Sergio Castellitto, Marina Confalone, Toni Laudadio e Adriano Pantaleo in una foto di scena tratta da "Natale in casa Cupiello" (ANSA/US/GIANNI FIORITO) 

contro mastro ciliegia

Divorzio in Casa Cupiello

Maurizio Crippa

Una commedia del 1931. C'era il fascismo patria e famiglia e i Patti lateranensi erano appena stati firmati. Eppure Eduardo, che conosceva il popolo, aveva già capito che il divorzio e pure la famiglia allargata erano già attualità. I "fanfascisti" non lo capirono, e anche molti vescovi di oggi che continuano ad accusare gli anni ’70. "Te piace ’o presepe?". "No".

    Dopo le vedove della Callas, le vedove di Eduardo: ah, senza di Lui non è la stessa cosa. Scemenze noiose. Sergio Castellitto ha fatto Natale in casa Cupiello. L’ha spostata negli anni Cinquanta, che fa più neorealismo, ma non è interessante, anche meno del fatto che Castellitto non sia Eduardo. Incuriosisce di più il fatto che la commedia andò in scena per la prima volta a Napoli il giorno di Natale del 1931. C’era il fascismo patria e famiglia, i Patti lateranensi erano stati firmati due anni prima. Eppure, al centro del dramma familiare c’è un accadimento scabroso, la figlia Ninuccia arriva nella casa dei genitori e annuncia che vuole separarsi dal marito anziano e pedante e fuggire con il giovane amante. Avrebbe dovuto suscitare scandalo, invece ebbe un enorme successo, rimase in cartellone fino a maggio. Forse Eduardo, che conosceva l’anima del popolo, aveva già capito che la rottura del sacro vincolo, cioè il divorzio, e persino la ricomposizione allargata delle famiglie, c’erano già. In anticipo di quarant’anni sui “fanfascisti” che pensavano fosse tutta colpa del Sessantotto. Anche i padri non c’erano già più, e senza aspettare gli anni Settanta come pensano sempre i vescovi. Babbo Cupiello passa la vigilia a fare ’o presepe, con gli occhi chiusi ai fatti e l’illusione che la tradizione salverà la famiglia. Al figlio Nennillo, scapestrato, chiede ossessivo: “Te piace ’o presepe?”. "No".

    • Maurizio Crippa
    • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

      E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"