La fine di Rat-Man, il supereroe che racconta l'Italia

Stefano Priarone

Con il numero 122 finisce la serie ideata e sempre scritta e disegnata da Leo Ortolani, un unicum nel fumetto italiano

Alcuni dei primi cristiani erano convinti di poter vedere la fine del mondo. Nessuno dei lettori italiani di fumetti, invece, pensa di poter leggere l’ultimo numero di Tex Willer: è sempre il fumetto italiano più venduto e i fumetti italiani chiudono solo per scarse vendite. Ma c’è un’eccezione: Rat-Man, il supereroe parodistico con le orecchie da topo creato da Leonardo “Leo” Ortolani: l’ultimo numero della serie (edita da Panini Comics), il 122, è in edicola adesso. Finisce non per scarsità di lettori – la serie fra inediti e ristampe ha finora venduto oltre cinque milioni di copie – ma perché si chiude la storia che voleva raccontare. Ortolani ormai ha una base di fan che lo seguono qualunque cosa faccia, anche al di là di Rat-Man. Un fumetto che è un unicum nel panorama mondiale: è vero, anche i fumetti giapponesi, i manga, nascono con una fine, ma i loro autori hanno tutti una pletora di assistenti. Leo invece fa tutto da solo: testi, disegni, anche il lettering dei balloon.

     

Da dove nasce Rat-Man? Se per Walt Disney tutto cominciò con un topo per Leo Ortolani tutto è iniziato da un muso. Un muso di scimmia. È il 1976, Ortolani ha nove anni, vive a Parma dove si è trasferito all’età di due anni dalla natia Pisa e dove abita ancora adesso, in televisione trasmettono il telefilm di fantascienza “Spazio 1999” vuole disegnare i volti della serie, ma non riesce a realizzare facce umane. Nascono così i famosi "umani dal muso di scimmia”, che diventano il tratto caratteristico del suo stile grafico, oltre all’influenza di un gigante dei comics come Jack “King” Kirby, co-creatore con Stan Lee e Steve Ditko dell’Universo Marvel di Avengers, Thor, Hulk, Fantastici Quattro.

     

“Kirby è l’autore che mi ha fatto innamorare dei comics” dice Ortolani al Foglio. “Ne parlo come se fosse ancora vivo, perché in qualche modo lo è, con le sue storie e i suoi personaggi. Faceva fumetti che sembravano in 3D anche se erano nelle solite due dimensioni. Un bambino non può che essere sedotto dal suo mondo, fin da piccolo ho cercato di scimmiottare (in tutti i sensi visto che i miei personaggi hanno il muso di scimmia) la sua narrazione, che però è nulla in confronto alla sua.” Rat-Man ha diverse origini. La prima storia esce nel 1989, su “Spot”, un libretto allegato alla rivista di fumetti “L'Eternauta”, dopo esser stata selezionata per un concorso dedicato ai nuovi autori. Nel 1995 Ortolani decide di autoprodurre una serie dedicata al personaggio, che guadagna un nutrito numero di fan. Rat-Man è un eroe Marvel a tutti gli effetti: se i supereroi di Kirby, Lee e Ditko hanno superpoteri con super-problemi, Rat-Man ha super-problemi ma nessun superpotere. Per lui tuttavia va bene così, visto che si illude di poter essere un eroe.

    

“Rat-Man è la storia di un idiota che vuol fare il supereroe senza avere i superpoteri. Ma la serie parla un po’ di tutto, in primis dei rapporti fra le persone” prosegue Ortolani. Sulla rivista “Wiz” il redattore Andrea Plazzi lo definisce, fra il serio e il faceto, “il più grande autore Marvel vivente” visto che Kirby è morto nel 1994. Nel 1997 Rat-Man esce finalmente in edicola per Marvel Italia, in una serie curata dallo stesso Plazzi, quella di cui adesso è uscito il numero finale. In Rat-Man ci sono vari personaggi molto accattivanti, come la trans Cinzia innamorata (non corrisposta) di Rat-Man e che regala eccezionali momenti comici, come quando lei si mette a ballare YMCA nella stazione di polizia assediata dai mostri. O Brakko, l’amico poliziotto, se possibile ancora più stupido del protagonista.

    

La serie diventa sempre più personale, Leo ci mette il proprio vissuto. Nell’ultima saga si scopre che Rat-Man ha una figlia segreta, Thea, e infatti, qualche anno fa, Ortolani è diventato padre, adottando con la moglie Caterina due bambine colombiane, Johanna e Lucy Maria e ha raccontato l’esperienza nel libro “Due figlie e altri animali feroci” (Sperling & Kupfer). “La definizione migliore di quello che faccio è di mia figlia Johanna. Mi ha definito ‘fumettiere’. Non ‘fumettista’, che sa di ‘artista’, ma ‘fumettiere’, come ‘panettiere’. Uno che tutti i giorni deve sfornare pane, come io devo sfornare storie a fumetti. Senza questa dedizione non sarei riuscito a portare in edicola per vent’anni un albo ogni due mesi. Anche se tutti i miei piani di lavoro, come i miei piani di studio all’università quando facevo geologia, vanno in crisi dopo due giorni!”.

