Macron e il genocidio africano

Con un coraggio mancato alla Francia (all'occidente) per oltre 25 anni, il presidente francese ha pronunciato parole serie, vere, al Mausoleo del Genocidio di Kigali. Per troppo si è lasciato "prevalere il silenzio sull’esame della verità”. La storia non si può riscrivere, ma la si può sfidare a essere diversa

Chi non avesse negli occhi quelle immagini, o nelle orecchie le voci delle televisioni occidentali che in quell’estate del 1994 raccontavano da una distanza distratta e infinita la mattanza, può recuperare il senso di una tragedia immane nelle fotografie Sebastião Salgado. Fu uno dei primi a percorrere quelle centinaia di chilometri di strade costeggiate dai cadaveri, a entrare nei campi profughi fitti di morte e disperazione. Ci sono immagini che superano i decenni e la distrazione. E fortunatamente ci sono gesti importanti, gesti che non possono riscrivere la storia ma la sfidano.

 

“Vengo qui a riconoscere le nostre responsabilità”, ha detto ieri Emmanuel Macron in visita al Memoriale del Genocidio a Kigali. Ha parlato con coraggio, il presidente che aveva iniziato il suo mandato annunciando la restituzione delle opere d’arte rubate all’Africa. Non ha detto la Francia si sia resa complice, ma ha riconosciuto che la Francia, e nella Francia per una volta c’è tutta l’Europa, ha fatto “per troppo tempo prevalere il silenzio sull’esame della verità”.

 

Ci sono voluti più di 25 anni perché un presidente francese potesse compiere questo viaggio, n percorso che “offre la speranza di uscire da questa notte e di camminare nuovamente insieme”. Lo ha fatto.

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