Marc Fumaroli

È morto Marc Fumaroli, gentiluomo della letteratura francese

Marina Valensise

Antimoderno e ostile alle mode, è scomparso lo scrittore che ha insegnato a diffidare delle mode

È morto Marc Fumaroli, il gentiluomo della letteratura e della lingua francese, lo studioso delle accademie provinciali, il cultore e biografo indimenticabile di Chateaubriand. Con lui se ne va uno fra i migliori rappresentanti della République des lettres, l’accademico raffinato, il saggista insuperabile, lo studioso dell’eloquenza e della retorica, lo scrittore che ha insegnato a diffidare delle mode, a guardare con sospetto o magari solo con sussiego il dilagare del vezzo modernista di trasformare tutto in cultura, col risultato di appiattire le idee col pretesto di farne un oggetto di consumo, e ritrovarsi in mano un pungo di mosca, dopo aver annientato il piacere della lettura, sacrificando l’amore per i classici e per la conoscenza di sé.

 

Eppure, per quanto antimoderno e ostile al contemporaneo, fosse esso l’arte, degenerata nel mercato e nella speculazione, o la stessa cultura, pervertita dal consumismo dello stato culturale, Fumaroli era un uomo apparentemente integrato al suo tempo. Molti ricordano il signore attempato che ti guardava sempre dall’alto verso l’alto, e sfoggiava un’impertinenza rara, ricca di aneddoti spiritosi, punti di vista spiazzanti, ma al tempo stesso non disdegnava indossare la tuta per passare il pomeriggio in una palestra del Marais. Professore di retorica al Collège de France, adorava girare per le strade Parigi in bicicletta con la molletta nel pantalone. Critico per mestiere e per passione, era un conversatore irresistibile, un perfetto anfitrione curioso di tutto e facile alla perfidia, che esercitava di fronte al cenacolo di allievi, discepoli, ammiratori riuniti nel bell’appartamento dai soffitti altissimi in rue de l’Université, dove entravi con la stessa soggezione di chi andava a pregare in un tempio antico. Classicista di spirito e moderno d’anagrafe, era un corso dal carattere insofferente e focoso, benché mitigato dalle buone maniere. Per esempio detestava, e lo diceva apertamente, ritrovarsi ospite in casa di amici di vecchia data per passare l’estate con loro. Nato a Marsiglia, era cresciuto in Marocco, dove il padre era funzionario a Fés e la madre istitutrice gli aveva instillato il gusto dei libri e della letteratura. Rientrato in Francia per finire il liceo, aveva studiato prima a Aix-en-Provence, e poi alla Sorbona, e ottenuta nel 1958 l’agrégation, l’abilitazione all’insegnamento, si era iscritto al corso di allievi ufficiali della scuola di Saint Cyr e da lì era partito per la guerra in Algeria, dove aveva raggiunto il VI reggimento di artiglieria di stanza sud di Setif.

 

La letteratura però aveva prevalso sulla guerra e sulla vita militare. E così, borsista della Fondazione Thiers, poi assistente all’Università di Lille, inizia una brillante carriera che lo porta nel 1976 alla cattedra alla Sorbona, abbandonata dieci anni dopo per quella del Collège de France, nel 1977 a fondare la Société internationale pour l’histoire de la rhétorique, nel 1978 a entrare nella redazione di Commmentaire, rivista dei conservatori liberali fondata da Raymond Aron. Da allora in poi, insegnando a Princeton, Oxford, Chicago, Bologna, specialista accreditato di Corneille e La Fontaine, Fumaroli si è dedicato alla difesa militante del patrimonio classico e alla denuncia senza indulgenza delle degenerazioni del moderno, prima fra tutte lo Stato culturale, la nuova ortodossia dei consumi culturali di massa, che ai suoi occhi altro non era che una perversa evoluzione consumistica dell’ideale della cultura caro a André Malraux, grande scrittore e ministro del generale De Gaulle, e il frutto non poco marcio della vulgata ideologica promossa da Jack Lang, ministro del presidente socialista François Mitterrand, promessa a generale emulazione, con gravi danni per la tenuta della vita dello spirito e dell’autentica vita intellettuale.

Di più su questi argomenti: