Un bianco non può tradurre la poetessa Amanda Gorman

Ha tradotto Shakespeare, ma Víctor Obiols è considerato indegno di rendere in catalano le sue poesie

Giulio Meotti

E' la "whiteness", il crimine inespiabile. La settimana scorsa un licenziamento simile in Olanda. Il traduttore francese di Dante: "Che un bianco non possa tradurre un nero è terrificante"

Immaginiamo se ad Alessandra Di Maio fosse stato impedito di tradurre “Sul far del giorno” del Nobel per la Letteratura Wole Soyinka per la Nave di Teseo, a Norman Gobetti “Il danzatore dell’acqua” di Ta-Nehisi Coates per Einaudi e a Valeria Gattei “Sull’ansa del fiume” per Adelphi di un altro Nobel, V. S. Naipaul. Non c’è bisogno di immaginare, sta succedendo. E’ successo già due volte in una settimana.

 

Prima alla scrittrice olandese Marieke Lucas Rijneveld, Man International Booker Prize 2020 per il romanzo di esordio, la più giovane autrice a conquistare il prestigioso premio destinato al miglior libro tradotto in inglese. Ma Rijneveld ha una “colpa”. E’ bianca. Così si è dovuta dimettere dall’incarico di traduttrice di Amanda Gorman, lanciatissima poetessa di colore che ha parlato alla cerimonia di inaugurazione di Joe Biden. Rijneveld aveva annunciato l’imminente traduzione di Gorman, prima di fare mea culpa, mea grandissima culpa: “Sono scioccata dal clamore intorno al mio coinvolgimento su Amanda Gorman e capisco le persone che si sentono ferite dalla scelta della casa editrice Meulenhoff”. L’attivista olandese Janice Deul l’aveva attaccata per la scelta sul quotidiano Volkskrant: “Una scelta incomprensibile, secondo me e quella di molti altri che hanno espresso dolore, frustrazione, rabbia e delusione attraverso i social. Niente sulle qualità di Rijneveld, ma perché non scegliere uno scrittore nero?”. Povera Marieke Lucas Rijneveld, si presentava come “persona non binaria” e, per essere trans-friendly, aveva adottato il nome “Lucas”, l’amico immaginario. Il comunicato della casa editrice Meulenhoff, l’equivalente olandese della francese Gallimard, era stato  un bignami di “inclusione” e “sensibilità verso i lettori”. Adesso il secondo caso.

    

Anche a Víctor Obiols è stato vietato di tradurre in catalano i versi di Gorman. Obiols, che era stato contrattualizzato dalla casa editrice Univers, è stato rimosso per decisione della Viking Books, la casa editrice nordamericana che pubblica i lavori dell’emergente letterata afroamericana. “Bandito perché, pur ammirando il mio curriculum, vogliono una traduttrice, attivista e preferibilmente nera”, ha detto Obiols. “E’ una nuova inquisizione”. Obiols, traduttore di Oscar Wilde e William Shakespeare, aveva già completato il lavoro, che sarà pagato e cestinato. In Francia hanno fatto prima e la traduzione di Gorman è stata data alla belga di origini congolesi Marie-Pierra Kakoma. “Se io non posso tradurre una poetessa solo perché è una donna, giovane, nera, non posso nemmeno tradurre Omero perché non sono greco o Shakespeare perché non sono inglese o del XVI secolo”, ha detto Obiols. Lo scrittore René de Ceccatty, il traduttore di Dante, al settimanale Point dice: “L’idea che devi essere nero per tradurre un nero è terrificante. Il politicamente corretto che pervade tutta la cultura fa perdere la testa”. Come se solo un omosessuale potesse tradurre André Gide e Pier Paolo Pasolini.

   

“Il colore della pelle non è un crimine”, ci era stato detto dopo l’assassinio di George Floyd. Nel politicamente corretto, che per alcuni petalosi è solo l’invenzione dei suprematisti bianchi,  un colore criminale c’è. E’ il colore della Casa Bianca. 

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.