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Ora la Bbc dice no alla cancel culture

Giulio Meotti

Dopo che una storica voce della radio della Bbc, David Lowe, era stato invitato a dimettersi per aver trasmesso una canzone del 1930 dove compare la parola “negro” interviene il direttore della politica editoriale della tv pubblica: “L’imparzialità deve trionfare sull’identità personale”

Dopo che era successo di tutto, compreso che una storica voce della radio della Bbc, David Lowe, per aver trasmesso una canzone del 1930 dal titolo “The Sun Has Got His Hat On” dove compare la parola “negro” era stato gentilmente invitato a dimettersi, la Bbc ieri ha annunciato che si opporrà alla cancel culture e fornirà attivamente una piattaforma a personalità con punti di vista diversi. Lo ha spiegato David Jordan, direttore della politica editoriale della tv pubblica inglese, per il quale l’emittente dovrebbe “rappresentare tutti i punti di vista”. “Siamo impegnati a dare voce a tutti i diversi tipi di prospettive e non aderiamo alla cancel culture che alcuni gruppi hanno proposto”, ha affermato Jordan. “I terrapiattisti non avranno tanto spazio quanto le persone che credono che la Terra sia rotonda, ma occasionalmente potrebbe essere appropriato intervistare un terrapiattista”.

Ok, soltanto Boko Haram pensa che la terra sia piatta. Venendo invece alla domanda su questioni un po’ più dirimenti come quella transgender, Jordan ha poi aggiunto che “l’imparzialità deve trionfare sull’identità personale”. Ha criticato poi il New York Times per alcune delle sue scelte editoriali in questo campo e ha affermato che il personale della Bbc non dovrebbe essere in grado di porre il veto su niente. “Che piaccia o meno ad alcuni membri del nostro staff non è il punto”, ha detto Jordan. “Lascino i loro pregiudizi fuori dalla porta… Hanno bisogno di essere preparati ad ascoltare punti di vista con cui potrebbero essere personalmente in disaccordo”. Lo scorso novembre anche Fran Unsworth, direttrice delle news della Bbc che si era dovuta giustificare per la decisione di rompere i rapporti con Stonewall, la più nota ong lgbt del Regno Unito, aveva detto allo staff di abbandonare finalmente i paraocchi. Un giornalista della Bbc presente all’incontro con altri colleghi aveva raccontato al Telegraph: “A me sembrava che Fran dovesse spiegare il giornalismo agli idioti”.

Speriamo che quello di Jordan non sia il solito diversivo retorico, perché già Michael Grade, presidente della Bbc, anni fa disse: “Lottiamo per un giornalismo responsabile, di belle vedute, che ha l’obbligo di fornire un’informazione imparziale, con la massima serietà”. Poi la “zietta” è diventata una specie di diretta streaming del perbenismo, spingendo il settimanale Spectator a sintetizzare: “In un qualsiasi dibattito alla Bbc fra un bianco e un immigrato di colore, fra un maschio e una femmina, un borghese e un proletario, fra un eterosessuale e un omosessuale, un credente e un ateo, fra un cristiano e un musulmano, fra un industrialista e un ecologista, fra un soldato e un pacifista, fra un euroscettico e un tifoso del regime di Bruxelles, si può stare certi che il secondo protagonista l’avrà sempre vinta, grazie all’editing della regia, con la complicità dell’anchorman (o woman!), lasciando sempre il primo nella posizione dell’antipatico, dell’anacronistico e dell’oppressore”.

Se davvero la “Baghdad Broadcasting Corporation”, come fu ribattezzata la Bbc durante la Prima guerra del Golfo, darà seguito alla svolta annunciata, per il woke inizierà il conto alla rovescia.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.