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Contro Mastro Ciliegia
Marco Revelli, un piccolo Trump
Il professore israeliano Pini Zorea, cacciato dal Politecnico di Torino per aver espresso la sua legittima opinione, è un altro caso di "contraddittorio che non serve”. E le argomentazioni del politologo-attivista sulla Stampa a riguardo non sono "brutali" come dice lui, ma solo stupide
Sono bastati due giorni e il nuovo maître à penser del maoismo pro Pal Enzo Iacchetti ha fatto scuola. Anzi ha dato proprio la linea: il contraddittorio non serve e chi non s’adegua avrà la lingua mozzata. Così, mentre la sinistra discutidora mondiale d’indigna per le violazioni del Primo emendamento di Trump, ieri qualcosa di molto simile lo ha scritto sulla Stampa, da sincero democratico operaista, pure Marco Revelli: “Il professore israeliano Pini Zorea è stato sospeso dall’attività didattica ‘per aver dichiarato in aula che l’esercito israeliano è il più corretto del mondo’”. E si chiede, “questione delicatissima e per molti aspetti lacerante”, ohibò, che grondar di retorica: “Fin dove arriva la libertà di pensiero, di opinione, e sopratutto, d’insegnamento? Esistono dei limiti? E se sì, quali?”.
Peccato che l’attempato politologo, famoso per aver difeso un tempo la libertà di pensiero del compagno Turigliatto quando votò contro la missione italiana in Afghanistan, insomma Turigliatto e Revelli preferivano i talebani, il suo lacerante dubbio lo abbia già risolto in modo sbrigativo. “Può un docente, in nome della ‘libertà di insegnamento’ (messo sospettosamente tra virgolette, ndr) affermare cose palesemente false?”. Certo che no, non fosse che a essere falsa è invece la sua frase.
Il professor Zorea infatti non stava insegnando, quando ha espresso la sua legittima opinione, legittima come altre: interrotto mentre insegnava (atto contrario alla libertà) si è messo a discutere coi maoisti che gli volevano mettere le orecchie d’asino antisemite in testa. Ha fatto invece un’affermazione basata tra l’altro sulla sua esperienza personale. E chi vuole può certo discuterla, ma per dichiararla falsa, addirittura paragonabile ai libri negazionisti di David Irving, non bastano certo la lacerata sensibilità di Revelli né tantomeno le convinzioni degli studenti pro Pal. E in ogni caso non si tratta di “negazionismo”, parola che Revelli dimostra di non saper ben maneggiare. Non c’entra il presunto insegnamento di falsità.
“Sarò brutale”, scrive il politologo-attivista, “ma se un docente di fisica dicesse che la terra è piatta?”. Non è brutale, è invece solo stupido. Il resto delle argomentazioni di Revelli è così risibile da non meritare riassunto. Ma il senso è semplice e minaccioso a un tempo: chi afferma idee, fatti o persino ipotesi (la scienza non è fatta di ipotesi?) differenti da quella che la vulgata politica del momento ritiene valide senza bisogno di contraddittorio non ha diritto di parola. E, conviene ribadirlo, magari qualcun altro avesse voglia di intendere: in questo caso di trattava di libertà di parola, non espressa “ex cathedra” come dice Revelli con un altro argomento sgangherato, e non di insegnamento. Quanto alla libertà d’insegnamento, invece, il rettore del Politecnico di Torino Paolo Corgnati non ha avuto remore a scrivere una menzogna vile, che l’allontanamento dall’ateneo del professor israeliano è stata “un’azione di tutela nei confronti del docente nostro ospite”. Quando si è trattato invece semplicemente della violazione della sua libertà di insegnamento: Pini Zorea era in aula per un corso di “Principles of digital image processing and technologies”, quando è stato interrotto dai maoisti. Ma al lacerato democratico umanitario Rovelli questi sono dettagli che non interessano.

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