Rembrandt, Isaak e Rebekka (1665-1669)

Tutto Rembrandt

Francesco Stocchi

Gli olandesi celebrano il loro artista simbolo con una mostra grandiosa che si fa beffa della tradizione

A 350 anni dalla morte di Rembrandt, l’Olanda celebra “l’anno di Rembrandt” organizzando un susseguirsi di mostre ed eventi speciali che onorano questo grandissimo, prolifico e ingordo artista.

Messe da parte questioni di gusto e di stile, gli olandesi mai risultano banali o gretti quando si presentano le condizioni per proporre modelli innovativi, per osare, facendosi beffa della tradizione. Non intimoriti dal peso di una grande storia culturale, prediligono una concezione della storia in modalità evolutiva, come custode del fuoco, non culto delle ceneri, per usare una felice definizione di Mahler.

 

 

Quindi invece di esporre i migliori Rembrandt del mondo, per celebrare il loro artista simbolo, il Rijksmuseum ha deciso di celebrare se stesso facendo tutto in casa, usando gli ingredienti a disposizione aprendo i suoi archivi e vasti depositi per mostrare per la prima volta, tutto ciò che finora ha custodito in collezione. “All the Rembrandts” (fino al 10 giugno) non presenta solo grandi e celebri dipinti, ma soprattutto ciò che si è visto poco e poco si vedrà in futuro. Disegni, incisioni, acqueforti e puntasecca, schizzi, prove che formano l’insieme di una mostra-evento unica, grandiosa, ma organizzata con un’economia di mezzi sorprendente.

 

Le sale, affollatissime, sono divise per tema, l’allestimento conferisce egual dignità a imponenti opere su tela e a quelle su carta, più intime e ridotte in fatto di dimensioni. Sono queste ultime che ci offrono maggiori strumenti per la comprensione del linguaggio espressivo di Rembrandt, delle sue pulsioni e della sua tecnica. La sintesi del tratto rende le opere su carta sicuramente più moderne rispetto ai dipinti, più tradizionali e comunque fortemente espressivi nei loro chiaroscuri. Quello che ne risulta alla fine è un’opera intimista, dove compaiono tutti gli attori e le comparse della sua vita. La famiglia certamente, padre e madre erano modelli ricorrenti per il giovane Rembrandt cresciuto a Leiden, affascinato dai segni del passaggio del tempo sui tratti umani, la formazione di rughe sul viso, gli effetti dell’invecchiamento su una barba fluente. Un’aria di melanconia avvolge i soggetti rappresentati, accompagnata da licenze fantastiche come nello stile delle tronies, pittura di genere concentrata sull’espressione facciale, in voga nel secolo d’oro olandese e nella pittura barocca fiamminga.

 


 

Rembrandt, autoritratto (1640) 


  

Il migliore di tutti

Questo interesse nei confronti dei tratti pittoreschi e delle espressioni spontanee, oltre a denotare un amore per il teatro, lo portò ad usare le persone che animavano il suo quotidiano quali epitomi delle caratteristiche umane. Quindi sua moglie Saskia ritratta anche in letto di morte, ma anche i suoi zii, vicini, colleghi, creditori, l’usciere del municipio o l’esattore delle tasse (nel 1656 Rembrandt andò in bancarotta). Con l’aumentare del controllo della sua tecnica, i formati si ingrandiscono, incoronando Rembrandt come l’indiscusso miglior ritrattista della città. La curiosità verso l’ordinario, la naturalezza e l’apparentemente trascurabile, lo spinsero a disegnare per strada. Riconosciamo nella sua opera lo spiccato interesse per la vita di strada e per il suo lato più pittoresco. Numerosi ritratti sono dedicati a mendicanti, a musicisti e a malandati dei quali riesce a toccare con mano la tragedia e la drammatica indigenza. Pochi furono gli artisti più conosciuti sia nell’arte della ritrattistica su commissione che in quella popolare. Raffigurando senza scherno o ridicolo le persone bisognose, come invece era in voga nel Seicento, Rembrandt si servì di tali studi per la rappresentazione delle figure pietose nelle sue numerose scene bibliche, dimostrandosi capace di raccontare storie quanto di ritrarre figure.

 

Ma nessun altro artista del XVII secolo ha prodotto tanti autoritratti come Rembrandt. Fin dai primi anni, quando era ancora un talento nascente, ha scelto i tratti del proprio viso come soggetto di studio approfondito. Quale modello è così economico, paziente e prontamente disponibile come l’artista stesso? In questo modo avrebbe potuto esercitarsi all’infinito e sbirciando nello specchio ha perfezionato le sue tecniche di disegno, di incisione e di pittura.

Così come ora si ama tanto usare i filtri agli scatti dei nostri telefoni, così Rembrandt ha praticato l’effetto di potenti contrasti di luce catturando ombre sottili, allontanandosi dal reale per avvicinarsi al percepito, forse al sognato. Ha fatto facce buffe davanti allo specchio, imparando come trasmettere ogni tipo di emozioni, dipingendosi calato in una varietà di ruoli, vestito con abiti vecchio stile del XVI secolo o con abiti biblici. Rembrandt divenne molto familiare con la sua stessa faccia, e ora possiamo farlo anche noi.

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