Manlio Di Stefano, re dello #Stacce
Da ex pasdaran dell'apriscatole a meticoloso esperto della Costituzione e pure delle regole parlamentari, il passo è breve. Così, a Giorgia Meloni che tuonava come un disco rotto che bisogna votare, ha risposto con una lezioncina degna di un Marzio Breda. Ma poi ha chiuso con un brocardo vecchia maniera
C’è questa giornalista del New York Times, Lauren Wolfe, anzi era “editor freelance a contratto”, combattiva e con tanti follower, che è stata licenziata per colpa di un tweet troppo partisan, persino per il New York Times. O anzi troppo innamorato. Nel pomeriggio del fatidico 20 gennaio, vedendo l’aereo dei Biden che arrivava, ha scritto: “Ho i brividi”. L’hanno cancellata. Così vanno le cose: a un certo punto cambia il vento e anche al giornale più anti Trump bisogna darsi una calmata: #Stacce. Avrebbe dovuto imparare a fiutare il vento in fretta come Manlio Di Stefano, il mitico sottosegretario (ex) agli Esteri dei Cinque stelle, il superlativo gaffeur che mandò un abbraccio ai “libici” di Beirut e i saluti ai “53” membri dell’Asean. Ma Di Stefano s’è messo a studiare in fretta, e da pasdaran del partito dell’apriscatole s’è trasformato in un misuratissimo conoscitore e interprete delle regole costituzionali e pure parlamentari. Così su Twitter (e i brividi vengono a noi, a leggerlo) a una Giorgia Meloni che tuonava come un disco rotto che bisogna andare a votare ha risposto con l’à plomb di un Marzio Breda: “Chi difende la nazione dovrebbe conoscerne almeno la Costituzione. Ai cittadini si chiede cosa vogliono fare quando il presidente della Repubblica constata l’assenza di una maggioranza parlamentare”. Sabino Cassese non avrebbe saputo dire meglio. Poi però, siccome Cassese non è, il Di Stefano ha chiuso con un brocardo vecchia maniera, ma scolpito nel marmo: #Stacce.
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