Addio a Juliette Gréco, "rosa nera dei cortili"

Mauro Zanon

E' morta a 93 anni la musa ispiratrice della Saint-Germain-des-Prés esistenzialista. Da Boris Vian a Jean-Paul Sartre, da Serge Gainsbourg all'amore per Miles Davis non smise mai di cantare la libertà

“Gréco, rosa nera dei cortili. Della scuola dei bambini imprudenti”, scriveva Raymond Queneau di colei che ha dato voce a “Si tu t’imagines” e a tanti altri capolavori della poesia francese, della ragazza esigente, ambiziosa, passionale, divina che divenne la musa ispiratrice della Saint-Germain-des-Prés esistenzialista e non smise mai di cantare la libertà. Juliette Gréco si è spenta a 93 anni circondata dai suoi familiari nella sua casa tanto amata di Ramatuelle, nel sud della Francia. “La sua è stata una vita fuori dal comune”, hanno scritto i suoi cari nel messaggio diffuso alla stampa.

 

Nata a Montpellier il 7 febbraio 1927, Juliette Gréco muove i suoi primi passi nel mondo dell’arte da ballerina dell’Opéra, le piace, sogna subito in grande, ma scoppia la guerra. La madre e la sorella maggiore vengono deportate a Ravensbrück, lei si salva dall’inferno in ragione della sua giovane età. Viene però imprigionata dalla Gestapo a Fresnes, dove verrà maltrattata. Quando finisce l’incubo e De Gaulle grida al suo popolo “Paris outragé, Paris brisé, Paris martyrisé mais Paris libéré!”, la madre, separatasi dal marito di origini corse, lascia il paese per l’Indocina, e lei, Juliette, con un biglietto del metrò in tasca e niente più, chiede aiuto alla sua ex professoressa di francese, Hélène Duc. Quest’ultima la accoglie a braccia aperte nella sua casa del 20, rue Servandoni, a pochi metri dalla chiesa Saint-Sulpice, nel cuore di Saint-Germain-des-Prés. E per Juliette è la svolta della vita. Scopre il fermento intellettuale di Saint-Germain e dei suoi cafès, e la militanza politica grazie alla Jeunesse communiste. Incontra Boris Vian e gli altri artisti che hanno reso scintillante la rive gauche, poi, un giorno, la sua traiettoria incrocia quella di un filosofo: è Jean-Paul Sartre. “Vuole cantare Gréco?”. Lei esita, anzi, dice che “non è sua intenzione”. Ma la sua resistenza dura poco. Lui la permette di avere una camera all’hotel La Louisiane, l’unica con l’acqua calda. È la numero 10. Alla 76, un giorno del 1949, arriva il più grande trombettista americano di tutti i tempi: Miles Davis. Si amano alla follia per due settimane, poi Miles deve tornare negli Stati Uniti, e anche a causa di questa separazione non voluta cade nel tunnel della depressione e negli anni bui dell’eroina, come racconterà nella sua autobiografia. Intanto a Parigi, Juliette, inanella i successi, si fa notare al cabaret Le boeuf sur le toit, conduce una vita da bohemiènne, inventa lo stile Saint-Germain, balla e parla di filosofia al Tabou, e diventa un’habitué dell’Olympia, il tempio della musica parigina. Lì interpreta “Rue des Blancs-Manteaux”, nata dalla penna di Sartre, e canta “Les feuilles mortes” scritta da Jacques Prévert, con la sua voce di velluto.

 

  

Negli anni Sessanta, conosce un altro ribelle come lei, Serge Gainsbourg, e nasce “La javanaise”, uno dei brani più emozionanti del repertorio gainsbourghiano.

 

Da Brel a Brassens, passando per Ferré e Aznavour, tutti i più grandi della chanson francese hanno affidato le loro composizioni a Juliette Gréco. Si è sposata tre volte: con l’attore Philippe Lemaire da cui ebbe una figlia, Laurence-Marie Lemaire, con Michel Piccoli e col pianista e autore musicale di fiducia di Brel, Gérard Jouannest. Diceva sempre: “Ho scelto di amare chi volevo, quando volevo”. Addio alla ribelle gioiosa di Saint-Germain-des-Prés.

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