
Il Friuli passatista di Furland
Nel romanzo di Tullio Avoledog la Regione viene trasformata in un unico enorme parco a tema storico fondato sull'errore che il futuro sia imprevedibile mentre il passato, visto e rivisto, sia innocuo
Per capire l’Italia di oggi può essere utile capire il Friuli di domani; un Friuli immaginario, ovviamente, ma non per questo meno plausibile. Nell’ultimo romanzo di Tullio Avoledo ha cambiato nome e dà il titolo all’opera, “Furland®”, con il simbolo del marchio registrato che l’editore Chiarelettere ha voluto ben visibile in copertina. Il nuovo Friuli si è reso indipendente non solo nello spazio, per mezzo di una secessione, ma anche nel tempo, grazie all’azione visionaria di un riformatore che l’ha trasformato in un unico enorme parco a tema storico. Spostandosi di paese in paese, i visitatori possono assistere alla battaglia di Caporetto, all’invasione turca del 1499, allo stanziamento dei cosacchi durante la seconda guerra mondiale, alla cruel zobia grassa ossia la rivolta contadina del 1511; possono incontrare Hemingway o contemplare da vicino le sciccherie asburgiche nel castello di Miramare. Il fatturato è stellare e il Furland diventa – o almeno crede di esserlo – il posto più ricco, più sicuro, più felice del mondo.
C’è dietro una storia di spionaggio che tralasceremo per analizzare la questione geopolitica su cui s’incardinano il libro e le ironie di Avoledo, poiché ci parlano di noi anche se non siamo friulani e non abbiamo mai messo piede in un parco a tema. Perché la storia tira così tanto? Cosa trascina milioni di persone ad applaudire compunta di fronte alla replica delle atrocità o assurdità del passato? Cosa rende il Friuli passatista una terra più pura delle altre nonostante interamente composta da rifacimenti posticci? Lo spunto della riforma del Friuli, racconta Avoledo, giunge da una frase pronunciata da Slavoj Žižek un paio d’anni fa a Pordenonelegge: “La nuova frontiera rivoluzionaria non è il futuro ma il passato”. Come tutte le sentenze di Žižek, non conta tanto se l’abbia veramente detta ma il fatto che avrebbe potuto dirla davvero; in quanto incarna il paradosso che oggi costituisce l’orizzonte di ogni riforma (per i moderati) o rivoluzione (per gli estremisti) ovvero cambiamento (per quelli che confidano nell’azione del governo Conte). Nel passato troviamo il sacello della nostra vera identità e, per preservarlo, sogniamo di impedire che il presente continui a deturparlo riscrivendolo con le sue interpretazioni successive: vogliamo invece che il passato torni davanti a noi presentandosi immutato e diventi, in questa maniera, un avvenire continuo che ci garantisca il controllo dell’infinito avanzare del tempo.
È un impeto verdiano a progredire tornando indietro. L’idea ci consola, lascia cadere Avoledo fra le righe, perché il passato non può nuocerci in quanto già accaduto. “Le paure dei secoli passati erano ormai alle spalle”, scrive, “e per l’umanità si preparava un futuro di pace e di benessere”; la riforma immaginaria del Friuli si fonda sull’errore di fondo del passatismo, credere cioè che ciò che è già avvenuto sia inevitabilmente migliore di ciò che può avvenire per il semplice fatto che il futuro è imprevedibile mentre il passato, visto e rivisto, è innocuo. Chi indica l’avvenire con l’intenzione di rimettere indietro le lancette – chi vuol riportarci alla lira, per dire, o chi vuol costringere i lavoratori a trascorrere la domenica in famiglia – cade vittima dell’errore di non considerare che, un tempo, anche il passato era futuro ovvero un ignoto che faceva paura.
Il secondo caposaldo ideologico del Furland è che nel passato si annidi la verità. Questo pare essere una convinzione incrollabile a tutte le latitudini del mondo distopico descritto da Avoledo, se è vero che gli Usa sono stati scissi in Tus e Fus: i True United States sono gli stati centrali retrivi e terragni identificati come vera America dalla dinastia Trump (non si dice a quale erede siamo giunti), i Fake United States sono gli stati delle coste orientali e occidentali, quelli dell’innovazione tecnologica, artistica e sociale. Il progresso impone la variazione ma la variazione implica la menzogna, il tradimento. Nel Furland, ad esempio, si è deciso di riportare il tessuto connettivo della regione, ossia le aree che congiungono un’attrazione storica all’altra, al momento antecedente il terremoto del 1976. È un Friuli preindustriale privo di Zanussi, Snaidero, Solari ma con la grappa Nonino, che è di fine Ottocento, mentre non si ha notizia delle Frese Udinesi, cui la famiglia Pozzo volle dare un marchio sincopato particolarmente adatto alla regione di Italo Svevo e di Zeno Cosini: Freud. Quel Friuli, non inquinato dalle fabbriche e non devastato dalla furia degli elementi, viene individuato come l’originale, il vero, anche se è stato ricreato artificialmente. Allo stesso modo artificiale è l’individuazione di un’età dell’oro (talvolta altrettanto recente) che i riformatori passatisti dell’Italia intendono riprodurre come modello politico ed economico. Sarà per questo che nell’immaginario Friuli veritiero descritto da Avoledo non ci sono più né stampa né tv perché non c’è più bisogno di informazione: parlano i fatti, e i fatti sono quelli già avvenuti.
Infine, la riforma regressiva per mezzo della rimozione di ciò che un tempo era il futuro può essere considerata un’operazione ecologica. Avoledo lo scrive chiaramente: nel suo mondo, “friulano è diventato sinonimo di onesto, pulito, ecologico al 100%”. Un Friuli passatista è un Friuli bio, ossia un prodotto incontaminato perché attinge esclusivamente a radici fededegne, ossia al proprio passato e alla propria vera identità. Per questo il biglietto d’ingresso nel parco a tema storico non costa poco. Si tratta di un caso, tipicamente contemporaneo, di privazione resa disponibile a una selezionata clientela che non ha bisogno di privarsi di nulla, esattamente come oggi solo le fasce più ricche possono permettersi i cibi naturali e poveri o (i ricchissimi) una settimana in una clinica in cui si paga per stare completamente digiuni. Dopo il ritorno al passato e il ritorno alla verità, la terza fase della regressione è il ritorno alla terra; in Furland ne sono araldi i vari Mauro, replicanti numerati ciascuno con un numero cardinale, che vivono poveramente sulla dorsale del monte Corona, cima artificiale kitsch e vetta dolomitica in scala riprodotta identica in sette punti diversi della regione: ciascuno di loro è “un poeta-scalatore-narratore che incanta i visitatori con racconti di alberi e foreste, di animali del bosco e delle loro virtù”.
È il valore nostalgico della storia, che fa considerare a Hemingway (oddio, un attore che in Furland impersona Hemingway) come tutti desiderino il passato perché non sanno com’era senza vaccini né antibiotici. L’ecologia è il rifugio estremo dei passatisti. A seconda del grado di intransigenza, promette loro un mondo privo di emissioni, di macchine, di uomini e quindi un mondo privo di storia. La storia che, scrive Avoledo, “è una brutta faccenda purtroppo impossibile da evitare”; e che, potremmo aggiungere qui, consente di guardarsi indietro solo a patto di essere andati avanti.

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