Ansa

Contro mastro ciliegia

Femministe contro panchine rosse

Maurizio Crippa

Alla Sapienza un colletttivo di "facinorose" ha distrutto una panchina rossa appena inaugurata dalla rettrice Polimeni: non sono d'accordo. Si può non essere d'accordo con quel che si vuole, ma la violenza (davvero patriarcale) è tipica del fascismo

C’era uno su X che ha scritto una cosa molto stramba, o solo stupida: “Il patriarcato è la forma che la patologia mentale ha assunto”. E forse è davvero una scemenza, ma quel che colpiva è il massimalismo apodittico, e senza troppo nascondersi minaccioso, del brocardo: se tutto quel che pare a te è riconducibile a una “patologia mentale” degli altri, il prossimo passo è il TSO obbligatorio, o l’internamento (rileggetevi Foucault: non vi approverebbe per niente). Si può pensare quel che si vuole, e dirlo anche con polemica, ma rispettando tutti. Altrimenti si scade nella violenza, in una pretesa di affermazione che diventa una forma di violenza contro lo spazio, mentale o fisico, degli altri. Ad esempio alla Sapienza di Roma la rettrice Antonella Polimeni, col sindaco Gualtieri e la vicepresidente dell’Assemblea capitolina Svetlana Celli, hanno inaugurato una panchina rossa, simbolo ben noto della lotta contro la violenza alle donne. Ma le femministe del collettivo Zaum Sapienza l’hanno smontata e buttata nella spazzatura, con un gesto maoista e prevaricatore decisamente patriarcale. Volevano significare che trovano quella panchina inutile e retorica. Ma per molte altre persone così non è. Che giustificazione hanno, le “facinorose” (Polimeni) per usare la violenza contro ciò che non garba la loro ideologia?

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"