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contro mastro ciliegia

Allora vale anche Leone Di Lernia?

Maurizio Crippa

La grottesca gara dei vaticanisti desperados per dimostrare che il Papa è cosa loro. Anche se non è vero. Bergoglisti delusi e antibergoglisti spaventati. A destra e a sinistra. Dal principe Melloni all'ultimo compulsivo da social. E se Papa Prevost mantenesse la parola, e sparisse per un po'? Che risate

Certo che se Papa Leone XIV si dimostrasse davvero un uomo consequenziale (Bannon), un hombre vertical, ne vedremmo di belle. Ieri ha concluso la prima omelia, in cui non ha parlato né di pace né di ponti, con un programma pontificale controcorrente rispetto alla società dello spettacolo di debordiana memoria che  da tempo ha preso piede anche in Vaticano: “Un impegno irrinunciabile per chiunque nella Chiesa eserciti un ministero di autorità: sparire perché rimanga Cristo”. Un Papa che sparisse, almeno un po’, sarebbe la disperazione di tutte le tifoserie. 
E non solo degli improvvisati delle scorse settimane, i cronisti su piazza che giovedì dicevano frasi insensate tipo “la gente ci ha creduto ed è stata ripagata” e gli editorialisti omnibus imparaticci del vaticinio vaticano. Ma, soprattutto, quelli Pope oriented che già ieri erano alla disperazione, appena apparso sulla Loggia un Papa che non era il loro. Spiazzati, già ieri, in cerca di smentite da sparare ai nemici o di conferme da inventarsi. Se c’è un principe dei commentatori apostolici che è una meraviglia, è Alberto Melloni. Che ieri sul Corriere ha provato con tutta la sua sapienza la torsione del senso, per dimostrare che non solo Prevost è bergogliano, ma lo è anche più di Bergoglio. Persino nel nome:  “Facendosi chiamare Leone, come l’amico di san Francesco”. Ci sono stati tredici Leone, prima, ma niente, per lui Prevost ha scelto proprio Frate Leone. A questo punto vale tutto, anche Leone Di Lernia.

Dio ci guardi dagli opinionisti con patente, ma peggio sono i tifosi desperados da social e il demi monde politico. Quelli che subito hanno iniziato a picchiettare: “I ponti! Ha detto che bisogna costruire ponti!”. Se avevano bisogno di uno che fa i ponti potevano eleggere un ingegnere, no? E quelli invece pronti a giurare: “Ecco perché in realtà è un conservatore”. In realtà? Ma dove? Melloni ha fatto anche una sua precisissima conta di come sono andati i voti negli scrutini, glieli avrà rivelati lo spirito conciliare di Dossetti, per dimostrare che la rotta bergogliana è salva. Dall’altra parte su Libero scommettono su “continuità ma non troppo e ritorno ai valori non negoziabili su eutanasia e famiglia”. Ci sono i precog prog che informano, come se fosse la formula segreta di chissà quale qabbalah, che “non ha parlato in inglese”: uno sgarbo a Trump. Nemmeno Bergoglio parlò in spagnolo né Ratzinger in tedesco, ma allora nessun disperato ebbe da ridire. Provano a spiegarci com’è andata quelli che sul Corriere mercoledì scrivevano “Tagle porta consensi a Parolin” mentre Massimo Franco ricamava pensieri sulla nuova centralità della segreteria di stato. C’è chi compulsa i vecchi post dell’account @drprevost su X per vedere quante volte ha bacchettato J. D. Vance; e quelli che cercano le volte che Prevost “non ha aperto” alla comunità lgbtq+. Come dice @guidotweet: tutti quelli che hanno “il cervello a forma di Parlamento”. O di album Panini.

Ieri era la gara a mettere a confronto il titolo del manifesto “La fossa del Leone” (invecchiano male anche i titolisti del manifesto, “Il pastore tedesco” era un gran titolo, questo si poteva fare anche per Sinner), quello di Libero “Non è Francesco” (ma loro “mai non fur vivi”, intesi come titolisti). Fino ai disperati della Verità, il cattolicesimo più trumpettista d’Europa: “E’ il democristiano dell’ala riformista”, cercano di riprendersi dallo spavento. Stefanini sulla Stampa fa coraggio a sinistra, “L’anti Trump della nuova America”. Come si sentirà disperato ora il matematico ateista Odifreddi, che aveva detto “un matematico queste cose le studia… ma qui mi sembrano tutti ignari della matematica e del fatto di vivere nel Ventunesimo secolo”, e ora si trova un parigrado accademico diventato Papa? E chissà quanti altri disperati, se Leone sparisse davvero, senza poterlo più interpretare come diavolo gli pare.
 

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"