    

Si identifica anche in Valker, il padre adottivo (come lui) di Rat-Man, figura complessa, un killer da action movie anni Ottanta con Sylvester Stallone e Arnold Schwarzenegger che però nell’ultima saga si redime. Ortolani vorrebbe fare una minisere dedicata al personaggio ma seria, non umoristica. “La mia vita mi ha influenzato, oltre a tutto quello che ho visto e ho letto in questi anni. Io però dico sempre che sono solo un tramite, sono i personaggi che decidono loro cosa fare e mi raccontano la loro storia, bisogna soltanto saperli ascoltare”.

   

Ovviamente, Ortolani non smette di fare il fumettiere. “Ormai, quando passo davanti alle case editrici, c'è un ‘butta-dentro’ che cerca di farmi collaborare con loro. Tanta strada, da quando mi si chiudevano le porte in faccia. Onore e gloria, quindi, a Panini Comics, che ha avuto il coraggio di accogliere le mie matite, per tanti anni”. Progetti nuovi? “Tanti, in primis il volume C'è spazio per tutti, voluto dall’Agenzia spaziale italiana e dall’European space agency, in cui vi racconterò una storia della Stazione spaziale, con due personaggi d'eccezione: l'astronauta Paolo Nespoli, in procinto di partire per la sua terza missione, la Missione VITA, e Rat-Man (non mi sono liberato di lui) che lo accompagnerà, forse anche più che simbolicamente. Volume nel quale racconterò la conquista dello spazio, dal 1947 a oggi. Il libro vedrà la luce alla fiera di Lucca Comics a inizio novembre, a poco più di un mese dalla fine di Rat-Man.”

    

C’è molta italianità nel mondo di Rat-Man. Un’italianità squisitamente provinciale. I fumetti italiani umoristici hanno sempre raccontato l’Italia, a differenza di quelli realistici (le praterie di Tex, la Londra di Dylan Dog), basti pensare a Benito Jacovitti, che muore nel 1997, proprio quando esce in edicola il primo albo di Rat-Man. O alle tante storie Disney italiane, con Paperopoli che sembra Milano. Ortolani lo nega (“il mio umorismo è di impronta angloamericana, e poi io sono di Parma, che è una città, e quando esco non mi riconosce nessuno!”), ma è innegabile che narri realtà spesso molto italiche. Non solo in Rat-Man, nella serie “Le meraviglie”, ad esempio, racconta gli anziani che detestano tutti tranne l’Ispettore Derrick, ma a Derrick, essendo anziano “stanno suoi coglioni i suoi spettatori.”

     

“La mia opinione è che il mosaico raccontato dalle storie di Leo sia composto da diverse tessere e deriva dalle sue esperienze e dalle sue passioni” dice al Foglio Marcello Cavalli che nelle pagine di Rat-Man con Michele Ampollini ha narrato in maniera umoristica la cittadina di Noceto in provincia di Parma nella rubrica “I miei ragguardevoli sabati sera” e sempre con Ampollini e lo stesso Ortolani ha scritto le sceneggiature della serie animata di Rat-Man, andata in onda nel 2006. “Sicuramente anche la provincia italiana è presente perché fa parte del suo vissuto quotidiano, ma Leo è anche un attento osservatore della cultura americana, assimilata attraverso il mondo del cinema e del fumetto, e un sensibile osservatore della natura umana. Credo che le sue storie e il suo umorismo siano il frutto della rielaborazione e interpretazione di diversi elementi. In questo modo i supereroi si mescolano agli anziani che guardano i lavori pubblici, e si confrontano con i temi della diversità, dell’esclusione, della solitudine: i temi della vita in generale”.

     

Sfidando un tabù ormai secolare, c’è anche molta religione nelle ultime storie di Ortolani. L’ultima saga è una lotta fra Bene e Male, la religione ci sta, ma il cattolicesimo di Ortolani è squisitamente italiano, con Padre Angelini, il sacerdote amico di Rat-Man che ammette di essersi fatto prete per riconoscenza verso Dio “dopo tutte le interrogazioni di matematica che mi ha evitato”. Non a caso tra i fan più accaniti di Rat-Man c’è un sacerdote genovese, don Tommaso Danovaro che quando è uscito l’ultimo numero ha commentato, citando le parole di Gesù sulla croce: “Tutto è compiuto!”.

    

 

“Fletto i muscoli e sono nel vuoto” pensa sempre Rat-Man prima di lanciarsi da un palazzo come Spider-Man o Daredevil (e a differenza di loro in genere cade rovinosamente). Ma non è forse quello che facciamo tutti noi mentre viviamo e andiamo incontro al futuro del quale il vuoto è metafora perché ancora da scrivere? L’Ortolani del 1995 non si sarebbe certo immaginato il successo di questi vent’anni. All’epoca Dylan Dog vendeva centinaia di migliaia di copie e Topolino solo due anni prima aveva raggiunto il milione di copie grazie al gadget allegato. Però allo stesso tempo erano impensabili gli eleganti (e costosi) libri a fumetti che quest’anno hanno festeggiato i cento anni dalla nascita di Jack Kirby. Noi tutti, come Rat-Man e come Ortolani, flettiamo i muscoli e siamo nel vuoto.

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