incontro con l'artista

La luce, il tempo e gli orizzonti tremanti di Olafur Eliasson in mostra a Torino

Giuseppe Fantasia

A poco più di un mese dalla retrospettiva fiorentina, l’artista danese/islandese torna in Italia e porta le sue opere al Castello di Rivoli. "Siamo unici se stiamo insieme. Divisi, siamo soli", racconta al Foglio 

“In questo particolare periodo della nostra Storia, non prestiamo molta attenzione a quello che succede attorno a noi e sono poche, pochissime, le persone che si rendono conto di questo. L’istinto può vincere sulla paura, l’enigma sulle domande, e il mistero – qualunque esso sia – può far luce sul buio della ragione. Bisogna avere il coraggio di osare e capire che luce e ombra non sono mai disgiunte, ma parte del tutto come noi essere umani, che siamo unici se stiamo insieme. Divisi, siamo soli”. È timido Olafur Eliasson e alle parole, preferisce quasi sempre mostrare le sue opere immersive, ma quando lo fa, è un flusso continuo che attrae e coinvolge quasi più delle opere stesse. L’Italia e gli italiani sono impazziti per questo artista danese/islandese che fa base a Berlino e a dimostrarlo ci sono le 30mila persone che hanno già visitato la mostra "Nel suo tempo", allestita da Arturo Galansino a Palazzo Strozzi a Firenze e aperta fino al 22 gennaio prossimo. “Una mostra – ci disse l’artista nei giorni dell’inaugurazione – che rende possibile l’incontro tra opere d’arte, visitatori e lo stesso palazzo che è un contenitore d’arte, ma soprattutto un coproduttore e partecipante attivo di un viaggio nel tempo”. 

 

Un mese dopo, lo incontriamo di nuovo, ma a Torino, dove, nei frenetici giorni della 12esima edizione di Artissima, tra mostre e inaugurazioni collaterali, non potevamo non tornare al Castello di Rivoli-Museo d’Arte Contemporanea. Un posto a dir poco unico a pochi chilometri dal centro della città, ben organizzato e diretto da Carolyn Christov Bakargiev. È stata lei a volere, all’interno del programma espositivo Espressioni, la scultura video-cinetica Human One di Beeple (Michael Winkelmann), che esiste sia nel regno fisico che in quello digitale con un’animazione dinamica perpetua di una persona che assomiglia a un astronauta, ed è stata lei a volere il ritorno (è la sua terza volta) di Olafur Eliasson a Rivoli. Nel 1999, il Castello ospitò infatti la sua prima mostra museale fuori dalla Scandinavia e nel 2008, durante la seconda Triennale di Torino, l'artista realizzò The sun has no money, oggi nella collezione permanente del museo insieme a Your circumspection disclosed. Entrambe le installazioni sono oggi nella mostra Orizzonti Tremanti/Trembling horizons, a dir poco imperdibile, visitabile fino al 26 marzo prossimo. “La sua opera – spiega la direttrice – contiene echi dell’Arte povera, in particolare di Giuseppe Penone, Pier Paolo Calzolari, Giovanni Anselmo e Marisa Merz. Attraverso la sua arte, il pensiero processuale ed ecologico degli anni sessanta si collega alla visione contemporanea mediante uno sviluppo organico”.

Le sei opere di grande impatto visivo e sensoriale le troverete nella Manica Lunga, al terzo piano, dove sarà il buio ad accogliervi. La luce si prende il suo tempo, ma arriva, e seguendo quei dispositivi ottici dalla struttura a cuneo, percorrerete quell’enorme stanza seguendone i suoi giochi tra specchi e proiezioni. Il colore giallo, il “giallo Eliasson” che ci ha accompagnato durante la mostra fiorentina e – ancor prima – in quella londinese nella scenografica Tate Modern qualche settimana prima dell’inizio della pandemia – sembra non esserci, ma in realtà c’è, eccome. Basta avere solo pazienza e lo ritroverete, ad esempio, in Your power kaleidorama e in Your esistant kaleidorama, entrambe realizzate nel 2022 tra proiettori e lampade Led, filtro in vetro colorato, circuti elettronici, ottone e legno. “Il giallo è un colore caldo, è il mio colore preferito – precisa anche questa volta Eliasson, di cui sarà presto pubblicato il prezioso catalogo pubblicato dal Castello di Rivoli e curato, come la mostra, da Marcella Beccaria – perché ti permette di vedere di più e oltre. Attraverso di esso, prestando una maggiore attenzione – cosa che non facciamo affatto in questo particolare periodo storico da più punti di vista – riusciamo a vedere più di quello che uno possa pensare”.

 

Eliasson ama regalare a chi si ferma ad osservare le sue opere un’esperienza che assomiglia a un viaggio nel tempo dove quest’ultimo ha sì il suo giusto peso, ma senza mai arrivare all’estremo. Dimenticando le concezioni di spazio e di tempo, gli Orizzonti Tremanti di Eliasson fanno sì che i sei fili lucenti siano incessantemente in un movimento perpetuo. Se nelle sue mostre precedenti c’era la celebrazione dello stare tutti assieme, qui a Rivoli c’è invece la celebrazione della singola persona rendendo questa mostra ancora più intima. Ha ragione la curatrice Beccaria quando ci fa notare che l’artista, “coinvolgendo con le sue opere corpo e mente, contribuisce a rendere percepibile il ruolo di ciascuno nella produzione della realtà e nella costruzione di questo instabile presente”.

 

Gli stessi fasci di luce, generati in tempo reale, si servono dell’elettricità riflettendosi in bacini d’acqua o attraversando sistemi di lenti pensate per enfatizzare l’effetto. Sono un mix tra i caleidoscopi e i panorami e “l’effetto – spiega Eliasson al Foglio – è attraente quanto destabilizzante. Nella lunga e grande stanza in cui li abbiamo messi, trovano uno spazio-non spazio, un mondo a sé fatto di un insieme di oggetti più o meno pesanti che hanno lo stesso valore delle luci e dei colori che li avvolgono. Perdersi tra gli stessi, è a suo modo un piacere, o almeno è questo che mi auguro che provi il visitatorie quando è a contatto con una mia opera”. L’ultima, tra quelle presenti, create ad hoc per Rivoli, è Your non-human friend and navigator, “una di quelle che riesce a riunire temi come il mare, la stanchezza, l’Islanda e l’attrazione”.

“È un invito, come le altre, ad aprire il nostro sguardo oltre il visibile, immaginando ciò che non lo è”. E a voler restare lì – aggiungiamo noi – perché si ha paura di quello che potrebbe esserci al di fuori.

 


Foto Castello Rivoli

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