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Contro mastro ciliegia

La (non) legge della schwa

Maurizio Crippa

La Crusca ha risposto alla Cassazione, e ha spiegato da par suo quale sia il grande compito della lingua: quello di dare valore e forza erga omes alle parole. Senza inventare astrusità introdotte "artificiosamente per decisione minoritaria di singoli gruppi"

La cosa più importante nelle “indicazioni” sul linguaggio di genere dell’Accademia della Crusca non è che abbia dato ragione a questi e torto a quelli. Siamo ormai una società che parla così male, proprio perché ognuno ritiene di essere norma linguistica a sé stesso, che i fissati della schwa e degli asterischi continueranno a rotta di collo. La cosa più importante è che la Crusca ha certificato l’essenziale: la lingua non nasce dall’improvvisazione d’uso di questo o quello, ma da una norma che è giuridica e vale erga omnes. Non ha caso, sono risposte al quesito sulla “scrittura rispettosa della parità di genere negli atti giudiziari” posto dalla Corte di Cassazione: non dalla giuria di Sanremo. E’ dalla forza formale delle parole che deriva il loro valore d’uso, il loro potere di significato. E dunque, sintetizzando, la Crusca ha escluso “l’uso di segni grafici che non abbiano una corrispondenza nel parlato”, in quanto “introdotti artificiosamente per decisione minoritaria di singoli gruppi: l’asterisco al posto delle desinenze o la schwa”. E vanno evitate le “reduplicazioni retoriche” (noia assoluta) come “lavoratrici e lavoratori”. Mentre bisogna fare “uso largo e senza esitazioni dei nomi di cariche e professioni volte al femminile”. La differenza è giuridica, e fa legge.

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"