di Gianfranco Nappi attorno a cui si ritrovano ex del Pci e del Psi. Per il resto, qui la sinistra non esiste più.

 

Il Pd?

Ha prodotto molta gentaglia. E m’intristisce l’idea che il figlio di un grande sindacalista come Paolo Cozzolino si trovi coinvolto nel Qatargate.

 

E De Luca? Non è napoletano ma è il presidente della Regione.

De Luca fa bene e fa bene anche il pazzo. Ha capito che alla politica serve un aspetto spettacolare.

 

Nostalgia del vecchio Pci?

Noi sentivamo il compito di far capire al popolo quali erano i suoi veri interessi. E in parte ci riuscimmo. Poi arrivarono i puffi e la finzione sostituì la realtà.

 

Negli anni novanta Bassolino riaccese speranze.

S’infransero. Quando dovette fare i conti con le alleanze, i buoni propositi andarono in fumo.

 

E cominciò il decennio de Magistris.

Che fu eletto per due pregi: era un ex magistrato che non rubava ed era bello. Quando il Comune concedette migliaia di permessi per aprire i baretti a Chiaia, chi ci abitava e lo aveva votato con tanto entusiasmo non poteva tornare più a casa e non dormiva per il caos. L’ex magistrato bello ha lasciato guasti spaventosi. Non rubare è necessario, ma come virtù non basta.

 

Ora c’è Manfredi il tecnocrate.

La facoltà di Ingegneria s’è trasferita in Municipio. Bisognerà capire se gli incarichi di progettazione si tradurranno in realtà o resteranno foraggiamento di clientes.

 

Com’è cambiata Napoli?

Sta diventando una friggitoria a cielo aperto. All’epoca della giunta Valenzi già si diceva: guai a trasformare la città in un’altra Venezia, mezzo morta e invasa da turisti inebetiti che vanno cercando quel che hanno visto in tv. Cominciò coi tour sui luoghi raccontati da Elena Ferrante ne L’amica geniale.

 

Il turismo porta benefici economici.

Momentanei. È una bolla che potrebbe sgonfiarsi all’improvviso com’è accaduto con la pandemia, quando in centro la monocoltura dei b&b fallì con subitanee dismissioni, salvo la corsa a ricomprarli nuovamente dopo le riaperture. È un mercato falsato, esposto al primo soffio di vento. Intanto sopportiamo le code, il traffico peggiorato, lo smog.

 

Chiudono le librerie. La Feltrinelli di piazza dei Martiri riaprirà fra cinque mesi rimpicciolita; chiude in piazza Dante la libreria di Tullio Pironti, il pugile editore di cui Bompiani ha ripubblicato mesi fa l’autobiografia Libri e cazzotti.

Piazza Dante ha già subìto lo sfregio di diventare una spianata di pietra per colpa di Gae Aulenti: d’estate ci si crepa di caldo e d’inverno si è preda delle intemperie. La chiusura della libreria di Tullio mi addolora ricordando un amico carissimo, che non fece azienda per troppa generosità. Molte persone della sua generazione se n’andarono da Napoli, lui restò sapendo che qui c’è un’antichissima usanza: se fai qualcosa di positivo ti si schierano contro cercando di fregarti. Una volta lo rapinarono di un furgone di libri, poi per fortuna individuarono i malviventi recuperando la merce. Non volle mai conoscere il mandante per evitare qualche brutta delusione.

 

La Napoli friggitoria è quel che è, però in Mistero napoletano Rea narrava di un Pci stalinista, del tremendo segretario locale, del caso Spada. Non era rose e fiori.

Rea fece benissimo a rivelare gli aspetti negativi di allora, però noi vivevamo per un’idea di miglioramento della società. E alle magnifiche sorti e progressive credevamo davvero. Se c’era qualche figlio di buona donna lo sopportavamo, purché tutto convergesse su una grande idea.

 

Un ricordo di Francesca Spada?

Proprio in una libreria. Comprammo assieme le due copie rimaste delle Poesie di Rilke, da cui lei trascrisse i versi che lasciò quando si tolse la vita.

 

C’è un libro che le è particolarmente caro?

Mi sono rifugiata da tempo nella saggistica.

 

Un film?

Nostalgia di Martone. A proposito: Napoli aveva 72 cinematografi. Ora molti sono supermercati.  

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