La diseducazione delle banane e il legame tra politica, arte e censura a Varsavia

Il direttore del Museo nazionale di Varsavia, Jerzy Miziolek, ha fatto rimuovere l'installazione di Natalia LL in quanto aveva trovato “scandaloso” e “diseducativo” quel gioco fatto di ragazze, bocche e banane

Micol Flammini

Roma. Banane, banane ovunque. Sui social, dietro ai cancelletti, banane in mano a politici, a cantanti, attori, a modelli e a studenti. Banane all’università, per le strade, nei centri commerciali. Banane che diventano pistole, telefoni, microfoni. Banane tra i capelli, in mano e ovviamente tra le labbra. Banane ovunque, ma non al museo. Da quando il direttore del Muzeum Narodowe, museo nazionale di Varsavia, ha ordinato di rimuovere dalle pareti dell’edificio alcune istallazioni, incluse quelle dell’artista Natalia LL, la Polonia si è riempita di banane e il frutto è diventato il simbolo capriccioso della ribellione, della resistenza, dell’opposizione. Venerdì scorso Jerzy Miziolek, nominato direttore del museo nel novembre del 2018, ha disposto la rimozione delle installazioni video esposte nell’ala del museo dedicata all’arte del XX e del XXI secolo. Aveva definito “scandaloso” e “diseducativo” quel gioco fatto di ragazze, bocche e banane, aveva esposto le sue perplessità al ministero della Cultura che da subito si è pronunciato a favore della rimozione dell’intera installazione dal titolo “Secretum et Tremor”. Ma quel gioco “immorale” veniva da un’idea di Natalia LL, tra le artiste polacche contemporanee più conosciute al mondo, le sue mostre sono arrivate alla Tate di Londra e al MoMa, quelle immagini “indecenti” erano arte e i polacchi a questa censura non hanno risposto in modo accomodante.

 

Da mesi Varsavia è piena di manifestazioni, prima quelle contro le restrizioni della legge sull’aborto, poi la manifestazione più grande, quella contro la riforma della giustizia voluta dal partito di governo, il PiS, per epurare la magistratura. In quel caso le proteste furono ininterrotte, notte e giorno, i polacchi erano rimasti asserragliati attorno all’edificio della Corte suprema, quasi volessero proteggerlo dall’ingerenza del governo. Urlavano “Costituzione e Unione europea” e alla fine il PiS fece un piccolo passo indietro. Nelle ultime settimane sono stati gli insegnati a manifestare, e la protesta potrebbe continuare ancora per molti giorni e la censura della mostra sta generando fiumi di rimostranze. Molte riguardano le competenze del direttore del museo, sponsorizzato dal PiS. Jerzy Miziolek è un archeologo, uno storico dell’arte e prima di dirigere il Museo nazionale era al Museo dell’Università di Varsavia e dalla sua nomina ha annunciato cambiamenti criticando il precedente direttore che aveva spogliato, secondo Miziolek, il museo della sua funzione autoriale. Quando qualche giorno fa un gruppo di studenti e insegnanti è andato in visita al museo, il direttore ha capito subito come avrebbe potuto disfarsi di tutte le opere e le installazione che non rispondevano ai suoi criteri e sostenendo di aver parlato con i docenti e di aver osservato i ragazzi, ha preso la decisione di eliminare i video, portarli via dalle pareti del museo perché “distraggono i giovani”. E poco importa se l’opera di Natalia LL fosse in realtà una critica al periodo comunista, il peggiore degli spettri del partito di governo, quella ragazza con una banana, marcia, in mano ha turbato il direttore che subito ha detto di aver ricevuto le proteste di molti genitori che accusavano il museo di aver creato traumi nel loro figli.

 

Il problema non è soltanto in quella mostra, nelle nudità accennate, nei frutti indiscreti, nelle smorfie maliziose, il problema per Miziolek starebbe nell’arte contemporanea, senza valori, per questo ha promesso la rimozione della Galleria dedicata al XX e XXI secolo e sogna di sostituirla con un’esposizione permanente di pittura polacca. Quando il PiS vinse le elezioni nel 2015, lo fece sotto lo slogan “Dobra zmiana”, “Buon cambiamento”. Il partito è riuscito a mutare molte cose, ma la forma di resistenza più ostinata è arrivata dagli ambienti artistici che sono a capo di questa nuova rivolta. Tra i primi a manifestare il dissenso contro la decisione del direttore del museo è stata Anja Rubik, modella polacca, altissima e biondissima, che combatte il governo cercando di sfatare i tabù sul sesso. Lo fa con una organizzazione no-profit chiamata sexedPL, il sesso come forma di resistenza contro la sessuofobia del governo. La modella organizza workshop sull’educazione sessuale, ha pubblicato un libro che ha venduto più di centotrenta mila copie e su Instagram ogni tanto appare con dei video brevissimi in cui parla con un gruppo di adolescenti di contraccezione, masturbazione e malattie veneree. Ma la protesta contro la censura nel Museo nazionale ha interessato anche la politica. Primo tra tutti Walesa, Jaroslaw e non Lech. Il figlio dello storico leader di Solidarnosc sta facendo campagna elettorale per le europee e anche lui si è fatto fotografare con una banana in mano. Quattro foto: la prende, la sbuccia, la guarda, la mangia. Suo padre, ormai diventato un’icona pop con i suoi occhiali arancioni e la maglietta con la scritta Konstytucja, Costituzione, orgoglioso, lo ha rituittato.

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