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Costa lascia, De Raho si incolla. Un caso di doppio standard istituzionale
Il garantista Costa, passato a FI, lascia la presidenza della Giunta per le Autorizzazioni, per rispetto istituzionale. Il grillino De Raho, chiamato in causa sul caso dossier, se ne sta abbarbicato alla vicepresidenza dell'Antimafia, tra gli applausi dei manettari
Il paese della giustizia buttata in politica. Lo sappiamo già. Ieri Enrico Costa, garantista e gentiluomo, si è dimesso dalla presidenza della Giunta per le autorizzazioni della Camera, perché, passato da Azione a FI, si è trovato a rappresentare la maggioranza, e non l’opposizione da cui era stato designato. Non che questo cambi la qualità dell’uomo, cosa che non si può invece dire sempre né per tutti. Ha ribadito che le dimissioni non erano “tecnicamente dovute”, ma ha voluto “scongiurare tensioni che posso giudicare strumentali, ma che distoglierebbero la Giunta dai suoi compiti delicati”. La sghignazzante Milella, su Rep. s’è peritata di segnalare che “il messaggio delle opposizioni” per farlo dimettere era giunto “dalle pagine del Fatto, con la rassegna stampa”.
Dalla pagine del giornale che manda pizzini a Costa, invece, non è mai arrivato nulla, se non sperticate difese d’ufficio per il grillino Cafiero De Raho, passato dalla toga alla vicepresidenza dell’Antimafia nonostante le richieste di chiarimenti (ignorate) per la famosa questione dei dossier, dato che dirigeva la Dna quando Striano e Antonio Laudati facevano le cose loro, e Laudati dice che De Raho “sapeva tutto”. Ma per lui no, non c’è opportunità. Doppio standard.
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